La Stampa-A scuola a cinque anni e mezzo E' scontro sulla sperimentazione
OPPOSIZIONE CONTRO LA MORATTI: "COSI' SI LEDE LA VOLONTA' DEL PARLAMENTO" A scuola a cinque anni e mezzo E' scontro sulla sperimentazione ROMA La scuola sta andando incontro ad un a...
OPPOSIZIONE CONTRO LA MORATTI: "COSI' SI LEDE LA VOLONTA' DEL PARLAMENTO"
A scuola a cinque anni e mezzo E' scontro sulla sperimentazione
ROMA
La scuola sta andando incontro ad un agosto di fuoco, se non altro per le polemiche che ha generato la decisione del ministro Moratti di introdurre in via sperimentale e per decreto alcuni contenuti della riforma ancora in discussione in Parlamento. Il maestro "prevalente", l'inglese fin dalla prima elementare e soprattutto l'anticipo delle iscrizioni a due anni e mezzo per la materna e a cinque e mezzo per le elementari, verrebbero così immesse da subito in quelle scuole che volessero accettare la sperimentazione suggerita dalla Moratti. Inutile dire che l'opposizione più che protestare è insorta contro un provvedimento giudicato "lesivo della volontà del parlamento" (Albertina Soliani, Margherita), addirittura "incostituzionale" (Nicola Mancino) e "senza copertura finanziaria" (Fiorello Cortiana, Chiara Acciarini, Giampaolo D'Andrea). Il ministro Moratti ha sperato fino all'ultimo che la Riforma potesse passare prima dell'estate, in quanto intendeva comunque vararla, sia pur gradualmente, dal prossimo anno scolastico. Il timore è sempre quello dell'"effetto Berlinguer", cioè di una riforma che non si fa in tempo a mettere a regime entro la legislatura col rischio di vederla poi naufragare nella legislatura successiva. Quindi ha spinto molto per una rapida approvazione: ha affidato la riforma ad una legge delega, ma senza successo, perché la delega in questione non è stata approvata neppure dalla Commissione cultura del Senato cui era affidata (si è giunti a discutere tre articoli su undici). Da qui la via estrema di farla approdare comunque nella scuola ricorrendo allo strumento della "sperimentazione", previsto dall'articolo 11 del dpr 275 del `99. Per quanto riguarda la scuola superiore e il relativo duplice canale istruzione-formazione, si è provveduto tramite "protocolli di sperimentazione" con alcune regioni (sei in tutto), mentre per la scuola d'infanzia e per le elementari il ministro si appresta a varare - per l'appunto - due decreti. A essere interessati sarebbero almeno 86 mila bambini: alcuni potrebbero essere ridistribuiti nelle classi esistenti, per altri bisognerà creare nuove classi (almeno 1700) con l'assunzione contestuale di 2550 insegnanti. Insomma sarebbe una spesa vera qualora l'adesione alla sperimentazione fosse massiccia, e per la quale invece non ci sono i soldi. Quindi il ministro - secondo l'opposizione che ieri ha indetto una conferenza stampa in Senato - non solo avrebbe aggirato la volontà del parlamento istituendo per decreto quanto ancora non è stato neppure discusso, ma addirittura intenderebbe emanare una norma senza adeguata copertura finanziaria. "Il Parlamento è stato raggirato - lamenta la diessina Chiara Acciarini (al cui parere si è associata a distanza anche Titti De Simone, del Prc) - introducendo la riforma attraverso la formula surrettizia della sperimentazione e, per giunta spacciando presso il Cnpi come volontà parlamentare un ordine del giorno neppure discusso ma solo presentato. Senza dire che una sperimentazione non si improvvisa. Ci sono processi decisionali che hanno bisogno di tempi adeguati, almeno un anno, altro che venti giorni!". C'è poi la questione della spesa: "Sono stati impegnati tremila miliardi - ha detto Albertina Soliani (Margherita) - senza copertura. L'irresponsabile politica del ministro Moratti è un fallimento sul piano sia politico che gestionale. Il ddl sulla devoluzione prevede la competenza esclusiva delle regioni nell'organizzazione e nella gestione della scuola, contro l'autonomia degli istituti sancita dalla Costituzione. La scuola è uscita dalle competenze del ministro dell'istruzione. I veri ministri dell'Istruzione sono Bossi e Tremonti". Per l'ex presidente del Senato Nicola Mancino, lo stesso ddl di riforma sarebbe incostituzionale: "A disciplinare criteri e principi di una legge - ha osservato - deve essere il Parlamento. La delega invece trasferisce a livello di governo la disciplina dei principi entrando in contrasto con una norma costituzionale. Non si può chiedere una delega sui principi quando si attribuisce alle Regioni l'esclusiva competenza a legiferare. Nel merito, poi - ha aggiunto - ci sono questioni che attengono all'autonomia scolastica. Nel ddl si supera il limite del rispetto dell'autonomia e questo è un motivo di eventuale ricorso".
Raffaello Masci