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La valutazione dei DS: una occasione per recuperare ruolo e autonomia nei processi di riforma?

di Antonio Valentino

26/10/2016
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la Repubblica

Lo scorso anno scolastico, per le nostre scuole, ma soprattutto forse per i DS, è stato uno di quelli che a solo  pensarne  un bis crea angoscia più che sconforto.Doveva essere il primo anno della riforma.

Di una riforma che prevede per il DS nuove funzioni importanti, nei rapporti di lavoro e nella direzione complessiva, che hanno suscitato e continuano a suscitare tante discussioni e problemi[1] , ma che aprono forse qualche finestra promettente sul panorama piuttosto deludente della nostra scuola. Le richiamo sinteticamente nella Scheda in fondo.

“DS come leva e motore della scuola riformata”, si è detto e ripetuto. 

Cosa ne è stato invece? Neanche prima dell’autonomia scolastica arrivavano alle scuole - tra  circolari e direttive, linee di indirizzo e provvedimenti di ogni tipo - tante disposizioni, tutte stringenti e soprattutto impegnative, in buona  misura nuove di zecca. E  tutte con scadenze talmente ravvicinate che hanno fatto pensare che al ministero si fossero persi agende e calendari.

 Adempimenti che ovviamente andavano ad assommarsi  a scadenze e problemi sempre più complessi di gestione del quotidiano, che per una consistente fetta di DS andavano moltiplicati per due, per via delle reggenze.

Un elenco non completo: PTOF e PdM e impegni legati al RAV, la nuova problematica (molto) scommessa della valorizzazione del merito, con i  Comitati di Valutazione (tra l’altro, con un esterno nominato dall’USR con la velocità di un bradipo) da far eleggere in Collegio Docenti e Consiglio di Istituto, la costituzione delle reti di ambito che è novità complessa e particolarmente impegnativa, la cosiddetta  chiamata per competenze che ha, tra l’altro, impedito a tanti DS di fruire delle ferie, l’organizzazione dell’alternanza nelle scuole superiori, la formazione e la cura dei docenti nell’anno di prova secondo modalità completamente rinnovate, l’attribuzione del bonus , eccetera. 

Potenziamento delle funzioni, come si è detto. Nuovi poteri dunque, che però difficilmente, nelle condizioni date, il DS poteva gestire con la necessaria preparazione e con la cura che sempre richiedono le cose nuove e impegnative.  Tra l’altro, molti DS erano di nuova nomina.

Tra errori e pressappochismo

Questa semplice constatazione, diffusamente condivisa, avrebbe  richiesto all’Amministrazione, in fase di prima attuazione soprattutto, che la loro gestione – delle nuove prerogative, intendo - fosse opportunamente curata. Non assumere questo dato,  e sottovalutarne l’impatto, ha fatto sì che non venissero prese misure e iniziative adeguate di necessaria formazione (e non solo di burocratica informazione, a suon di slide) e non venissero offerte adeguate garanzie.

La cattivissima gestione dei tempi - assieme all’assenza  di momenti adeguati (cioè veri) di approfondimento su senso e valore delle nuove disposizioni e della loro assimilazione - è stato forse l’aspetto più inquietante di tutta l’operazione sulla riforma messa in campo lo scorso anno.

Il DS, per il quale era previsto un profilo potenziato per esercitare la sua leadership nei processi ,  è stato di fatto ridotto a esecutore succube di disposizioni e provvedimenti che arrivavano nelle scuole - senza che se ne fosse parlato o discusso prima nelle sedi opportune - e di cui molte volte era difficile capirne il senso e condividerlo.

C’è da chiedersi pertanto che dirigente è stato – è potuto essere - il DS lo scorso anno: senza spazi e possibilità  per la riflessione e la metabolizzazione delle nuove funzioni, mandato  allo sbaraglio, assediato dall’accavallarsi di sempre nuovi adempimenti, stressato da un clima interno spesso conflittuale e, in non pochi casi, ulteriormente appesantito dalle responsabilità delle reggenze e  da una gestione delle scadenze ordinarie e del quotidiano sempre più difficile.

