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La STampa: Varato il regolamento per il prossimo anno scolastico: ignorata la sentenza del Tar

Tecnicamente la mossa è ineccepibile, politicamente - invece - è un’entrata in campo a gamba tesa, perché il regolamento ha valore di legge e quindi impatta con la decisione del Tar

21/08/2009
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La Stampa

RAFFAELLO MASCI

ROMA

Primo punto: gli esami di Stato costituiscono il giudizio finale di un percorso scolastico e non ammettono debiti formativi non sanati e tanto meno insufficienze di sorta. Secondo: gli esami di terza media avranno un voto che risulterà dal calcolo matematico delle singole prove e difficilmente si potranno vedere quelle sfilze di superbravi a cui eravamo abituati. Terzo, e qui c’è la vera bomba che riaccenderà le polemiche appena sopite: l’insegnamento della religione produrrà un credito formativo, come le altre materie aggiuntive.
Le tre norme sopra accennate sono inserite all’interno di un Regolamento della Pubblica istruzione sulla valutazione degli alunni, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale come decreto del Presidente della Repubblica. Di per sé si tratta di un adempimento tecnico: nessuno dei provvedimenti in questione costituisce una novità. Anzi, tutto era noto e tutto era così per legge. Ma la caratteristica del regolamento è quella di specificare, di mettere i puntini sulle «i», e quindi anche di ribadire aspetti che una lettura non attenta delle leggi potrebbe lasciare nell’ombra. Da qui possibili polemiche o inattese paure.
Giudici e politica
Cominciamo dalla questione più controversa. La religione cattolica è, per chi se ne avvalga, una materia curricolare, quindi come le altre. I docenti sono in tutto equiparati ai loro colleghi e partecipano in consiglio di classe al momento della valutazione finale dell’allievo, dicendo la loro. La cosa è stata sempre indigesta per una parte dell’opinione pubblica, ma così dice la legge e così è.
Ora, però, c’è stata una recente sentenza del Tar secondo cui l’insegnamento della religione cattolica non poteva produrre crediti formativi, perché questo avrebbe comportato una disparità di trattamento tra chi aderiva a questo insegnamento e chi no. Come dire che non era giusto - secondo i magistrati amministrativi - che un alunno venisse valutato in base a X materie e un altro in base a X materie più una.
La sentenza è stata però impugnata presso il Consiglio di Stato, quindi per il ministero, la partita non è ancora chiusa e - fanno sapere informalmente dal ministero - fin tanto che non ci sarà una sentenza definitiva, valgono le norme precedenti: i professori di religione daranno una loro valutazione e un relativo credito formativo.
Tecnicamente la mossa è ineccepibile, politicamente - invece - è un’entrata in campo a gamba tesa, perché il regolamento ha valore di legge e quindi impatta con la decisione del Tar. Su questa materia è anche attesa una circolare esplicativa da parte del ministero, e questo non farebbe che rinfocolare la diatriba. Inutilmente la senatrice del Pd Magda Negri ha chiesto «un grande confronto culturale per chiarire tutta la materia prima di prendere decisioni».
Linea dura sulla maturità
L’altra questione è quella della maturità. Già dai tempi di Fioroni si era stabilito che alla maturità si dovesse arrivare con tutti i debiti formativi sanati e con la sufficienza in tutte le materie. Il regolamento precisa la norma: non basta avere «la media del sei» come è stato fatto quest’anno - per cui uno ripara in lettere con quello che ha in matematica - ma servono proprio tutti sei, sennò addio maturità. La norma è identica, ma l’applicazione è col pugno di ferro.
Addio al diplomificio
Esami di terza media. Si fa come si è fatto, nella formula rinnovata, già quest’anno. Ma sia chiaro - ribadisce il regolamento - che il voto finale deve risultare da una media «matematica» (nella quale quindi non può intervenire la valutazione complessiva del consiglio di classe) tra i voti di ammissione, quelli delle prove scritte, quelli delle prove nazionali stabilite dall’Invalsi e - infine - quella del colloquio.
Sintesi: se oggi c’è una massa considerevole di ragazzi con il massimo dei voti, questa prospettiva possiamo scordarcela, basta solo che ci sia - per dire - un 8 invece di un dieci in una di queste prove (ipotesi assai probabile) per far sfumare l’en plein.


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