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La Stampa: Le due verità sui bambini senza mensa

nei tanti servizi letti in questi giorni abbiamo trovato tanti commenti e tanti giudizi ma pochi fatti, poche cifre, poche date. Così siamo venuti qui a cercarne qualcuno

15/04/2010
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La Stampa

Michele Brambilla

INVIATO A ADRO (BRESCIA)

Anche il caso di Adro, dove il Comune ha negato la mensa ai bambini delle famiglie che non pagano la retta, è diventato occasione di una guerra tra ultrà.
Ormai in Italia ogni notizia scatena due curve di tifosi, ciascuna delle quali convinta che la ragione stia «a priori» dalla propria parte, sempre e comunque. Ieri Belpietro, bresciano della Franciacorta e quindi vicino di casa, ha scritto su Libero che è tutta una montatura della sinistra. Mentre sul Fatto Dario Fo e Franca Rame sono riusciti a scrivere questo: «Ci sono dei bambini che al momento della distribuzione del cibo nella mensa si sono trovati con davanti un piatto dentro al quale c’era un pezzo di pane e un bicchiere d’acqua, mentre nel piatto degli altri bimbi c’era pastasciutta e appresso formaggio e anche la frutta». Una scena da strappare il cuore, se fosse vera. Ma per fortuna è una bufala. Ad Adro non la propinano neanche i più acerrimi nemici del sindaco.
Le due verità
Ci sbaglieremo, ma nei tanti servizi letti in questi giorni abbiamo trovato tanti commenti e tanti giudizi ma pochi fatti, poche cifre, poche date. Così siamo venuti qui a cercarne qualcuno. Dunque. Adro («Ader», recita subito in padano il cartello all’ingresso) ha 7.100 abitanti. Nel complesso scolastico ci sono 601 alunni in tutto. Di questi, 136 non frequentano (per scelta dei genitori) la mensa.
Restano a mangiare a scuola in 465: 85 della materna, 260 delle elementari, 120 delle medie. La mensa costa da uno a 4,25 euro al giorno a seconda del reddito. Perché è scoppiato il caso? Perché molte famiglie si sono lamentate: noi paghiamo sempre, altri no. Per la precisione: diciannove famiglie non pagavano da alcuni anni; dodici da ottobre; tredici da novembre; undici da dicembre; ventidue da gennaio; trentuno da febbraio. In marzo le famiglie morose sono diventate 115. Come mai questo salto? Per la «ritorsione» dei genitori stanchi di fare la figura dei fessi. «A questo punto – ci dice il sindaco Oscar Lancini, leghista – avevo accumulato un buco da 16.013 euro, che a fine anno sarebbe diventato di 50 mila».
Il sindaco e il debito
E così prima di Pasqua a quarantadue bambini è stata consegnata una lettera da consegnare ai genitori: se non pagate più, dopo le vacanze basta mensa. «Nel giro di una settimana – dice il sindaco – il debito è sceso a 9.900, poi a 8.600. Segno che potevano pagare». Ma venti bambini, passata la Pasqua, erano ancora figli di inadempienti. Diciassette sono extracomunitari, tre italiani. Qualcuno di loro è andato a mangiare a casa («In orari assurdi – denuncia il segretario provinciale della Cgil Damiano Galletti –. Alle materne la pausa è dalle 11,40 alle 12,20, non si fa neanche in tempo»), ma gli altri non sono rimasti comunque né a digiuno né a pane e acqua: ha provveduto il preside a farli mangiare come tutti gli altri. «A nessuno è stata negato il pasto, il caso è stato montato», dice il sindaco.
Poveri o furbi
Ma chi non paga è un povero o un furbo? Anche qui, la risposta non può essere una sola. C’è la signora – italiana – che manda i figli al maneggio ma non paga la mensa. E ci sono gli stranieri. In Comune abbiamo visto alcune loro denunce dei redditi (Isee): c’è un gruppo familiare di cinque persone che dichiara zero euro; un’altra di tre persone, 1.800 euro all’anno.
«E’ gente che lavora in nero, è chiaro che mentono, come potrebbero vivere così? Abbiamo fatto dei controlli: hanno automobile e telefonino, qualcuno manda i bambini alla squadra di calcio spendendo 230 euro a campionato». C’è uno che ha preso contributi dal Comune: 300 euro nel 2006; 720 nel 2007; 795 nel 2008; 440 (più altri 1500 dalla Regione) nel 2009: ma la mensa non la paga. Però non tutti sono furbastri. Damiano Galletti segue parecchie famiglie in difficoltà: ad Adro ci sono due-tre aziende in cassa integrazione.

Le tasse
Il sindaco dice che se non chiude il buco per la mensa, «esco dal patto di stabilità e devo aumentare le tasse per tutti». Ma Galletti ribatte: «Il bilancio? Storie. Proprio lui ha deciso di non utilizzare il bonus regionale di 50 mila euro per gli affitti perché riguardava anche gli stranieri, e ha istituito un bonus comunale della stessa cifra per gli affitti dei soli italiani. Non mi venga a dire che nei suoi conti il razzismo non c’entra».
La storia è complessa, dunque. Il sindaco ha anche le sue ragioni. Ma a noi resta una domanda sulle modalità dell’intervento: se ci sono genitori che fanno i furbi, perché farla pagare ai bambini? Non si può mandare un ufficiale giudiziario a pignorare la tv o l’automobile? Quella del pranzo a pane e acqua è una balla: però sette bambini, dopo Pasqua, non sono più andati a scuola per la vergogna. Adesso un imprenditore privato, Silvano Lancini (nessuna parentela con il sindaco), ha chiuso il buco con una donazione. E tutti mangiano. Ma per l’amministrazione pubblica è una sconfitta.


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