La variante inglese dilaga. Meglio chiudere le scuole
L'infettivologo Massimo Andreoni
«L'incremento dei casi ormai è visibile sia dai numeri sia dai primi segnali nei pronto soccorso. Appare plausibile che la variante inglese diventi dominante entro 3-4 settimane. E questo fa ritenere che raggiungeremo un nuovo picco di casi a metà marzo. Inoltre, visto che contagia molto di più i minori, bisogna prendere in considerazione l'ipotesi di tornare alla didattica a distanza in tutte le scuole».
Il professor Massimo Andreoni oltre a essere il direttore scientifico di Società italiana di Malattie infettive, è primario di Malattie Infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma. Da un anno vede dalla prima linea del reparto l'evolversi della pandemia. Ora mette in guardia sulle insidie di una campagna vaccinale che si sviluppa mentre stanno aumentando i casi di Covid, perché potrebbe favorire lo sviluppo di ulteriori varianti.
Professore, sono giustificate le preoccupazioni del Ministero della Salute e di molti suoi colleghi che temono una nuova impennata dei contagi e dei ricoveri?
«Anche i dati delle ultime 24 ore sembrano confermare questo scenario. C'è una tendenza verso l'aumento della diffusione del virus e questo ci deve fare considerare l'opportunità di inasprire le regole per il controllo del contagio. Penso che ormai questa sia anche la linea del governo».
Cosa sta succedendo?
«La variante inglese sta dilagando, si sta sostituendo a quella originale. Visto che si trasmette con maggiore facilità se non saremo più attenti causerà un numero più alto di casi positivi. Dobbiamo difendere le persone ed evitare che gli ospedali vadano in affanno, ma ricordiamoci anche che siamo nel pieno di una campagna vaccinale che deve essere tutelata».
Se corre il virus diventa più complicato vaccinare gli italiani?
«Si tratta di un ulteriore elemento di preoccupazione per una serie di ragioni. Partiamo da un dato: questa è una fase cruciale dell'epidemia, perché è partita la campagna vaccinale, speriamo che presto si possa avviare quella di massa. Può essere complicato in una situazione di sostenuta circolazione del virus, perché ci sono dei rischi di contagio nelle aree dove concentri le persone per la somministrazione. Inoltre, c'è il problema dell' immune escape: se un virus circola abbondantemente nella popolazione in cui, con i vaccini, si sta sviluppando la risposta anticorpale, questo può facilitare la comparsa di ceppi virali che magari hanno una minore capacità replicativa e in una condizione normale avrebbero minore probabilità di prevalere. Ma se sono gli unici ad aggirare la risposta agli anticorpi, queste varianti possono diventare lentamente prevalenti. In sintesi: dobbiamo ridurre i contagi e vaccinare il più velocemente possibile. Ultimo problema: rischi di vaccinare persone asintomatiche che sono in realtà già infettate e manifestano i sintomi successivamente alla iniezione. Questo può alimentare dubbi, ingiustificati, nella popolazione sull'efficacia del vaccino».
Visto che con la variante inglese sono sempre più numerosi i casi di focolai nelle scuole, come dimostra anche la vicenda delle zone rosse di Carpineto Romano e Colleferro, in provincia di Roma, non sarebbe più prudente, quanto meno fino a quando non avremo raggiunto risultati soddisfacenti sul fronte della vaccinazione, ricorrere alla didattica a distanza generalizzata?
«Si tratta di un argomento delicato, che suscita sempre polemiche e contestazioni. Però bisogna anche essere razionali e concreti. Proviamo a dirla in questo modo: gli eventi di questi giorni testimoniano che la scuola, intesa non solo come sede di aggregazione degli studenti, ma per ciò che avviene collateralmente alle lezioni (parlo degli autobus, degli spostamenti, dei gruppi che si formano quando si entra e si esce dall'istituto) rappresenta un elemento di diffusione del virus indubitabile. In un momento in cui circola un virus ad alta trasmissibiltà anche tra i minori, come succede con la variante inglese, il rischio di diffusione del coronavirus è ancora più elevato. I minori diventano, inconsapevolmente, dei super diffusori. Quando un bambino torna a casa ed è positivo è inevitabile che contagi anche i genitori o i nonni. Alla luce di tutto questo, sembra inevitabile trarre una conclusione: è necessario prendere in considerazione la chiusura delle scuole. Al contempo, lo ripeto, dobbiamo cercare di vaccinare più rapidamente possibile».
Mauro Evangelisti