La Stampa-COME NASCE UN PROF
UN PUNTO CENTRALE DELLA RIFORMA MORATTI COME NASCE UN PROF Giorgio Chiosso NONOSTANTE qualche inevitabile difficoltà e molte diffidenze sindacali la riforma Moratti procede nel suo iter...
UN PUNTO CENTRALE DELLA RIFORMA MORATTI
COME NASCE UN PROF
Giorgio Chiosso
NONOSTANTE qualche inevitabile difficoltà e molte diffidenze sindacali la riforma Moratti procede nel suo iter. In questi giorni, in particolare, vengono prese alcune decisioni di significato strategico intorno alla formazione iniziale dei futuri insegnanti. Un gruppo di esperti sta infatti completando la stesura del decreto legislativo che dà attuazione all'art. 5 della legge che modifica gli attuali percorsi per accedere all'insegnamento (il Corso di laurea in Scienze della Formazione primaria per quanto riguarda i docenti della scuola dell'infanzia e primaria e i Corsi biennali di specializzazione della Sis per gli aspiranti professori degli istituti secondari). In futuro l'accesso ai ruoli per tutti i docenti (primari e secondari) avrà luogo mediante il possesso di una laurea specialistica (quinquennale) a numero programmato e con valore abilitante coerente con le discipline d'insegnamento, cui farà seguito un periodo (retribuito) di formazione in servizio al termine del quale, previo giudizio positivo, il giovane insegnante sarà assunto in via definitiva. Sono previste norme di tutela per quanti già ora sono inclusi in graduatoria, che potranno ambire al "posto in ruolo" secondo le regole oggi in vigore.
Fin qui i dati relativi all'ingegneria didattica e alle questioni sindacali connesse alle scelte in corso, queste ultime meritevoli della massima attenzione per i numerosi risvolti anche sociali. Ma questo passaggio politico rappresenta soprattutto una grande opportunità per disporre in futuro di insegnanti colti e capaci. Non c'è riforma al mondo che possa prescindere da questo elementare dato. Negli ultimi decenni l'Italia in questo campo non è stata virtuosa. E' mancato qualsiasi controllo in ingresso e in servizio della "qualità" docente, dietro la pressione sindacale di rapide e generalizzate immissioni in ruolo senza concorso e la resistenza opposta dalla categoria a qualsiasi forma, anche blanda, di verifica dei risultati raggiunti. Ne sa qualcosa l'ex ministro Berlinguer che tentò, invano, di premiare i migliori, pagando a caro prezzo quel meritorio tentativo, peraltro fallito.
Nella scuola attuale, ormai frequentata fino al 16°-17° anno da quasi il 90% degli interessati, è difficilmente proponibile il docente d'altri tempi, tutto assorto negli studi e nell'approfondimento della propria disciplina. Agli insegnanti oggi vengono richieste anche altre competenze professionali come quelle relazionali, comunicative, organizzative, progettuali. Questo per far fronte a scolaresche che si presentano con caratteristiche molto più variegate rispetto anche ad un passato non lontano. La diffusa presenza di alunni problematici (in difficoltà familiari, poveri sul piano economico, sperduti di fronte al mondo dei media), di studenti portatori di handicap e di alunni stranieri - per fare solo qualche esempio - rende assai complesso e difficile l'esercizio della docenza.
E' del tutto comprensibile che chi sta per decidere sulle modalità e sui contenuti della formazione iniziale dei futuri docenti sia preoccupato di trovare un punto di mediazione tra l'esigenza di garantire una preparazione culturale di alto profilo e assicurare, in ogni caso, la padronanza di quelle abilità professionali che appaiono oggi un requisito essenziale per agire con efficacia in qualsiasi tipo di scuola. Per varie ragioni il modello delle Sis non è più praticabile, ma in ogni caso l'esperienza accumulata in questi anni merita la massima considerazione.
Se non si persegue, al tempo stesso, la via di una docenza professionalmente "sapiente" e "competente" si aprono due gravi rischi. Da una parte l'illusione, peraltro assai radicata in molti ambienti, che basta sapere per saper insegnare. L'esperienza dice che non è così. Dall'altra la presunzione di una parte della pedagogia italiana secondo cui la professione docente si identifica soprattutto con la padronanza delle tecnologie didattiche. Equivoco specularmente opposto, ma non meno dannoso.
Università di Torino, Scienze della formazione