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La Stampa: Epifani fischiato all’università di Roma

La protesta di un centinaio di esponenti dei collettivi antagonisti

07/11/2007
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La Stampa

RAFFAELLO MASCI
ROMA
Un segretario della Cgil contestato dagli studenti all’università di Roma, fa correre il pensiero a 30 anni fa, quando Luciano Lama subì da parte dei movimenti studenteschi una protesta talmente dura da lasciare il segno. Ieri Guglielmo Epifani ha incassato sì una forte contestazione, ma in nessun modo paragonabile a quella, sia per il differente contesto politico che per la portata oggettiva dell’episodio.
Siamo nell’università Roma Tre, quartiere San Paolo, tarda mattinata. La Flc-Cgil (quella che una volta si chiamava Cgil scuola, per intenderci) ha organizzato un convegno in corrispondenza con la campagna per le elezioni delle rappresentanze di base. Epifani, accompagnato dal segretario della Flc Enrico Panini, è l’ospite d’onore, accolto come si conviene dal rettore Guido Fabiani ma anche dai fischi di un gruppo di manifestanti. E’ previsto che chiuda i lavori della mattinata. La sede è l’«aula Parco».
L’assemblea è di una tranquillità bucolica, sia pur sotto un cielo plumbeo. Fin tanto che il cordone di sicurezza posto a tutela dell’edificio non deve affrontare un nucleo di dimostranti: 150 dicono le prime fonti, non più di 80 diranno poi dal sindacato. Il cronista sul posto ne conta 57. Pochi, in ogni caso, e comunque «delegazione dei collettivi della Sapienza e della facoltà di Scienze politiche di Roma Tre». C’è un inevitabile diverbio con le forze dell’ordine. I dimostranti parlano di «scontro» e fanno sapere che ci sarebbe un ferito. Al servizio d’ordine non risulta, ma tant’è. L’incontro è appena iniziato quando il gruppo è ammesso in aula dopo breve trattativa: «Destra e sinistra non fa differenza. Ci precarizzate l’esistenza» dice un cartello a cui fa difetto la metrica. «Sognavo di fare lo psicologo. Mi sono svegliato e faccio il precario», si legge su un altro. Si capisce subito che la contestazione è sull’accordo siglato dai sindacati (e quindi anche dalla Cgil) sul welfare nel luglio scorso che, secondo i dimostranti, non darebbe risposte esaustive al problema della precarietà. Una ragazza legge il comunicato: «Riteniamo paradossale - dice - che Guglielmo Epifani intervenga a un convegno dal tema lavorare bene nell'Università pubblica. Ma quale buon lavoro viene a proporci? Forse quello dei contratti da ricercatore da rinnovare ogni anno a discrezione del barone di riferimento. Oppure quello delle prestazioni lavorative gratuite obbligatorie in molti corsi di laurea?». L’episodio dura venti minuti, dopo di che gli studenti vengono scortati fuori dall’università, senza incidenti.
Il segretario della Cgil ha incassato la contestazione, un po’ sorpreso. A fine mattinata tiene il suo discorso conclusivo, a braccio. Si sofferma a lungo su tre emergenze che, a suo avviso, l’università sta vivendo: il nepotismo delle baronie e delle cordate, la cronica carenza di risorse, la scarsa attenzione al merito. Quindi, in chiusura, replica alla contestazione: «Nessuno - dice - pensi che la Cgil possa abbandonare anche solo per un secondo la sua battaglia contro la precarietà. La nostra battaglia continuerà con la forza e la determinazione necessaria». Enrico Panini rincara la dose: «La nostra piattaforma punta a rafforzare la professionalità e a combattere il precariato». Il ministro Fabio Mussi invia un messaggio di solidarietà al leader della Cgil, ma il presidente della Camera Fausto Bertinotti, informato dei fatti è tanto lapidario quanto caustico: «Mi dispiace...».


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