La scuola è la mia casa
Luigi Berlinguer
Caro Direttore, «la scuola è la mia casa». Ho coniato questo motto per far capire la necessità di un cambiamento radicale dell’attività educativa, dell’istruzione. Ieri affidata al rapporto tra cattedra e banchi e oggi, almeno nei Paesi evoluti (non è ancora, purtroppo, il caso dell’Italia) in cammino verso una vera comunità educante. I Paesi che conservano la vecchia scuola (quella del sapere trasmesso solo per via orale dalla cattedra ai banchi, con le aule immutabili. Siamo nel terzo millennio ma quando si entra in un edificio scoalstico ancora troppo spesso sembra di essere tornati all’800) tagliano fuori un numero troppo grande di giovani e perdono progressivamente anche in qualità. La società della conoscenza è l’enorme sviluppo dei saperi, dei bisogni culturali (e civili) dei cittadini. Il diploma di scuola media non basta più. Per nessuno. La conseguenza è che occorre adeguare l’intero sistema formativo a tali necessità. Se vogliamo (in una cornice europea e sovranazionale) più cultura, più qualità, più istruzione, più professioni qualificate, più lavoro non alienante e meno precario, dobbiamo opportunamente soddisfare anche una enorme domanda di quantità. Se vogliamo valorizzare talento e merito - sempre decisivi - non possiamo farlo penalizzando tanti, molti, troppi. Nelle democrazie evolute - in questo una parte d’Europa insegna - i meritevoli sono incoraggiati e sostenuti laddove cresce, insieme, la qualità di tutti. Nel leggere il programma del ministro Profumo presentato in Parlamento in questi giorni, si coglie una sensibilità che mi pare vada in questa direzione. È una novità. Ad esempio, una forte sensibilità sulla questione sociale della scuola, sulle diseguaglianze, sugli abbandoni, sui gravi problemi del mezzogiorno e la parallela necessità di rafforzare strumenti di sostegno - anche economici - per coloro che non ce la fanno, per le famiglie dove maggiore è il disagio. Siamo un Paese che spreca parte troppo grande delle proprie intelligenze. Altrettanto significativo è quel che egli dice rispetto all’autonomia scolastica che in questi anni è stata bersaglio di insensibilità burocratiche e ostilità politiche. Il risultato è stato quello di lesinare alle scuole autonome tanto i finanziamenti (peraltro già stabiliti) quanto le necessarie norme di flessibilità. Davvero importante ame sembra, nel tentativo di restituire slancio e vigore al percorso dell’autonomia, il riferimento fatto dal ministro al cosiddetto “organico funzionale”. Di cosa si tratta? Èla dotazione per le scuole dell’organico necessario e di un leggero surplus capace di consentire una gestione elastica (e funzionale, appunto) delle risorse docenti. Si tratta di un importante strumento dell’autonomia come moderna visione dell’education, come motore per favorire la ricerca sui migliori metodi di apprendimento,come molla per aggiornare - alla luce di straordinari mutamenti, dal web alle scoperte scientifiche - i curriculi. Il ministro Profumo sembra chiamare il sistema nazionale d’istruzione nel suo complesso (anche su università e ricerca, ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano; sarà utile tornarci in un prossimo futuro) ad una sfida: una competizione virtuosa fra tutte le scuole per la continua qualificazione della loro offerta formativa. Si riaffaccia con l’organico funzionale anche qualche finanziamento, invertendo così la nefasta stagione dei tagli lineari. Per vincere questa sfida serve una valutazione dei risultati rigorosa, trasparente e indipendente. Ma, insieme, anche una promozione della professionalità docente: l’esperienza, ad oggi, della formazione in servizio è deludente. Un’ultima considerazione. L’idea di intervenire sulla struttura dei cicli scolastici per permettere a un giovane che studia in Italia di uscire dalla scuola a 18 anni come avviene nel resto d’Europa è segno che siamo sulla buona strada. Il tempo è breve. Dimostrare che, anche in Italia come nei Paesi più evoluti d’Europa, la «scuola è la mia casa» è una grande sfida. Ci sono migliaia di esperienze innovative nelle scuole italiane (chi volesse può fare un giro su www. educationduepuntozero.it). Il governo e la politica non le lascino sole.❖