Con tutta la buona volontà, anche il più integrato dei dirigenti ministeriali avrebbe  difficoltà a vedere, nel DS all’opera lo scorso anno - e nonostante la disponibilità individuale -, “il motore e la leva” dei nuovi processi;  o il costruttore di “comunità professionale e sociale” che pure fa capolino in qualche passaggio della Legge (soprattutto nei commi 3 e 93)[2]; o   il leader di Learning Organizzations per una scuola con curricoli “arricchiti”[3]

Prospettive per l’anno in corso? A quali condizioni?

Che fare? Penso a questo punto che, se si vuole contrastare l’immagine di un DS come funzionario senza autonomia, puro esecutore di direttive ministeriali, e recuperare il senso di una leadership impegnata a costruire un clima cooperativo e produttivo, occorra mettere al primo posto l’idea che il rinnovamento ha bisogno di persone consapevoli, “attrezzate” e motivate e di tempi non ansiogeni.  Occorrano quindi, rispetto alle varie partite dello scorso anno, letture critiche delle esperienze fatte  e ripensamenti sensati, aggiustando  di volta in volta quel che si ritiene, come singola scuola e come sistema, di dover  aggiustare[4].

Ma l’obiettivo prioritario:  riconsiderare i provvedimenti dello scorso anno e ricollocarli in una diversa agenda (che significa: individuazione delle priorità e tempistica ragionevole, predisposta cioè in modo che tempi delle varie operazioni siano opportunamente distesi; che non vuol dire opportunisticamente dilatati) richiede un primo passo che è oggi un vero e proprio 

imperativo: ricreare a tutti i livelli un clima di ascolto (attivo, direbbe Marinella Sclavi) e di fiducia reciproca,  soprattutto tra l’Amministrazione e chi, a vario titolo, rappresenta il mondo della scuola  (penso soprattutto alle organizzazioni sindacali e al loro ruolo di concertazione e contrattazione, importante in questa fase, e alle  Associazioni professionali che di cose utili ne hanno da dire).

La valutazione dei DS come occasione strategica?

Se si assume tale obiettivo prioritario, ma dentro relazioni – tra i soggetti protagonisti – che superino finalmente contrapposizioni, spesso di principio, che non aiutano nessuno e soprattutto la nostra scuola a uscire dallo stallo attuale -  si tratta di capire su quali leve e opportunità poter contare e a quali  condizioni pensare.

In questa ottica, – domanda - la novità della valutazione del DS prevista per l’anno in corso  - ma anche le indicazioni e le risorse per la formazione dell’apposito recente Piano  Nazionale [5] - possono essere viste e “agite” come opportunità per approfondire  e ripensare criticamente sia i provvedimenti dello scorso anno sul potenziamento delle funzioni del DS, sia, soprattutto, la loro gestione? Potrebbe  essere una sfida sensata farli diventare momenti in cui si sviluppi autoanalisi delle esperienze fatte e ci si attrezzi meglio rispetto a senso e procedure per i vari provvedimenti?

Non ci si può negare che, per i nostri ragionamenti, il modello valutativo scelto dal Ministero - in continuità con quello già utilizzato per l’Auto Valutazione di Istituto (AV) e il Rapporto di Autovalutazione (RAV) – presenta, rispetto alla valutazione prevista, oggettivi livelli di debolezza (come ha argomentato recentemente Franco De Anna[6]), di cui avere consapevolezza.

La valutazione del DS infatti, nelle Linee Guida:

