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La Stampa: Fin da piccoli il sapere rende bene

La stanca litania per cui la chiave dello sviluppo sta in «più autostrade, porti e aeroporti» è sempre meno fondata, in un paese con troppi porti e aeroporti di dimensioni inadeguate, e troppo trasporto su gomma. Meglio puntare su istruzione e sull’altro investimento pubblico ovvio e necessario: la legalità

09/08/2009
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La Stampa

Giovanna Zincone
La conoscenza rende. Le persone che hanno imparato di più, attraverso un’istruzione efficiente, guadagnano di più. Ce lo ha ricordato recentemente James Heckman in una bella lezione per gli allievi del Collegio Carlo Alberto di Moncalieri. Il capitale di conoscenza non solo giova agli individui che lo possiedono, ma quando si diffonde a livello collettivo produce benessere per tutti. Al contrario, nelle società povere di conoscenza, i singoli individui competenti e capaci anche al massimo grado non possono mettere a frutto il loro prezioso tesoretto cognitivo, e spesso sono costretti ad emigrare se non vogliono sprecarlo. Insomma, la conoscenza produce sviluppo, ma non bastano singoli punti di eccellenza, serve un tessuto, una «buona media».
Finché l’India ha avuto singoli eminenti scienziati non ce l’ha fatta a sviluppare industrie informatiche; le sono stati necessari centinaia di migliaia di tecnici di media qualificazione. Per produrre crescita economica serve una massa critica di buona conoscenza diffusa. E qui veniamo alla mai abbastanza discussa questione meridionale. Poniamo pure (anche se qualche dubbio è lecito) che i numerosi 100 e 100 e lode calabresi siano altrettanto validi - cioè assegnati a parità di criteri - degli sparuti corrispondenti padani; resta il fatto che le capacità medie riscontrate attraverso sistemi di valutazione davvero omogenei, e quindi comparabili, tra paesi sviluppati, rilevano un’Italia mediamente più incompetente, ma non in modo omogeneo. In certe capacità vuoi di lettura vuoi scientifiche, il Nord, in specie il Nord Est, se la cava bene, anche meglio della media europea. Il Nord Est è sopra media pure in matematica. C’è quindi, ed è stato detto e stradetto, un problema di squilibrio di capitale umano tra Nord e Sud. Come spezzare questa eredità negativa? Di nuovo ci vengono suggerimenti interessanti dalle ricerche economiche sull’istruzione, in questo caso sul rendimento degli investimenti nel sistema educativo. È nei primi anni di vita che i bambini acquisiscono i fondamenti del sistema logico e linguistico. Se in quel periodo i piccoli vivono in famiglie povere di conoscenza il loro sviluppo sarà compromesso. I recuperi sono inefficienti, costosi per gli individui e per le finanze pubbliche che sostengono i sistemi educativi in quei salvataggi tardivi.
Dunque è importante investire in nidi e materne di qualità. Così si offrono punti di partenza meno sfavorevoli ai figli delle famiglie svantaggiate e si mettono le basi per accumulare un buon capitale umano diffuso in futuro. Ma questa strategia produce ricchezza anche nell’immediato: perché crea posti di lavoro soprattutto femminile, perché libera tempo di lavoro delle donne per il mercato, e quindi potenzialmente consegna loro reddito da spendere. Di nuovo è il Sud che ha tassi di attività femminile, specialmente tra le giovani donne, incredibilmente bassi, rispetto agli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo di Lisbona. Ed è ancora il Sud che manca in modo plateale un altro obiettivo di Lisbona, dove i governi dell’UE si erano impegnati a favorire l’occupazione femminile attraverso il rafforzamento dei servizi per l’infanzia entro il 2010. In Italia, c’è solo un capoluogo di Regione che supera l’obiettivo, Bologna, e l’Emilia Romagna è la Regione che più si avvicina al traguardo. Al Sud la diffusione di questi servizi è drammaticamente carente. L’obiettivo previsto è del 33% dell’utenza potenziale: in Puglia si arriva all’1%, in Calabria e in Campania al 2%.
Come noto, i contribuenti delle regioni del Nord a statuto ordinario versano una parte non piccola dei loro redditi a favore del Sud. Questa necessaria solidarietà ha bisogno di ragioni forti, di scopi convincenti. Una massiccia iniezione di istruzione di qualità che dia pari opportunità ai bambini meridionali e getti radici solide per lo sviluppo ha forse più probabilità di attrarre consensi nordisti di quanto possano farlo alcune spettrali grandi opere. La stanca litania per cui la chiave dello sviluppo sta in «più autostrade, porti e aeroporti» è sempre meno fondata, in un paese con troppi porti e aeroporti di dimensioni inadeguate, e troppo trasporto su gomma. Meglio puntare su istruzione e sull’altro investimento pubblico ovvio e necessario: la legalità. Sono molte e apprezzabili le iniziative che si stanno attuando nelle scuole del Sud per promuovere una cultura della legalità tra i ragazzi. Le ricerche empiriche sul rendimento dell’istruzione ci dicono che si tratta di iniziative importanti, perché non solo le competenze cognitive, ma anche altre capacità determinano sia il successo degli individui, sia quello delle società che ne sono ricche.
Le basi delle capacità non cognitive, ma di relazione, si possono costruire anche dopo la prima infanzia. Però iniziare presto ad acquisire anche queste capacità non guasta. Penso ad esempio alla difficoltà che ancora presentano molti adulti, per altri versi brillanti e istruiti, ad adattarsi all’Italia di oggi, che accoglie quasi 4 milioni di immigrati. Ci sono scuole con alta presenza di bambini immigrati che sfornano allievi bravi e capaci, eppure molti genitori italiani tolgono di lì i loro figli. È un peccato, perché quei bambini saranno meno in grado di convivere con la diversità, una dote utile nell’Italia di oggi, necessaria nella loro Italia di domani. Non tutti i genitori fortunatamente sono incapaci di guardare lontano. Le richieste di iscrizione in alcune scuole multietniche sono in aumento: non solo perché crescono, e molto, gli allievi stranieri, ma perché questi istituti non dispiacciono a un buon numero di saggi genitori italiani.


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