Arriveranno entro la fine dell’anno un po’ di fondi per le università. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti l’ha promesso in forma solenne ieri durante una conferenza stampa a palazzo Chigi. Nessun dato certo sulle cifre, solo sui tempi, entro dicembre, con il decreto di fine anno. Si parla di una somma di circa 300 milioni di euro, il rifinanziamento abituale del Fondo unico per l’Università, ma per il momento non esiste nulla di scritto. Tremonti anzi avverte che bisogna ancora lavorare sui dettagli, «bisogna definire i tempi ed i metodi». Ma per l’apertura del prossimo anno universitario la riforma e le risorse ci saranno.
L’accenno alla riforma non è casuale perchè Tremonti lo ripete più volte, senza riforma non vi potranno essere risorse. «Pensiamo che in uno o due mesi si definiscano i presupposti per il quadro della riforma» attualmente all’esame della Camera in seconda lettura, spiega il ministro. Per il ministro la riforma universitaria e il finanziamento «vanno in parallelo». «La dotazione va definita in base ai criteri della riforma, che può essere rivista solo con il rifinanziamento».
E’ il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini a spiegare le priorità del rifinanziamento: innanzitutto il fondo di finanziamento ordinario per le Università statali, poi il recupero dei tagli subiti dalle Università non statali, il diritto allo studio e la copertura di posti di professore associato da attribuire agli attuali ricercatori a tempo indeterminato che supereranno l’abilitazione di professore associato.
Parole che convincono i rettori che attraverso la Crui, la Conferenza che li riunisce, esprimono il loro apprezzamento. Ma non l’opposizione. Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, si chiede dove sia la novità. «Il governo ha sempre sostenuto che una volta approvata la riforma ci sarebbe stato un rifinanziamento. Ma le università sono in difficoltà ora, a fine anno sarà tardi».
L’altro tema aperto è la protesta dei ricercatori che stanno bloccando la didattica. I corsi partiranno con ritardi da una settimana a un mese a Bologna, a Perugia (Scienze Matematiche), Palermo, Università di Bari Aldo Moro, alla Sapienza di Roma (Ingegneria, Fisica), Tor Vergata (Scienze), Padova (Scienze), L’Aquila (Ingegneria), Ferrara, Pisa, e poi a Catania e Milano.
A loro si rivolge il ministro Gelmini. «Faccio appello ai ricercatori a non interrompere la didattica. Il Governo si attiverà per favorire la carriera dei giovani studiosi, ma, non accettiamo che l’attività didattica sia interrotta» perché «va a scapito degli studenti che rischiano di perdere molti mesi per il loro studio. Mi appello ai ricercatori perchè si sentano considerati e valorizzati dal Governo, c’è massima attenzione alle loro esigenze».
A parlare per i ricercatori ho scelto Giuseppe Marcocci della Normale di Pisa, dal primo dicembre ricercatore assunto a tempo determinato.
Giuseppe Marcocci, ricercatore della scuola Normale di Pisa, il ministro Gelmini vi ha avvertiti: il governo non accetta il blocco della didattica e ha chiesto di fermare la protesta.
«E’ la stessa tattica usata nel 2008. Allora riuscirono a bloccare le proteste chiedendo un comportamento virtuoso e lasciando immaginare chissà quali ricompense. Ma è una logica perversa, inaccettabile, che è servita soltanto a fermare le proteste in quel caso ma che non ci bloccherà ora»
Il ministro Tremonti ha promesso un rifinanziamento dell’università.
«Non credo in promesse così vaghe, e non penso che si possa trattare l’Università con scambi di questo genere. In tempi di crisi l’università dovrebbe essere il settore su cui puntare. E, comunque, se si cerca di far ingoiare con una promessa di denaro una pillola amarissima come quella di una riforma del tutto inadeguata la sensazione è solo di essere presi in giro».
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