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La Stampa: Elementari. vizi e virtù

Sofia Toselli

27/09/2008
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La Stampa

Raccolgo l’esortazione di Luca Ricolfi (La Stampa di giovedì): «Anziché fare dello spirito sul grembiulino e del terrorismo sul tempo pieno» riflettiamo «senza preconcetti ideologici sui vizi e le virtù della nostra scuola elementare». Riparto dai dati che il professore cita per dimostrarne il cattivo funzionamento.

1. Delle tre indagini menzionate, Pisa non riguarda la scuola elementare. Sarebbe quindi opportuno non mischiare le carte se si vuole davvero avviare una discussione corretta.

2. Non è vero che i risultati in quarta elementare danno esiti opposti a seconda delle materie e che il rendimento dei ragazzi precipita in matematica e scienze. In Pirls la media italiana è pari a 551, quella internazionale di 500. In Timss 2003 gli italiani sono sopra la media internazionale in scienze (media italiana = 516; media internazionale = 489) e un po’ sopra la media internazionale in matematica (media italiana = 503, media internazionale 495). I dati Timss 2007 saranno resi noti in dicembre. Per l’Italia non è ancora possibile una comparazione nel tempo perché nel ‘95 abbiamo partecipato, ma non abbiamo raggiunto i livelli minimi di risposta richiesti. Il problema vero per quanto riguarda Timss è quello dei Paesi che hanno partecipato all’indagine, meno numerosi di quelli che partecipano a Pisa e con una diversa distribuzione nei continenti. Non è corretto ragionare solo sulle medie. Tra l’altro i Paesi che in Timss partecipano alla rilevazione sul quarto anno di scuola sono meno numerosi di quelli che partecipano alla rilevazione sull’ottavo anno. I Paesi partecipanti a Pirls sono molto più numerosi di quelli che hanno partecipato a Timss e ci sono più Paesi europei. Quindi il dato Pirls è ancora più significativo. Anche perché l’età media degli scolari italiani di quarta è più bassa della media internazionale e dei Paesi che hanno conseguito risultati mediamente migliori dei nostri. Per di più, c’è un miglioramento da Pirls 2001 a Pirls 2006 per quanto riguarda l’Italia. Il miglioramento riguarda tutte le macroaree geografiche, ad eccezione del Nord Ovest.

3. Per la scuola primaria i dati (il riferimento è solo a Pirls) dimostrano le stesse differenze tra aree geografiche che sono messe in evidenza dalle altre indagini internazionali. C’è da chiedersi perciò quali siano i parametri di riferimento in base ai quali Ricolfi fa le sue affermazioni. Non ci risulta infatti che siano stati individuati standard o soglie di accettabilità per le rilevazioni nazionali. Semmai anche in questo caso si può ragionare sulle differenze interne al nostro sistema scolastico.

I dati non vanno «tirati» dove si vuole. Ammesso pure che segnalino un insuccesso, il problema non dovrebbe essere quello di dimostrare a tutti i costi l’opportunità del cambiamento (che si vuol fare in tutta fretta, senza alcuna verifica e alcun confronto), ma quello di ragionare sui motivi dell’insuccesso scolastico; recuperando un ritardo di elaborazione e di ricerca sui fattori che influenzano, negativamente e positivamente, il processo di insegnamento/apprendimento (modelli culturali e sociali del Paese compresi). Il problema è capire quale formazione, quali contenuti, quali pratiche d’insegnamento siano più efficaci per conseguire migliori risultati. Ma occorrerebbe investire ingenti risorse economiche e umane, avendo chiaro un progetto di scuola, coerente con l’idea di sviluppo economico, sociale e democratico per questo Paese.

*presidente nazionale del Cidi

(Centro di iniziativa democratica degli insegnanti)

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