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La STampa: Gelmini s’arrende. Maturità anche con insufficienze

Resta la norma più severa sulla valutazione della condotta dei ragazzi. “Ora basterà la media del sei”. Tornano i voti esposti in bacheca

08/04/2009
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La Stampa

MARIA TERESA MARTINENGO
La riforma affrettata avrebbe costretto i docenti ad «aiutare» gli studenti

TORINO La temuta «regola del 5», cioè la non ammissione alla maturità per una sola insufficienza, quest’anno non sarà applicata. L’ordinanza relativa all’esame di Stato emanata ieri dal ministero stabilisce, in attesa che il regolamento sulla valutazione degli studenti venga perfezionato, che restino in vigore le norme introdotte dal governo precedente: per presentarsi alla commissione sarà necessario aver ottenuto agli scrutini finali la media del 6. La disposizione dell’ex ministro Fioroni, che dunque sarà applicata per la prima volta, va comunque nella direzione della severità, ma non escluderà chi è arrivato alla fine del percorso zoppicando in qualche disciplina.Nell’ordinanza è anche specificato che non potranno sostenere le prove gli studenti che avranno a fine anno 5 in condotta. L’altra novità contenuta nel provvedimento riguarda il ripristino della pubblicazione del punteggio finale all’albo dell’istituto: nel 2008 era stata abolita, a tutela della privacy, con un lungo strascico di polemiche, sollevate dalle famiglie, per la mancanza di trasparenza nei risultati.Contro l’insufficienza che avrebbe fatto ripetere il quinto anno, secondo le stime, a 110-120 mila studenti (tenendo col fiato sospeso tutti i 300 mila che hanno avuto almeno un 5 nel primo quadrimestre), nelle scorse settimane si erano espresse le associazioni degli studenti, ma anche i presidi, i sindacati ed esponenti politici di maggioranza, come Giovanardi, e di opposizione: concordi nel condannare l’introduzione delle regole in corso d’opera, per di più, a così breve distanza dalla fine dell’anno scolastico (l’emanazione del regolamento sulla valutazione da parte del consiglio dei ministri è avvenuta il 13 marzo scorso). E concordi anche nel prevedere una raffica infinita di ricorsi da parte dell’esercito di probabili non ammessi alle prove.Numerose le obiezioni sollevate dai presidi, come quella che sottolineava come solo due anni fa all’esame erano ancora ammessi tutti gli studenti, a prescindere dai voti ottenuti. O che solo dall’anno scorso è necessario saldare i debiti a settembre. Per finire, la «regola del 5» avrebbe costretto i consigli di classe a «barare», alzando i voti finali e presentando i candidati ai commissari esterni in modo non realistico, per evitare una vera e propria strage di studenti con colpe lievi. Un comportamento giudicato assai poco educativo, ma al quale le scuole avrebbero inevitabilmente aderito, inventando «bonus» di punti da «giocare» per ogni studente in sede di scrutini: un bonus che avrebbe alzato i voti in modo omogeneo, senza creare disparità di valutazione tra bravi e meno bravi.A rischiare la mancata ammissione all’esame, secondo i presidi, sarebbe stato il 70-80% degli studenti degli istituti tecnici e professionali (soprattutto nelle materie non professionalizzanti, come italiano o storia), il 40-50% nei licei scientifici e il 25-30% nei licei classici. Una prospettiva poco incoraggiante anche per gli obiettivi di risparmio del governo, che avrebbe dovuto prevedere in settembre una sorta di «sesto anno» per i non ammessi


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