]FLAVIA AMABILE
ROMA
Non tutti ci avevano fatto caso, ma nel regolamento approvato una settimana fa il ministero dell’Istruzione prevedeva che per essere ammessi alla maturità si dovesse avere la sufficienza in tutte le materie. E, quindi, anche un solo cinque e ci si può dimenticare l’esame di Stato.
I dirigenti scolastici hanno impiegato alcuni giorni, poi se ne sono resi conto ed è scattato l’allarme. Il regolamento attende l’ultimo via libera dal Consiglio di Stato: se dovesse essere approvato senza modifiche, si correrebbe il rischio di trovarsi con un bel po’ di studenti non ammessi o con un sei «politico», deciso da parte dei consigli di classe per evitare di penalizzare gli alunni per una insufficienza in una sola materia.
Il contrario, insomma, di quello che la Gelmini voleva. Lo schema di regolamento per il coordinamento delle norme sulla valutazione prevede infatti che «gli alunni che, nello scrutinio finale, conseguono una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l'attribuzione di un unico voto, secondo l'ordinamento vigente e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi, sono ammessi all'esame di Stato».
Insomma, niente insufficienze, ma gli studenti quest’anno non hanno brillato come dimostrano i calcoli sui corsi di recupero. Si stima che oltre il 60% degli alunni delle scuole superiori abbia riportato una o più insufficienze al termine del primo quadrimestre. Questo vuol dire più di un milione e mezzo di alunni. E se si considera che in media le insufficienze per studente sono tre, siamo intorno ai quattro milioni di debiti da recuperare.
All’allarme da parte dei dirigenti il ministro ha risposto confermando le regole approvate una settimana fa: «Con un cinque non si viene ammessi» alla maturità. Secondo il ministro, con questa introduzione «c’è un maggior rigore nella valutazione degli apprendimenti e c’è severità e disciplina nella valutazione dei comportamenti. Due cose indispensabili per formare cittadini che domani siano consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri». Più in generale, la Gelmini ha parlato di «valutazione equilibrata», che allontana «l’egualitarismo e il livellamento che c’è stato fino ad oggi» e che è «frutto della cultura del ’68 che non condividiamo e non ci sentiamo di confermare per il futuro. Andiamo - ha concluso - verso una scuola della responsabilità e del merito».
Contrarie le associazioni degli studenti e anche larga parte dei docenti. «Il fatto che il ministro, il giorno in cui il mondo della scuola e dell’università protesta per chiedere risorse, intervenga sull’inammissibilità all’esame di Stato con un 5, oltre che paradossale, è ridicolo», afferma Fausto Raciti, segretario dei Giovani democratici. «In un Paese con il tasso di dispersione scolastica superiore al 25% - continua - è gravissimo che il ministero irrigidisca la scuola, impoverendola. Non è sessantottismo porsi il problema di creare una scuola aperta nei confronti degli studenti con difficoltà. Fare la scuola del merito è possibile se tutti partono dalle stesse condizioni. Questa è solo retorica». www.lastampa.it/amabile
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