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La Stampa-Moratti:Grande vittoria? Tecnicamente, sì

Raffaello Masci ROMA Enrico Panini, leader della Cgil scuola, aveva chiesto ieri pomeriggio le dimissioni di Letizia Moratti, dopo la discesa in piazza di 100 mila studenti e ricercatori. L'interess...

26/10/2005
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La Stampa

Raffaello Masci
ROMA
Enrico Panini, leader della Cgil scuola, aveva chiesto ieri pomeriggio le dimissioni di Letizia Moratti, dopo la discesa in piazza di 100 mila studenti e ricercatori. L'interessata, forse, ci ha anche pensato, considerando che ieri sera, la sua missione come ministro dell'Istruzione nel governo di centrodestra, poteva dirsi conclusa.
La settimana scorsa, tra proteste infinite, aveva portato a termine la riforma della scuola: legge delega, decreti attuativi, tutto. Ieri, con il disegno di legge sullo stato giuridico dei docenti universitari, ha messo in riga gli atenei, cui aveva già fatto incassare un decreto delegato sul reclutamento dei docenti.
Grande vittoria? Tecnicamente, sì: il provvedimento sull'università è passato con 259 voti a favore e l'uscita dall'aula dell'opposizione. Ma politicamente, chissà: la scuola e l'università - stando ai loro rappresentanti nei sindacati e nelle associazioni professionali e studentesche - hanno subito queste norme come dei diktat giunti dall'alto, non condivisi e per di più imposti con leggi delega passate a suon di voti di fiducia.
Le nuove norme varate dal governo non si configurano come una sistematica riforma dell'università, ma si limitano a toccare le figure del docente e del ricercatore. Nel primo caso si stabilisce che a bandire i concorsi per professore non siano più le singole università (accusate di essere autoreferenziali) ma un sistema di reclutamento nazionale.
Per i ricercatori, invece, la cosa è più articolata: i vecchi ricercatori avranno la possibilità di passare, con concorsi agevolati, al ruolo di "associato", mentre chi non volesse fare un concorso avrebbe comunque il rango ad estinzione di "professore aggregato". Per quanto riguarda i giovani, invece, avranno contratti di ricerca a tempo determinato (5 anni). Le università, inoltre, potranno fare contratti temporanei di docenza sia a professionisti non provenienti dal mondo universitario (italiani o stranieri) sia a tecnici provenienti dal mondo produttivo il cui compenso sarebbe pagato dalle aziende che li propongano in regime di convenzione.
Critiche fortissime giungono a queste misure dal mondo accademico. I ricercatori sono spaventati sia dalla precarizzazione strisciante della loro attività, sia dal grande "tappo" posto all'accesso delle nuove leve attraverso i "concorsi riservati" a chi già sta dentro.
I docenti "garantiti" contestano, invece, due gravi carenze: che non sia stato introdotto un sistema di valutazione capace di valorizzare meriti ed eccellenze, e che non si faccia alcun riferimento alle risorse, che non solo sono inadeguate, ma che nell'attuale finanziaria vengono decurtate di quasi 400 milioni di euro.
Da qui il violento contrasto tra l'esultanza della maggioranza in aula e la disperata protesta della piazza e delle opposizioni.
Le previsioni della vigilia, in effetti, non lasciavano prevedere una manifestazione così consistente come quella che ieri ha attraversato la capitale. Si è trattato, nell'insieme, di una protesta serena, governata, nonostante alcuni episodi stridenti. E la pacifica invasione di piazza Montecitorio ha avuto un riverbero fortissimo sul dibattito in aula. Nel primo pomeriggio, subito dopo la ripresa dei lavori, le opposizioni hanno chiesto di sospendere l'esame del provvedimento per riprendere il dialogo con la base, ma la maggioranza ha tirato dritto.
Il ministro Moratti, tuttavia, ha tentato un estremo gesto di distensione: la sottosegretaria Valentina Aprea è scesa in piazza, accompagnata dal vicepresidente della Camera Fabio Mussi "responsabile della sicurezza", per invitare una delegazione di studenti ad un incontro con il ministro. Ma il "movimento" era quanto mai destrutturato e spontaneo: chi doveva far parte della delegazione? Da qui un rifiuto. E il dibattito è andato avanti. Fino al voto finale.


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