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La stampa-Non cento ma una cosa per la scuola

I PROFESSORI TORNANO AL LAVORO Non cento ma una cosa per la scuola 2 settembre 2002 di Marco Belpoliti OGGI gli insegnanti italiani riprenderanno servizio. Si riuniranno a scuola per il pr...

02/09/2002
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La Stampa

I PROFESSORI TORNANO AL LAVORO
Non cento ma una cosa per la scuola

2 settembre 2002

di Marco Belpoliti

OGGI gli insegnanti italiani riprenderanno servizio. Si riuniranno a scuola per il primo collegio docenti. Di lì a breve, con calendari diversi, regione per regione, arriveranno anche gli allievi.

Spesso si crede che la scuola coincida con gli studenti, ma non è così. Il corpo docente è la parte stabile e più duratura della scuola, quella che bisognerebbe curare e far crescere.

A leggere le cronache dei giornali nel mese di agosto, dopo la sentenza del Tar riguardo alle graduatorie dei supplenti, sembrerebbe il contrario: gli insegnanti appaiono quasi un ostacolo al normale inizio della scuola e non la sua naturale risorsa.

Un altro anno è passato e i vecchi mali della scuola italiana sono sempre lì, governo di centro destra o centro sinistra che sia. Alla fine del 2000 il sociologo Alessandro Cavalli ha pubblicato una corposa indagine sugli insegnanti italiani (Gli insegnanti nella scuola che cambia, il Mulino) che è ancora di grande attualità.

Nelle prime pagine Cavalli ricordava una verità decisiva: la riduzione del livello di considerazione sociale dell'insegnante. All'aristocrazia del sapere, di cui l'insegnante era una parte rilevante, si è sostituita l'aristocrazia del denaro e del potere.

Secondo Cavalli gli insegnanti appartengono tutt'oggi per lo più alle classi medio-alte, sebbene cresca nel tempo il numero di maestre, maestri, professori e professoresse provenienti dai ceti popolari. Di certo i figli della classe dirigente italiana percepiscono la carriera di insegnante come un declassamento, e quindi scartano questa possibilità. L'altro grande problema irrisolto è quello della formazione degli insegnanti.

Qualcosa si è fatto, ma è troppo poco. Mentre la maggior parte degli intervistati nell'inchiesta di Cavalli sente di svolgere un lavoro quasi impiegatizio, quando invece desidererebbe essere un professionista, sempre più gli insegnanti italiani vengono chiamati, sovente senza preparazione specifica, ad assumere il ruolo di operatori sociali o consulenti psicologici.

È una attività importante, ma non esattamente quella per cui esiste la scuola. I docenti delle scuole medie inferiori e superiori sono per la maggioranza preparati per insegnare la propria materia partendo da contenuti prevalentemente disciplinari e non educativi, pedagogici o didattici.

Ciascuno ha acquistato il proprio "metodo educativo" da sé, attraverso l'insegnamento stesso, senza che le sue competenze siano mai state verificate da nessuno.

La scuola italiana è ancora l'unica a non possedere strumenti di valutazione dei singoli docenti, se non in qualche scuola elementare o, più raramente, superiore. Gli insegnanti sentono il giudizio sul loro operato come un'intrusione e non come un aiuto o uno stimolo.

La colpa non è solo loro, ma di chi dovrebbe organizzare e gestire questo servizio, cioè del ministero dell'Istruzione. Mentre i consumi culturali degli insegnanti sono in aumento, non esistono incentivi fiscali o monetari per questo indispensabile strumento di formazione.

Se il 2 settembre è il giorno delle riunioni organizzative che stabiliscano le cose da fare nel corso dell'anno scolastico, calendari e scadenze didattiche compresi, non deve essere anche l'ora in cui tutti coloro che hanno interesse a risanare la scuola italiana - ministro, opposizione, sindacalisti e uomini di cultura - dicessero come intendono agire quest'anno? Non cento cose, ma dieci, o cinque, o due, o una. Speriamo.


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