La Stampa: In Italia meno laureati del Cile
OCSE: E' la maglia nera dell'istruzione, insegnanti poco pagati. Si salvano le elementari
I sindacati hanno
annunciato
un fine settembre
di mobilitazione
[FIRMA]RAFFAELLO MASCI
ROMA
L’università è una fabbrica di disillusione e di abbandoni, i laureati sono pochi, meno che in Cile e Messico. Per le scuole superiori abbiamo sempre speso poco e negli ultimi anni ancora meno, tant’è che i risultati sono deludenti, soprattutto nelle discipline scientifiche. Solo la scuola elementare - «proprio quella contro cui si sta accanendo la Gelmini», sottolinea l’opposizione - rimane a difendere l’onore dell’Italia: non a caso è il segmento formativo in cui si investe di più.
Ieri è stata una giornata di battaglia campale per la scuola: il segretario generale della Cgil ha indetto per il 27 settembre una giornata di protesta contro tutta la manovra economica e contro i tagli all’istruzione in particolare, i sindacati della scuola hanno proclamato l’inizio delle ostilità e minacciato lo sciopero generale e i presidi hanno proclamato una astensione dal lavoro per il 31 ottobre. Sempre ieri il leader dell’opposizione, Walter Veltroni, ha annunciato una «campagna d’autunno» sulla scuola con una tre-giorni di mobilitazione, il 26, 27 e 29 settembre. E perfino Bossi, che aveva fatto pace con il ministro Gelmini sulla vicenda del maestro unico, ha ribadito che per lui «più maestri sarebbero meglio, ma costano troppo», come a dire che non è d’accordo ma deve abbozzare.
In questo giorno funesto per la pubblica Istruzione, da Parigi arriva l’analisi impietosa del nostro sistema formativo, realizzata dall’Ocse, l’organizzazione cui aderiscono i trenta paesi più sviluppati del pianeta. Il rapporto sulla scuola viene redatto annualmente. L’Ocse, però, produce ogni tre anni anche un’altra importante ricerca sulla scuola, denominata Pisa (Programme for International Student Assessment) che rileva i livelli di apprendimento dei quindicenni in tutti i paesi dell’organizzazione. L’ultima «Pisa» è dello scorso anno, e anche in quella occasione il nostro paese uscì malissimo.
I dati di ieri sono un’ennesima tirata d’orecchi da parte di tutti i nostri più importanti partners economici e politici. Che cosa ne viene fuori? Intanto l’Italia per la scuola spende poco, rispetto ad altri paesi: il 4,7% del Pil contro il 5,8% della media dei paesi sviluppati. Ma soprattutto spende male: il 97% del budget per il personale e solo il 3% per la didattica. E anche quando si parla di personale, l’Italia paga - secondo l’Ocse - troppi insegnanti ma troppo poco: è vero che nella graduatoria degli stipendi i nostri prof sono in sesta posizione, ma le loro retribuzioni sono cresciute di un terzo in meno rispetto a quelle dei loro colleghi ocse (11% contro 15%). Senza dire che, mentre gli altri paesi, negli ultimi anni, hanno fortemente investito sulla conoscenza, con un incremento medio (1995-2005) del 41%, l’Italia si è fermata al 12%.
Più spesa non equivale automaticamente a più qualità, ma fa comunque riflettere che l’unico segmento formativo in cui l’Italia eccelle è proprio quello in cui spende di più: la scuola elementare. Noi investiamo 6.835 dollari l’anno su ciascun bambino, mentre gli altri si fermano a 6.252. I nostri ragazzi delle superiori sono una frana in scienze e italiano, ma è anche vero che per ciascuno di loro spendiamo 7.648 dollari l’anno contro una media di 7.804. Quanto agli universitari, è ancora peggio: gli altri spendono 11.512 dollari, noi siamo fermi a 8.026.
Non meraviglia, in questo contesto, che abbiamo un’università con un tasso di abbandoni che è il più alto del mondo (45%), anche se la situazione è molto migliorata con l’introduzione delle lauree brevi. E comunque abbiamo una massa di laureati rispetto alla popolazione giovane (25-34 anni) che è del 19% contro la media Ocse del 33% e che ci colloca sotto il Cile.
E se mai servisse un riscontro alla cattiva immagine delle nostre università, l’Ocse ce ne fornisce uno: gli studenti che decidono di andare all’estero per perfezionare i loro studi, scelgono tante destinazioni tra i paesi ricchi, ma non l’Italia.