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"La scuola riapre il 7 col 50% in Dad" Azzolina tira dritto, Conte la sostiene

La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, interpellata da La Stampa, tiene il punto: «Il 7 gennaio la scuola ripartirà con la didattica a distanza al 50%». Lo fa mentre intorno a lei tornano a sollevarsi i dubbi delle Regioni e le preoccupazioni dei sindacati, che arrivano a chiederle un rinvio all'11 o al 18 gennaio

04/01/2021
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La Stampa

ederico capurso

roma

La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, interpellata da La Stampa, tiene il punto: «Il 7 gennaio la scuola ripartirà con la didattica a distanza al 50%». Lo fa mentre intorno a lei tornano a sollevarsi i dubbi delle Regioni e le preoccupazioni dei sindacati, che arrivano a chiederle un rinvio all'11 o al 18 gennaio. Ma Azzolina non si muove di un millimetro, consapevole di avere dalla sua parte, forse per la prima volta, un governo compatto. È Giuseppe Conte il primo a schierarsi al suo fianco ribadendo, nel corso del vertice con i capidelegazione di maggioranza, la necessità di confermare il piano di ripartenza della scuola nelle zone gialle. Persino i ministri dell'ala rigorista, Roberto Speranza, Francesco Boccia e Dario Franceschini, generalmente orientati più a chiudere che a riaprire, confermano la volontà di provarci, pur tenendo alta l'attenzione sul quadro epidemiologico e -fanno sapere - sempre pronti a intervenire.

Il piano di riapertura dunque è confermato e non dovrebbe subire variazioni. Tanto che il tema è stato tenuto fuori anche dal vertice con le Regioni, organizzato per parlare delle ulteriori restrizioni che si stanno studiando a palazzo Chigi a partire proprio dal 7 gennaio: la scuola non verrà toccata. I governatori, del Pd come del centrodestra, temono però di veder crescere nuovamente i contagi e di tornare ad essere colorati di arancione o di rosso. «Abbiamo fatto tutto ciò che era necessario in tema di sicurezza per i trasporti, in accordo con i prefetti, ma restano molte criticità sul contenimento della pandemia», hanno scritto oggi in una nota comune i governatori della Lega al termine di un incontro con Matteo Salvini. Anche per questo, il presidente dei governatori Stefano Bonaccini aveva chiesto un incontro al governo. Dal ministero dell'Istruzione però alzano un muro: nessuna nuova riunione con le Regioni verrà fissata in questi giorni. D'altronde, tutti i governatori hanno firmato appena 10 giorni fa il piano per la riapertura della scuola, insieme al ministero dell'Istruzione, a quello dei Trasporti e al Viminale. E se vogliono, come annuncia il campano De Luca, sono liberi di decidere di rinviare le aperture. Persino di non riaprire.

Il piano studiato dal ministero, dettagliato, città per città, nelle intenzioni di Azzolina dovrebbe evitare il rischio di una nuova chiusura se la pandemia peggiorasse. Dall'ala rigorista di governo, però, si ribalta il concetto: «Il piano così dettagliato era necessario per permettere una riapertura. Non mette al sicuro la scuola dalla possibilità di dover chiudere di nuovo, anche se non se lo augura nessuno». D'altronde -viene fatto notare - altri Paesi europei stanno tenendo gli studenti delle superiori a casa (Germania, Olanda, Gran Bretagna). Se l'andamento dei contagi si impennerà quindi verso l'alto o le strutture sanitarie, impegnate nella campagna vaccinale, andranno in sofferenza, la scuola non potrà essere esclusa a priori da ulteriori misure restrittive.

I sindacati, intanto, caldeggiano il rinvio. Dalla Uil alla Cisl, fino allo Snals, si sollevano forti perplessità per i rischi di contagio e, per questo, si chiede al governo di inserire professori e personale non docente tra le priorità di accesso al vaccino. Vorrebbe frenare le polemiche l'Associazione nazionale presidi, ma poi anche da lì si sottolineano alcune criticità contenute nel piano di Azzolina, a partire dagli scaglionamenti degli orari, da evitare il più possibile. —


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