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La Stampa: Il bastone tramonta, è tempo di carota

Brunetta sfila 200 milioni dal contratto degli statali: Andranno ai migliori

20/08/2008
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La Stampa

FERRUCCIO SANSA
TORINO
Una pagella ogni anno. E chi non prende almeno sette può dire addio all’incentivo. Non siamo in un liceo, ma al comune di Genova. Qui, come in altre grandi città, dopo una trattativa tra amministrazione e sindacati il sistema dei premi ai più bravi è diventato realtà. «Chi si impegna può intascare fino a 3.200 euro lordi l’anno», spiega il segretario generale Maria Angela Danzì. Non un tesoro, forse, ma l’equivalente di una quattordicesima. Certo, poi bisognerà vedere che cosa accade all’atto pratico. Le prime valutazioni sono attese per settembre e c’è chi teme una soluzione all’italiana: bei voti e premi per tutti.Una cosa, però, è sicura: ci saranno valutazioni ogni dodici mesi. Con voti e materie, proprio come a scuola. I dipendenti delle fasce più basse dovranno rispondere a voci come puntualità, assiduità, collaborazione. I dirigenti saranno valutati anche per i rapporti con i sottoposti.
In principio c’era stata la primavera del bastone, con il ministro Renato Brunetta che ha ingaggiato una lotta ai fannulloni. Ma in fondo il fenomeno è stato planetario, seppur diverso a ogni latitudine. Così nel Sud della Cina, nello Shenzhen, un’azienda ha vietato ai dipendenti fannulloni di parlare per non sottrarre tempo al lavoro. I trasgressori devono lavorare tre giorni con una mascherina sulla faccia. Silenzio. Ma la stagione del bastone doveva alternarsi con quella della carota. Lo ha spiegato ieri Brunetta, sempre lui, che ha “sfilato” 200 milioni dal contratto degli statali proprio per premiare i lavoratori volenterosi: «Si parte a settembre. Valorizzeremo il merito. Sul sito internet del ministero renderemo note le eccellenze nella pubblica amministrazione. Premierò i meritevoli: non solo con la medaglietta, ma con i soldi e la carriera».
Non è soltanto una questione di denaro, però. In un periodo di vacche magre ci si può accontentare di una menzione: una volta c’era il tabellone all’ingresso della fabbrica, oggi si può ambire a una citazione su internet.
Premi per i bravi, dunque. Ma superato il primo ostacolo, ecco gli altri: chi deve selezionare i dipendenti meritevoli? E soprattutto... come? «La selezione spetta ai dirigenti, lo dice anche la legge. La politica non c’entra», è categorico Renato Ruffini, docente di Economia delle amministrazioni pubbliche all’università di Castellanza. Ma per dare i voti bisogna affidarsi al metodo Mike Bongiorno: risposta esatta raddoppi lo stipendio? «No, si devono porre “obiettivi” precisi e valutare il loro raggiungimento. E soprattutto ci vuole coraggio da parte dei dirigenti che devono affrontare il dissenso». Una cosa, sostiene Ruffini, è sicura: «Le valutazioni aumentano la quantità e la qualità del lavoro». Tutto semplice? No. «Nelle amministrazioni locali - racconta Ruffini - il principio ormai sta passando, mentre nei ministeri siamo a zero». E poi ci sono i costi psicologici: «I dirigenti accettano meglio le valutazioni. I dipendenti comuni meno, in un ambiente dove è sempre passato il principio della progressione automatica è difficile d’un tratto vedersi giudicati», conclude Ruffini.
Per un premiato felice c’è sempre un escluso che protesta. Alla fine si sconfina nella psicologia: «Ci sono lavoratori che soffrono perché si sentono traditi dal datore di lavoro», racconta Guido Sarchielli, docente di Psicologia del lavoro all’università di Bologna. Un riconoscimento mancato può far stare male: «C’è gente che perde il sonno o mette in pratica una vera e propria “ritirata”. Comincia ad arrivare al lavoro in ritardo, ad assentarsi», spiega Sarchielli. È la storia di Guido G., 54 anni, impiegato in un comune della Toscana: ogni mattina, per venticinque anni, si era presentato in orario al lavoro. Spaccava il secondo. Poi arrivano i premi e lui ne è escluso. E da quel giorno parte la sua protesta silenziosa: cinque minuti di ritardo ogni mattina. Inesorabile.
«Chi lavora, soprattutto nelle grandi società e negli enti pubblici, ha bisogno di sapere che non è dimenticato. Che il suo impegno è valutato adeguatamente», sottolinea Igor Graziato, psicologo del lavoro. C’è il contratto giuridico, scritto sulla carta, e quello che gli specialisti chiamano il “contratto psicologico” che è scambio di aspettative. Di bonus, anche. Ma non è soltanto questione di soldi. A volte per affrontare dieci ore di ufficio al giorno basta un segno.


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