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La Stampa: Francia, prof ammutinati contro la violenza a scuola

Botte, minacce, un morto. I docenti si ribellano e bloccano tutto

15/02/2010
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La Stampa

Ormai sono gli ammutinati, indomabili, di Vitry-sur-Seine: bandiere di una categoria, quella degli insegnanti, in crisi di identità, di fiducia in se stessi e raccapricciati dal tradimento dello Stato. I più arrabbiati tra i tanti arrabbiati in questa Francia sarkosista. Il Presidente aveva loro promesso una scuola di rispettosi, di ubbidienti che si alzavano all’ingresso dei «prof». Oggi cercano di uscire con i panni sani dai loro istituti; la novità dei tempi sono l’indifferenza quando va bene, gli insulti, spesso le aggressioni e le botte. All’ombra di compassate pedagogie imperversano allievi alla soglia del crimine. Per attirare i prof, e sono in maggioranza giovani al primo incarico, e indurli a partire per queste pericolose brighe scolastiche, propongono loro «indennità»: come si faceva una volta per reclutare nelle colonie, a battersi con i selvaggi.

La loro storia è iniziata il 2 febbraio nell’istituto «Adolphe Chérioux», 1550 allievi, indirizzo generale e professionale. Sette giovani entrano e feriscono a coltellate un allievo di 14 anni. Non è un gesto sacrilego ma ordinaria quotidianità nelle scuole difficili. Neppure la più grave. L’8 gennaio uno studente è stato ucciso da un compagno di classe a Kremlin-Bicêtre; il 19 a Tremblay en Seine Saint-Denis hanno dato fuoco alla sala professori; il 29 a Souillac un professore è stato picchiato. E sono solo le statistiche degli ultimi mesi. Il distretto scolastico di Créteil, che raggruppa tre dipartimenti delle banlieues parigine, è uno dei più grandi, con 850 mila allievi: e uno dei più pericolosi.

Ma questa volta i professori di Vitry, invece di sopportare in silenzio, hanno deciso di passare all’azione. Invocando il «diritto di sospensione» che tutela i lavoratori in caso di fatti gravi, hanno sospeso i corsi. Indifferenti alle lusinghe e alle minacce del ministro dell’Istruzione che li considera ormai scioperanti e quindi trattiene loro lo stipendio. Niente da fare: non insegneranno fino quando nella scuola non saranno assicurate condizioni minime di sicurezza. Vogliono undici posti supplementari di bidelli e un piano nazionale antiviolenza. Il ministro, cui hanno chiesto un dibattito in televisione senza ricevere risposta, vuole cavarsela con tre posti ma affidati a personale non qualificato e con contratti a termine. «No grazie», hanno risposto i battaglieri insegnanti di Vitry.

Non sono rimasti soli: una quarantina di altri istituti sono scesi in sciopero. La lista delle «doléances» si allunga: la riduzione dei posti, il sistema di «pagelle» che li rende a loro volta degli scolaretti, l’ossessione ministeriale di risparmiare, i nuovi programmi. Diecimila insegnanti hanno già firmato un sovversivo manifesto di «resistenza pedagogica», altri sono passati al boicottaggio, come i professori di scienze economiche e sociali che rifiutano di applicare programmi dove è soppresso lo studio della disoccupazione, sostituito con quello della redditività.

La violenza, che dalle cités è ormai straripata nelle scuole, resta il tema più grave. Le misure proposte dal governo, come le porte di sicurezza tipo aeroporto e la polizia scolastica, sono giudicate «gadget» inutili. Invocano più insegnanti, più mediatori e psicologi, classi meno numerose. Il racconto di due insegnanti di Vitry al «Journal du dimanche» spiega questo travagliato diporto accademico. Ecco le giornate tipo di Christine Lichtenauer e Laurent Maria: «Passate in corridoio, e vi lanciano insulti e gesti di minaccia. State spiegando, spalancano la porta, succede tre volte, quattro volte al giorno, un ragazzo mette la testa dentro, parla con qualcuno, senza badarvi. Ormai molti di noi si chiudono dentro a chiave. Dobbiamo fare i poliziotti, perché nei corridoi si urla, ci si scontra, ci si batte, le porte delle classi vengono prese a calci. Bisogna correre a salvare colleghi ma non dovremmo uscire dall’aula. Allora per sapere che succede si manda un allievo a vedere, ma per evitargli guai lo si fa passare dalle scale di soccorso. Ti insultano: che puoi fare? Mandarli fuori? Non ci sono abbastanza bidelli. Gli espulsi escono e se ne vanno per i fatti loro».

Una insegnante, Véronique Bozou, nel libro «Ces Profs qu’on assassine», ha raggruppato un catalogo impressionante delle angherie di cui i professori sono vittime: «Il guaio è che gli insulti sono ormai diventati così normali che nessuno ci fa caso». C’è da sorprendersi se il 67% degli insegnanti annunciano di essersi svogliati e il 27% pensano seriamente a dimettersi


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