  1. si configura essenzialmente come AV (con tutti i forti rischi di autoreferenzialità che essa si tira dietro); risultando di modesta rilevanza la valutazione esterna. Infatti, la lettura, da parte del Nucleo Esterno di Valutazione (NEV), dei documenti che il DS è chiamato a produrre (18!) e  qualche incontro sporadico con i valutatori non garantiscono affatto  rispetto ai rischi prevedibili. Da cui  “l’intrinseca debolezza validativa e la difficoltà di individuare correttivi” (Franco De Anna) che valgano a produrre miglioramenti e sviluppo professionale. È lo stesso senso. della valutazione che ne uscirebbe fortemente indebolito.
  2. Utilizza sostanzialmente schede  e griglie standard che di fatto automatizzano e “conformizzano” il processo valutativo. Si riduce così la possibilità di cogliere, attraverso un approccio analitico e clinico (vs standardizzato),  le esigenze specifiche e prioritarie del valutato, e quindi le eventuali direzioni del suo sviluppo professionale.
  3. Assume a riferimento “criteri” di valutazione (quelli del comma 93)  che presentano però sovrapposizioni e sconnessioni e rinviano a  un profilo professionale di difficile decifrazione;  e tale comunque da non permettere di cogliere il core della figura del DS (La gestione delle risorse umane – in termini di valorizzazione e  cura dello loro sviluppo professionale - e in essa la centralità della relazione? L’orientamento al risultato come priorità? Il miglioramento delle pratiche professionali interne per il raggiungimento degli obiettivi formativi attesi? La costruzione di una comunità di pratiche e quindi di una leadership condivisa? …)

Le condizioni

Questi rilievi critici hanno certamente un peso che non può essere trascurato nel complessivo impegno di ripensamento che qualcuno dovrà pure prevedere, se non si vuole compromettere tutto e continuare con le solite litanie. Tuttavia penso – mi piace pensare - che, nonostante queste oggettive debolezze, nella fase attuale, privilegiare l’ AV nel processo valutativo, possa ancora essere, a determinate condizioni, unaoccasione / opportunità per mettere ordine, nelle pratiche delle scuole,  tra i vari provvedimenti e processi attivati e mettere in fila gli adempimenti prioritari, secondo criteri di fattibilità e di efficacia; ma anche per attrezzarsi (sviluppare professionalità) per presidiare e orientare al meglio i processi in atto.

Le condizioni che le esperienze dello scorso anno, come si è visto, hanno indicato come fondamentali per recuperare senso e fattibilità, mi sembrano soprattutto queste:

-          La prima condizioneche l’AV sia sostenuta da una formazione che assuma la valutazione come “mossa riflessiva” (Egle Becchi) e si caratterizzi come ricerca sul campo, individuale e “collettiva”. Dove, ricerca sul campo significhi ricerca-azione e il lavoro in gruppo sia garanzia dello sguardo altro che  sempre una seria valutazione (e formazione) comporta.

-          La seconda: i tempi (in tutti i casi in cui ciò sia possibile; che sono la maggioranza) siano definiti in rapporto alle specificità delle diverse situazioni e ben schedulati (come si dice), dentro un agenda che abbia un respiro biennale (per stare dentro l’arco triennale del PTOF)[7]. E ciò, proprio per permettere di approfondire, sistematizzare e aggiustare obiettivi e procedure su cui le scuole si sono tormentate lo scorso anno.

Le due precedenti condizioni però - se anche rendono possibile, per il DS, un ruolo attivo di motore e una funzione di leva nei processi di riforma - non garantiscono, ovviamente, e in modo automatico, percorsi qualificati e risultati accettabili al suo lavoro (altre e fondamentali condizioni si richiedono, ovviamente, perché le scuole possano fare bene e fino in fondo la loro parte).

Possono Introdurre tuttavia elementi qualificanti di senso e di razionalità operativa e favorire lo stesso processo di valutazione[8].

La pre-condizione

Questi ragionamenti e ipotesi di lavoro presuppongono, però,a loro volta, una pre-condizione.

E cioè che il Ministero

  • riconosca (come ha cominciato a fare - se sono veritiere, come penso lo siano, le affermazioni di Faraone nell’intervista a Orizzonte scuola dello scorso fine luglio -) l’insostenibilità delle modalità di gestione della riforma che si sono viste lo scorso anno; 
  • recuperi il senso di una gestione delle proprie funzioni  meno invadente e dirigistica. Che significa anche: più rispettosa delle prerogative del DS e delle scuole;
  • emani direttive sobrie e operativamente essenziali
  • garantisca le risorse necessarie in modo tempestivo.

È questa pre-condizione quella necessaria per ricreare un clima di  fiducia reciproca tra i vari soggetti in campo e di riconoscimento dei rispettivi ruoli.

