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La Stampa: Ora d’Islam, la Chiesa si spacca

Il presidente Cei Angelo Bagnasco boccia la proposta di insegnare negli istituti pubblici la religione musulmana. La pensa diversamente il cardinale Renato Raffaele Martino, ministro vaticano degli Affari sociali

19/10/2009
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La Stampa

GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO

L’ora di Islam spacca la Chiesa. Il presidente Cei Angelo Bagnasco boccia la proposta di insegnare negli istituti pubblici la religione musulmana. «L’ora di religione cattolica, nelle scuole di Stato, si giustifica in base all’articolo 9 del Concordato: è parte integrante della nostra storia e cultura - afferma il capo della Chiesa italiana -. La conoscenza del fatto religioso cattolico è condizione indispensabile per la comprensione della nostra cultura e per una convivenza più consapevole e responsabile». Quindi, «non è una catechesi confessionale, bensì una disciplina culturale nel quadro delle finalità della scuola». L’ora di religione ipotizzata «non corrisponde a questa ragionevole e riconosciuta motivazione».
La pensa diversamente il cardinale Renato Raffaele Martino, ministro vaticano degli Affari sociali. «Con i debiti controlli è, oltre che un diritto, un meccanismo in grado di evitare che i giovani islamici finiscano nel radicalismo - evidenzia Martino -. Se si ammettono gli immigrati, essi vengono con la loro cultura e la loro religione e devono inculturarsi nel paese dove arrivano. Se scelgono di conservare la loro fede hanno diritto a istruirsi nella loro religione e, in assenza di un’ora di Corano a scuola, si rischia che scelgano una scuola confessionale a rischio di influenze fondamentaliste». Però «è necessario un numero sufficiente di alunni, se c’è un solo alunno musulmano è meglio che ci pensino i genitori».
Sulla stessa linea in Curia il cardinale Georges Cottier, teologo emerito della Casa pontificia: «È un passo utile e necessario, ma servono la reciprocità e l’intesa tra Stato e comunità musulmana», comunque «nulla in contrario a consentire agli studenti musulmani di approfondire la loro religione, anzi per milioni di immigrati può essere un antidoto all’integralismo». E raccomanda «controlli sull’istruzione impartita ai giovani islamici e una cornice giuridica ben definita», però esorta la politica italiana a «passare dall’ipotesi alla discussione sulle concrete modalità di attuazione».
Prova a mediare il cardinale Severino Poletto, secondo cui «è un problema di gradualità. La società italiana, come tutte le società, ha bisogno di assimilare i cambiamenti a poco a poco, mentre una modifica brusca crea contraccolpi che producono l’effetto contrario a quello desiderato». Dunque, si vedrà più avanti. «La religione cattolica fa parte della storia d’Italia, ne ha impregnato la cultura per secoli, l’Islam no. E’ sbagliato e prematuro istituire l’ora di religione islamica nella scuola pubblica - sostiene l’arcivescovo di Torino -. Questo non significa che tra cinquanta o cento anni la situazione non si modifichi radicalmente e che allora se ne possa parlare». Certo, se l’ora di Islam servisse per sottrarre i giovani agli insegnamenti fondamentalisti, «in linea di principio» Poletto è «d’accordo» e comprende «le buone intenzioni di chi l’ha proposta come soluzione», però ritiene che «non siamo davvero preparati a un cambiamento del genere».
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