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La Stampa-Università-I professori della discordia

RETTORI E DOCENTI "VIP": IL NUOVO GOVERNO DELL'UNIVERSITÀ SUSCITA POLEMICHE. E ASOR ROSA PROTESTA I professori della discordia Raffaele Simone COME i lettori di questo giornale sanno, ...

14/05/2004
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La Stampa

RETTORI E DOCENTI "VIP": IL NUOVO GOVERNO DELL'UNIVERSITÀ SUSCITA POLEMICHE. E ASOR ROSA PROTESTA

I professori della discordia

Raffaele Simone
COME i lettori di questo giornale sanno, tra i temi più caldi dell'attuale discussione sull'università sono il governo degli atenei e lo stato giuridico dei professori. Al non esperto, temi come questi possono sembrare marginali: non è così, perché incidono sulla qualità delle nostre università, vale a dire sul futuro dell'intelligenza italiana, cioè del paese. Nessuno dubita più che sia necessario rivedere i sistemi di governo (oggi dominati da un elettoralismo estremo, che a volte rende impossibile l'azione di comando), così come è urgente dare un profilo moderno e differenziato alla figura del professore.
Su questi temi si sono accumulati negli ultimi tempi una varietà di documenti, prodotti sia da ambienti ministeriali sia da entità esterne (spesso dotate di una vistosa connotazione di gruppi di pressione). La quantità delle proposte sembra però aumentare l'entropia più che chiarire i problemi, dato che non riesce a focalizzare i temi centrali.
Ad accrescere la pila di carte arriva ora anche un testo prodotto da un gruppo di esperti, incaricati dal presidente della Conferenza dei Rettori (CRUI) di elaborare una riflessione su "Il governo dell'università". Gli autori del documento sono Umberto Eco (che faremmo, in Italia, senza di lui?), Maurizio Bettini, Alessandro Figà Talamanca, Ernesto Galli della Loggia, Angelo Panebianco, Aldo Schiavone e Alberto Asor Rosa: nomi noti, anche se, magari, quasi tutti appartenenti al dominio delle discipline umanistiche, che non rappresentano certo la maggioranza del mondo dell'università.
Nella prima parte del testo si riafferma il principio, oggi molto strapazzato, secondo cui l'università deve "restare un'istituzione pubblica" e deve sviluppare forme evolute di competizione tra un ateneo e l'altro. Nella seconda si suggerisce che il rettore debba avere più poteri di quelli che ha attualmente, che sono delimitati e possono perfino essere contrastati dai due organi essenziali del sistema, il Senato e il Consiglio di Amministrazione. "Va a nostro parere rafforzato il potere di indirizzo e di governo che già oggi appartiene al Rettore". Si pensa quindi a un rettore "forte", munito di estese deleghe e capacità.
La parte più delicata del testo contiene una proposta che ha suscitato un vespaio. Si suggerisce che ogni ateneo abbia a disposizione un certo numero (pari al 10 per cento del totale) di "posti riservati" per professori. La prima metà di questi posti forma il ruolo dei "professori di valore eccezionale", che sono designati "tra gli ordinari dell'ateneo stesso per la particolare e riconosciuta eccellenza scientifico-culturale". Chi propone questa lista? La commissione suggerisce che sia ogni singolo preside di facoltà a proporla al rettore, che se la fa propria la porta in senato accademico per l'approvazione finale. L'altro 5% viene attribuito, invece, "per chiamata da altra sede o dall'estero di professori italiani e stranieri, di qualunque età e grado, su designazione unanime del consiglio di facoltà". Questi professori "eccezionali" possono avere uno stipendio fino al 50% superiore a quello normale, dispongono di privilegi nell'attribuzione dei fondi di ricerca e dei congedi per motivi di studio e sono esentati dall'obbligo di insegnare nei corsi triennali (quelli di base).
Quest'ultima proposta, che è in realtà l'unica novità che il testo contenga (benché, sia detto tra parentesi, non riguardi affatto il "governo dell'università" a cui allude il titolo), ha fatto un po' di chiasso, anche in seno alla commissione. Asor Rosa se ne è dissociato con una nota durissima, in cui denuncia che la commissione non ha discusso alcune "parti sostanziali, anzi decisive" del testo. Asor Rosa, inoltre, ha affermato anche che "il senso politico \ non può essere altro \ che la volontà di intrecciare un dialogo con l'attuale governo e con l'attuale maggioranza". In pratica, un pesante sospetto di collateralismo. Inoltre, si sono levate numerose proteste contro l'idea stessa di creare questa categoria speciale di "cattedratici VIP". È stato osservato, ad esempio (e giustamente), che nulla si dice dei criteri di selezione di queste persone. La paura delle clientele è ovviamente molto forte.
Per quanto mi riguarda, l'idea di una fascia di professori di "valore speciale" non mi pare affatto cattiva, e mi è capitato di proporla anch'io di recente. Mi pare che una soluzione come questa potrebbe correggere il vergognoso appiattimento tra le carriere, le reputazioni e le prestazioni che viene oggi praticato e teorizzato senza ritegno, e che favorisce l'offensiva confusione fra ricercatori di alta reputazione e la vasta platea di "miracolati" che affolla l'università italiana. Altri paesi (Francia, Spagna, Germania, oltre ai paesi anglo-sassoni) hanno da tempo una figura simile, e nessuno grida allo scandalo.
Ma ciò non significa affatto che questa misura sia la più urgente da prendere. Anche perché alcuni suoi aspetti non convincono. Che i professori "eccezionali" siano indicati dai presidi di facoltà, per esempio, è troppo poco. Date le note tradizioni clientelari e correntizie della nostra università, questa procedura attiverebbe furibondi circuiti di pressione. Inoltre, non mi pare che sarebbe facile far convivere le due "specie" di professori nelle stesse strutture: immaginate gli "speciali" e i "normali" negli stessi dipartimenti e nelle stesse facoltà. Quel che occorrerebbe invece è inventare una buona volta due tipologie di università, una "di base", per le lauree triennali (somigliante ai "colleges" dei paesi di lingua inglese), e una "superiore" (somigliante alle "universities") per le lauree specialistiche e i dottorati. In questa seconda troverebbero la loro naturale collocazione i professori di "valore eccezionale".
Dubito molto, però, che, una proposta del genere possa passare, in un paese che, per un inveterato malinteso sindacal-cattolico, finge di credere nell'uguaglianza a tutti i costi (di magistrati, insegnanti, professori, ricercatori...). Infine, temo che, tra i tanti drammatici problemi della nostra università (primo dei quali, la generale dequalificazione), il tema dei "professori di valore eccezionale" non abbia alcun senso al di fuori di un ripensamento generale del sistema.


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