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La Stampa-EPPUR SI DEVE MUOVERE

, DOPO LO STOP ALLA RIFORMA MORATTI EPPUR SI DEVE MUOVERE TROPPO facile fare dell'ironia sul flop del ministro Moratti. Piuttosto è disperante constatare come nel nostro paese tutti a paro...

14/01/2002
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La Stampa

, DOPO LO STOP ALLA RIFORMA MORATTI
EPPUR SI DEVE MUOVERE

TROPPO facile fare dell'ironia sul flop del ministro Moratti. Piuttosto è disperante constatare come nel nostro paese tutti a parole concordino sul fatto che occorre riformare la scuola, anche perché la sua efficacia, in termini di sviluppo delle capacità degli allievi, sembra ampiamente al di sotto della media dei paesi sviluppati; ma poi qualsiasi proposta, in qualsiasi direzione vada, trova resistenze fortissime in tutti i soggetti coinvolti - politici, insegnanti, studenti, genitori. Del resto, che cosa ci si può aspettare di diverso in un paese in cui (secondo l'indagine Istat sulla scuola commissionata dal ministero dell'Istruzione) la maggioranza sia degli insegnanti sia degli studenti dichiara che i rapporti umani sono l'aspetto di gran lunga più positivo dell'esperienza scolastica? Va detto che il modello di scuola disegnato dal ministro Moratti sembra poco adatto a superare questo scarto tra apprendimento e socializzazione; viceversa restituisce una immagine delle materie e dei percorsi di apprendimento molto rigida, a comparti incomunicanti. Accentua infatti la separazione, precoce, tra formazione professionale e formazione di base per l'università, riduce il raggio di materie non tecniche per chi frequenta gli istituti professionali, come se il piacere della lettura, la capacità di capire un'opera d'arte, di discutere di principi e valori dovessero essere appannaggio solo di chi proseguirà gli studi, elimina, assurdamente, la matematica dai licei classici, cristallizzando i più vieti stereotipi sulla distinzione tra cultura umanistica e cultura scientifica. Ma ci sono anche aspetti su cui varrebbe la pena di riflettere. Ad esempio, il mantenimento dei 5 anni di scuola elementare e 3 di medie corrisponde alla opinione prevalente di genitori e insegnanti intervistati nella ricerca citata (per quanto essi non sembrino in generale molto informati). Se una riforma della scuola deve ottenere il consenso non solo del Parlamento, ma del paese, forse questo è un dato di cui tenere conto. Anche la possibilità di transitare da un corso di studi a un altro mi sembra una indicazione positiva, su cui lavorare proprio per eliminare le rigide separazioni curriculari che segnalavo prima. E la proposta di permettere l'iscrizione alla prima elementare a chi non ha ancora compiuto sei anni, invece di far gridare allo scandalo, dovrebbe essere accolta con favore, se introduce maggiore attenzione per i tempi di maturazione dei bambini, non vincolandola all'anno di nascita. Oggi troviamo sugli stessi banchi bambini nati dal 1° gennaio al 31 dicembre dello stesso anno, non bambini nati a un giorno di distanza, ma in anni solari diversi. Rallegriamoci dunque se una riforma sbagliata ha subìto uno stop. Ma non della apparente impossibilità di riformare una istituzione così cruciale e il cui cattivo funzionamento miete vittime tra le giovani generazioni, in particolare quelle che non hanno una famiglia con risorse sufficienti per far comunque colmare le lacune più vistose. Il classismo si riproduce e rafforza non solo con i sostegni alla scuola privata e le separazioni curriculari, ma anche lasciando che la qualità della scuola sia affidata esclusivamente alla più o meno casuale presenza di un gruppo di docenti preparati e motivati in un determinato tempo e luogo.


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