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La Stampa: Dal governo che ha appena giurato il segretario della Cgil Guglielmo Epifani si aspetta molto

Scuola, sanità, politiche sociali non si possono toccare. Mettiamola così: in Germania la Merkel ha aumentato l’aliquota massima per i redditi più ricchi. Io farei come la Merkel».

18/05/2006
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La Stampa

ROMA
Dal governo che ha appena giurato il segretario della Cgil Guglielmo Epifani si aspetta molto: «Abbiamo investito sul cambiamento e su un nuovo Progetto per il Paese. E’ la nostra scommessa politica, l’abbiamo fatta al congresso di due mesi fa».
Pensate di vincerla questa scommessa?
«Le elezioni ci hanno sicuramente consegnato il cambiamento auspicato, un nuovo governo, i Presidenti della Repubblica e del Parlamento, Prodi premier. Ma il risultato elettorale contemporaneamente non garantisce una maggioranza così ampia e forte, in grado di dare un forte impulso a un progetto alto, un progetto di ridefinizione generale dell’Italia. E’ una questione cruciale con cui fare i conti e che implica da parte del governo molta decisione nell’attuazione del Programma».
Il suo giudizio sulla squadra è positivo?
«Certamente è una squadra solida ma con poche novità. E soprattutto molto segnata dal peso dei partiti, che hanno francamente un po’ esagerato. Diciamo che è una squadra senza grandi sorprese».
Anche tutto questo cencellismo non è una sorpresa?
«Purtroppo no, è sempre avvenuto così. Problemi di equilibrio ci sono ovunque, in qualsiasi organizzazione, dalla Cgil alla Confindustria fino al governo. Tuttavia ci voleva almeno maggior celerità. Ci si poteva preparare prima, arrivare all’appuntamento con gli assetti già pronti. Ma con nove partiti capisco che non sia facile, e anche questo rischia di essere un problema per la vita del governo. Così come un problema potrebbe essere l’eccessivo smembramento di alcuni ministeri».
Lei parlava di novità che mancano nella squadra, al posto di Prodi cosa avrebbe fatto?
«Avrei utilizzato anche la classe dirigente che in questi anni si è formata nelle regioni, nei comuni, nelle organizzazioni sociali. Una sorta di trasfusione di queste esperienze al governo. Invece mi sembra abbia prevalso la logica dei partiti, tranne un paio di eccezioni: Nicolais alla Funzione pubblica e Damiano al Lavoro, un ministro che viene dal sindacato rappresenta un valore».
Qual è la cosa principale che la Cgil si aspetta dal discorso programmatico che oggi Prodi farà in Senato?
«Che si cambi metodo con le parti sociali. Berlusconi non ci ha mai creduto in questo rapporto, mi aspetto che Prodi non solo ci creda ma lo dica esplicitamente».
In concreto cosa significherebbe?
«Per esempio una Commissione fatta da governo e parti sociali incaricata di riscrivere la legislazione sul lavoro».
Azzerando tutto, a cominciare dalla legge Biagi?
«Non basta cancellare, bisogna ricostruire, rimodulare. Insomma creare finalmente una politica organica sul lavoro. Naturalmente senza dimenticare le altre emergenze: il mezzogiorno, i trasporti, la scuola, gli anziani, i pensionati. E l’energia: che deve tornare a essere una questione strategica nazionale».
Ma nel frattempo sulla legge Biagi cosa si fa visto che nell’Unione ci sono diverse correnti di pensiero? Chi la vuole abrogare, chi modificare, chi emendare, chi lasciarla così com’è.
«Intanto dico che la lotta al precariato deve essere il segno distintivo della legislatura, l’altra faccia dello sviluppo. Sulla legge 30 poi parla il Programma dell’Unione che dice cose molto precise: abolizione di alcune tipologie di lavoratori previste da questa legge, quindi riduzione dei lavoratori precari rimettendo al centro il contratto a tempo indeterminato ed equiparando i costi dei lavoratori, aumentando quello del lavoro flessibile così da renderlo meno conveniente per le imprese».
E il cuneo fiscale, Prodi riuscirà a mantenere la promessa?
«Spero di sì. Poi bisognerà vedere se ridurlo a tutte le imprese allo stesso modo oppure privilegiare quelle che esportano: io sarei per la seconda ipotesi visti anche i segni di ripresa che arrivano. Così come bisognerà ripartire le risorse con giustizia, privilegiando i salari più bassi e di nuovo quelli dei lavoratori precari. Ormai nel Paese è aperta una questione salariale alla quale bisogna rispondere, il governo deve saper rispondere».
E le risorse per far tutto questo dove le deve cercare Prodi?
«Qualcosa si può ancora risparmiare razionalizzando la spesa pubblica ma certo non molto. Scuola, sanità, politiche sociali non si possono toccare. Mettiamola così: in Germania la Merkel ha aumentato l’aliquota massima per i redditi più ricchi. Io farei come la Merkel.


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