La via del merito per i professori
la scrematura sta seguendo un criterio meritocratico o è figlia di un disallineamento tra le commissioni, gli obiettivi della selezione e le aspettative degli insegnanti?
Dario di Vico
I primi dati sul concorsone nato per stabilizzare i precari della scuola sono molto severi. Quei dati parlano di una selezione drastica, se non di una vera e propria decimazione dei candidati.
I primi dati che cominciano ad emergere dal concorsone, nato per stabilizzare i precari della scuola, sono molto severi. Parlano di una selezione drastica, se non di una vera e propria decimazione dei candidati. Analizzando questi risultati va ovviamente adottato un caveat che riguarda l’ampiezza del campione e la sua omogeneità territoriale ma non si può tacere la novità. In passato i concorsi sono stati concepiti e gestiti in chiave di sanatoria, una sorta di benedizione amministrativa all’ingresso massiccio di nuovo personale nei ranghi (stabili) della pubblica amministrazione. Stavolta invece i commissari sembrano avanzare molti dubbi e in base ai poteri di cui sono dotati procedono bocciando. Se questa tendenza dovesse essere confermata nei prossimi giorni e settimane costituirebbe uno smacco per il governo che invece ha immaginato e comunicato l’intera operazione sotto la chiave della sostanziale continuità tra concorsone e stabilizzazione del personale.
Chi conosce i meccanismi di valutazione degli insegnanti invita comunque a coltivare un secondo caveat . È chiaro che se dovessimo alla fine constatare che le commissioni hanno portato a termine una vera selezione non potremmo che esserne soddisfatti. Avrebbero fatto bene il loro lavoro e avrebbero aperto le porte dell’impiego stabile solo a quei docenti in grado di dimostrare la loro preparazione. Assumere insegnanti non idonei significa condizionare negativamente il rilancio della scuola non per un anno ma per cinque o sei lustri. Ma le cose stanno veramente così? Onestamente non lo sappiamo. La gestione del concorsone è stata infatti piuttosto pasticciata.
Si è giustamente cambiato il focus della selezione passato dall’accertamento della conoscenza della disciplina — metodo adottato in passato — alla valutazione della capacità didattica del docente. Purtroppo però una novità di questo peso non è stata comunicata con sufficiente tempismo e anche la designazione dei commissari è avvenuta con procedure dell’ultimo minuto. Da qui un legittimo dubbio: la scrematura, di cui abbiamo sottolineato l’intrinseca positività, sta seguendo un criterio meritocratico o è figlia di un disallineamento tra le commissioni, gli obiettivi della selezione e le aspettative degli insegnanti? Via via che le prove d’esame andranno avanti dovremmo saper rispondere a questa domanda che alla fin fine è decisiva per emettere un giudizio ponderato sull’intera operazione.
È chiaro che ragioni di equità sociale spingono per ridurre al minimo l’area del precariato ma dobbiamo stare attenti a che queste motivazioni non entrino in conflitto con l’esigenza di costruire una scuola in grado di produrre standard qualitativi di valore europeo. Centrare quest’obiettivo è tanto più necessario in una fase storica in cui «il sapere si è messo a correre» e diventa decisiva la capacità di trasmettere ai giovani sia il tradizionale patrimonio di conoscenze sia la direzione del cambiamento. Aggiungo che le trasformazioni dell’economia nel capo della produzione e dei servizi vanno tutte nel senso di valorizzare le persone, oggi considerate ancora più importanti delle organizzazioni. Queste persone però le dobbiamo formare nelle modalità e nel tempo giusto, un Paese sarà più o meno prospero in virtù del capitale umano di cui sarà stato capace di dotarsi. Per questo motivo la querelle sul concorsone, una corretta e meditata valutazione sulla bontà della selezione meritocratica, sono questioni che interessano non solo gli addetti ai lavori o i sindacati del settore ma l’intera opinione pubblica.