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La Stampa: Nella tendopoli dei precari

Dorme da una settimana davanti al ministero dell’Istruzione. Dorme, mangia e, soprattutto, protesta Dino Bruno, uno che nella vita di mestiere fa il supplente

15/09/2009
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La Stampa

Dorme da una settimana davanti al ministero dell’Istruzione. Dorme, mangia e, soprattutto, protesta Dino Bruno, uno che nella vita di mestiere fa il supplente. Insegna dal 1991, sono diciotto anni, un’infinità di tempo. Abbastanza per costruire una carriera, una famiglia, una vita un po’ strutturata, insomma. Dino no. E quindi da una settimana si è unito alle manifestazioni contro il ministro Gelmini davanti al ministero, in viale Trastevere a Roma. Due camper, tre tende canadesi e un sistema di turni per non dormire proprio tutte le notti all’addiaccio.
Erano un bel po’ di anni che non si vedeva una protesta così davanti al ministero dell’Istruzione. Dal loro punto di vista il meglio deve ancora arrivare. «Resteremo qui almeno fino al 3 ottobre, giorno della manifestazione nazionale», spiega Dino. «Ma vorremmo andare anche oltre».
Camper parcheggiati sul marciapiede almeno altre tre settimane, insomma. Nessuno vi ha detto di andare via? «No, non ci hanno cacciati. Forse si rendono conto che la nostra protesta è troppo importante. Qui arrivano genitori, studenti, in tanti ci portano la loro solidarietà».
La storia di Dino è la storia di altre migliaia di precari, quelli che in queste ore stanno manifestando in tutt’Italia, arrampicati per giorni sui tetti degli Uffici Scolastici, e poi dentro le scuole occupate. Nel 1991 ha 26 anni, una laurea e pazienza quanto basta. Fa quello che fanno tutti, inizia a insegnare dove trova lavoro. «Mi hanno offerto delle supplenze nelle scuole parificate, le ho prese, mi servivano per fare punteggio».
Altri iniziano dalle scuole paritarie cattoliche, come Roberto Cerroni, professione supplente di storia e filosofia nei licei che si è unito ieri alla protesta dei precari. Per Roberto la permanenza fuori dalla scuola pubblica dura solo un anno. L’istituto cattolico non gli rinnova il contratto e lui inizia a studiare per ottenre l’abilitazione. Impiega due anni soltanto per vincere il concorso di ammissione alle Ssis, le scuole di specializzazione aperte per fornire ai futuri prof l’abilitazione. Prova il concorso a Roma, a Perugia e, infine, lo vince a Chieti. Forse non aveva studiato a sufficienza? «Può anche essere ma, guarda caso, l’ho vinto a Chieti l’anno dopo che la Procura aveva scoperchiato una serie di illeciti sulle prove degli anni precedenti. Forse c’erano troppi riflettori quell’anno, la trasparenza era garantita».
Dino non frequenta le Ssis, prende l’abilitazione con il sistema precedente, i corsi abilitanti. Come materie sceglie economia e economia aziendale. Termina il corso, ormai è il 2000, insegna già da nove anni. Gli piacerebbe prima o poi arrivare nella scuola pubblica ma finora ha acquistato un bel po’ di punteggi ma negli istituti statali non è ancora riuscito a mettere piede. Fa nulla, tutto sommato una supplenza tira l’altra anche nelle parificate e alla fine del mese mille euro riesce a metterli insieme.
Gli anni passano, il punteggio aumenta ma la sua posizione resta identica. Supplente era nel 1991, supplente resta ora. Insegnava nelle parificate, e non si è mosso da lì. Quest’anno ha avuto il brivido di arrivare 64mo in graduatoria. Ne hanno chiamati 57 a insegnare nelle scuole statali. Per 7 punti non ce l’ha fatta nemmeno stavolta. «E i tagli mi allontanano sempre di più dagli istituti pubblici».
Per questo da una settimana vive davanti al ministero dell’Istruzione: «La scuola pubblica non si tocca», «Organizza la tua rabbia», «Stop alla distruzione della scuola pubblica», «Gelmini vattene» c’è scritto sugli striscioni presenti da giorni, o si sente ripetere negli slogan dei manifestanti. Ieri è anche piovuto ma la protesta di Dino e degli altri non si è fermata. Al mattino presto l’assalto ad alcune scuole di Roma. Dino è andato al Virgilio, la dirigente scolastica non voleva farli parlare ma lui e il suo gruppo hanno preso la parola lo stesso nell’assemblea pubblica per l’inizio delle lezioni. «E quello che è più sorprendente è che, quando ci sentono parlare, tutti sono d’accordo con noi: professori, genitori, alunni. La Gelmini dovrà rendersene conto. Sta distruggendo una generazione di ex-giovani ma sta distruggendo anche la scuola».


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