-          Si vuole la luna?

 

LE NUOVE FUNZIONI DEL DS NELLA LEGGE 107/2015

  • Valuta motivatamente gli insegnanti per l’attribuzione del bonus (sulla base di criteri elaborati dal Comitato di Valutazione di ciascuna scuola) e valorizza meriti professionali e impegno del personale,
  • Contribuisce, secondo le prerogative del suo ruolo, alla realizzazione degli obiettivi di miglioramento previsti nel RAV e nel PdM,
  • Definisce gli indirizzi per il POF triennale,
  • Individua,  tra i docenti che fanno domanda di far parte dell’organico dell’autonomia, quelli che ritiene più adatti al buon funzionamento; sulla base comunque  di definiti e formalizzati criteri,
  • Utilizza  i  docenti  in classi di concorso diverse da quelle per  le  quali  sono  abilitati, purché posseggano titoli validi per  gli insegnamenti  da impartire,.
  • Promuove la partecipazione e la collaborazione delle componenti scolastiche alla vita della scuola e i rapporti con il contesto sociale e le altre scuole

Può inoltre – il DS – individuare, fino al 10% dell’organico, i docenti che lo coadiuvano nelle funzioni didattico-organizzative.

 

 

[1] Con  “la cosiddetta “chiamata diretta” dei docenti e l'autorità salariale sulla premialità dei docenti (….) la figura del ds non è più quella che avevamo conosciuto”. Così Dario Missaglia, in Dirigenti scolastici e Collegio docenti: un nodo da ripensare, in un articolo recente reperibile su  www.scuolaoggi.org

[2] V. in proposito, di Giancarlo Cerini (a cura di), Dirigenti scolastici di nuova generazione, Maggioli editore, 2015; in particolare, dello stesso curatore, “I Dirigenti come costruttori di comunità” pp. 163 sgg

[3] Comma 7 della legge di riforma.

[4] Il sottosegretario Faraone, nell’intervista di fine luglio a Orizzonte Scuola, ha detto sul punto, cose analoghe.

[5] La direttiva per la valutazione dei DS prevede, come è noto,  momenti formativi  ad hoc per ds e valutatori (art. 11): “Per una piena e approfondita comprensione dei passaggi che hanno portato alla definizione del nuovo quadro, risulta determinante il coinvolgimento e la partecipazione attiva da parte dei Dirigenti, soprattutto attraverso le prime azioni di informazione e formazione”.

[6] In “Le linee e il fronte”,  reperibile on line https://www.pavonerisorse.it/buonascuola..htm. Per una analisi complessiva del modello valutativo si rinvia anche ad altri più recenti articoli  di Franco De Anna, sempre sullo stesso sito: “Il dirigente scolastico, tra idealtipi e ricerca di status” ; “L’aquila e il cavallo. Ovvero la valutazione dei Dirigenti”.

[7] L’utilizzo sia per le attività formative che per la gestione dei processi previsti nel comma 93, a strumenti di pianificazione e di controllo di tempi e di risorse come ad esempio, Il diagramma di Gannt, già utilizzato in alcune scuole,  può certamente favorire la messa in campo e la realizzazione di una tale ipotesi di lavoro.

[8] Penso che una tale prospettiva sia conciliabile con (percorribile dentro) i percorsi e i passaggi previsti dalle Linee guida per la valutazione dei DS. Non si negherebbe alla valutazione del DS il suo essere strumento di controllo e di verifica dell’efficacia dell’azione dirigenziale su base annuale e modalità con  cui riconoscere alla stessa efficacia ed efficienza attraverso la Retribuzione di Risultato. Si caratteri rizzerebbe invece la valutazione come attività formativa volta a sviluppare capacità di autoanalisi e di autovalutazione e quindi di interrogazione delle proprie esperienze e di conseguente mirato sviluppo professionale da documentare nel previsto Portfolio. Si aprirebbero così finestre, che le Linee Guida tengono chiuse, attraverso cui recuperare  misure di supporto ai processi di autovalutazione (e di preliminare autoanalisi) e contestualmente  misure di sostegno per gestire in modo ottimale le novità dei processi di riforma in atto


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