La terza Repubblica nelle mani dei grillini
La rachitica Seconda repubblica va disfacendosi mentre la Terza sta nascendo senza neppure una levatrice che ne accompagni la venuta al mondo
Massimo L.Salvadori
La rachitica Seconda repubblica va disfacendosi mentre la Terza sta nascendo senza neppure una levatrice che ne accompagni la venuta al mondo. Semplicemente nasce nel disordine della politica, tra le paure dei "vecchi" soggetti politici, tutti più o meno traumatizzati, e il trionfalismo dei nuovi salvatori grillini di una Patria che neppure riconoscono. Il quadro è chiaro. Da un lato vi sono clamorosi fallimenti, tutta una messe di grandi ambizioni enfaticamente proclamate e impietosamente frustrate: quelle del Pdl, che poche settimane or sono aveva annunciato di essere portatore di una novità politica destinata a cambiare alla radice il quadro nazionale; quelle del Centro di Casini, Fini e Rutelli, clamorosamente deluso nella sua aspettativa di gonfiarsi con la raccolta dei transfughi del berlusconismo; quelle della Lega, che si presenta come un pallone ridotto a brandelli. Dall´altro si collocano il Pd, l´Idv, la Sel, le componenti dell´incerto schieramento a sinistra degli altri, le quali formano più una figura topografica che un´alleanza politica, poiché in continuazione ora si accostano, ora si discostano. Questo centrosinistra dalle deboli cerniere, grazie alle eclatanti debolezze del Pdl e della Lega, che avevano diviso i loro destini ed erano piombate in processi di dissoluzione interna, ha vinto sì le elezioni amministrative di maggio, ma senza uno slancio innovatore e rinnovatore. Di fronte alle sconfitte degli avversari Bersani ha buone ragioni nel rivendicare il risultato ottenuto dal Pd; però, quando volge lo sguardo dall´esterno all´interno del suo partito e ai risultati delle primarie che nelle ultime e penultime elezioni amministrative hanno provveduto a selezionare i candidati, deve fare conti piuttosto amari.
Ma, al di fuori dei "vecchi" partiti (suona davvero ironico chiamare così soggetti nati tutti da relativamente pochi o pochissimi anni nel tritacarne della politica italiana del passato Ventennio), ecco che è emerso come un sole fulgente il Movimento Cinque Stelle, il quale – dileggiato fino a ieri quale anti-politico, manifestazione di una sfrenata demagogia senza né arte né parte – dopo il trionfo di Parma viene considerato, anzitutto da boccheggianti esponenti del Pdl, come un nuovo modello. Dal dileggio all´acritica ammirazione. La lezione invocata dai delusi di sé è che i partiti non devono essere più partiti, ma piazze aperte animate da arditi Masaniello. Grillo ripete così la parte prestigiosa che era stata di Bossi e il suo Movimento quella che era stata della Lega (anche se con un rovesciamento, nel senso che fino a tempi recentissimi quest´ultima veniva esaltata in quanto "vero" partito, partito cioè radicato nel territorio e tra le masse, con le sue vitali sezioni, insomma una sorta di reincarnazione del Pci nei suoi anni d´oro).
A guardare la scena italiana, vi è davvero da preoccuparsi, a partire dell´ennesima anomalia che essa rappresenta rispetto ai maggiori paesi europei. In questi i partiti durano nel tempo e obbediscono al loro compito; da noi vanno e vengono e causano una permanente instabilità. Mentre nel caos del sistema politico nasce la Terza repubblica, la guida del paese, per sua fortuna, è affidata a due personalità di alto profilo e prestigio personale: il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio affiancato da ministri a loro volta di una qualità quale non si era vista da molto tempo, che hanno riconquistato il rispetto dell´Europa e del mondo. Il loro compito è arduo e ingrato per le durezze che si trovano a dover imporre a un paese in preda a una gravissima crisi economica e per le difficoltà della sua navigazione in Parlamento. Compiono i loro sbagli, ma hanno certo grandi meriti. Quello che non possono fare è apprestare i rimedi alle disastrate condizioni dei partiti.
Il rimedio è affidato a Grillo? Partiamo dal suo successo a Parma. Il nuovo sindaco ha proclamato che nella città hanno vinto i cittadini, essi soli, che hanno riconosciuto nel Movimento Cinque Stelle il motore della rinascita, prima ancora che politica, etica. Peccato per lui e Grillo che in realtà la sua vittoria non sia stata affatto il purificante successo del "nuovo", ma quello di una ibrida, non limpida commistione elettorale del grillismo con il Pdl allo sbando e con quanti si sono stretti in un comune abbraccio allo scopo di sconfiggere il Pd. Proseguiamo con una riflessione sul dato che i sondaggi ci comunicano con una voce univoca: il posizionamento del Movimento Cinque Stelle a seconda formazione politica del paese. È possibile che il dato sia esatto. Ma quale il suo significato? Il grillismo è senza dubbio un fenomeno su cui ragionare assai seriamente. Costituisce lo specchio in cui si riflettono tutti i vizi e le insufficienze dei partiti contro cui è entrato in guerra. Sennonché una cosa è crescere impetuosamente per i difetti altrui, altra farsi carico degli onori e degli oneri del governo, selezionare un ceto politico, passare dall´agitazione scomposta alla gestione responsabile dei comuni, delle regioni, dello Stato, darsi un´organizzazione articolata e strutturata. I nostri partiti versano in uno stato o pietoso o assai affannato, ma senza partiti non vi è vita dello Stato. Al Movimento Cinque Stelle il compito di fornire la prova. Ma chi scrive si permette di esprimere l´opinione che non sarà in grado di farlo. Che esso oggi venga all´improvviso tanto ammirato altro non pare essere se non testimonianza della miseria in cui versa la politica nazionale e di un sonno profondo della ragione