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La scuola come perno di una cittadinanza nuova e responsabile: la mia risposta a Massimo Cacciari

Anna AscaniViceministra dell’Istruzione, vicepresidente del Pd

09/02/2020
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L'Huffington Post

“Vorranno Pd e governo dire qualcosa di finalmente sensato in materia di formazione, scuola, università, ricerca?”.

Nel bel pezzo di Cacciari per L’Espresso che traccia alcune linee di indirizzo sul percorso da intraprendere dopo l’Emilia Romagna, spicca questa domanda alla quale vorrei provare a rispondere in due modi.

Poiché mi occupo di scuola e ho una responsabilità importante, cerco di farlo parlando di alcune azioni che abbiamo intrapreso e facendo alcune considerazioni finali.

Abbiamo messo a punto, solo qualche settimana fa, un piano vero e concreto per la riduzione dei divari territoriali in materia d’istruzione.

Lo abbiamo fatto facendo tesoro dei risultati dei test di valutazione Invalsi. La scelta di considerare i test Invalsi obbligatori per l’ammissione alla maturità è stata oggetto di polemiche, perché si è pensato che ciò volesse dire controllare gli insegnanti o introdurre nella scuola culture di valutazione che secondo qualcuno avrebbero snaturato il sistema dell’istruzione.

Molto più semplicemente, abbiamo ora delle griglie - perfettibili - che ci consentono di capire dove il sistema è più debole. E abbiamo finalmente deciso di utilizzarle.

Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna hanno aderito attraverso i propri governi regionali e uffici scolastici territoriali alla proposta di lavorare sulle scuole in forte difficoltà, non a parole, ma con finanziamenti e azioni finalmente mirate, sulle singole scuole, sulle aree specifiche. Dalla prossima settimana - ma sarà un lavoro che durerà mesi - incontreremo regioni e USR per intervenire formando meglio gli insegnanti, premiando chi sceglie di restare dove è più difficile, costruendo ambienti nuovi, più belli e più aperti, incoraggiando “gemellaggi” con scuole vicine e lontane portatrici di buone pratiche. E utilizzeremo tutte le risorse che saranno necessarie.

I ragazzi e le ragazze di quelle scuole che paiono funzionare meno hanno il diritto a un’istruzione di livello il più alto possibile.

E i loro docenti e dirigenti hanno diritto a un’attenzione in più.

Un problema non meno importante è il precariato degli insegnanti. Si tratta di un problema che affonda le radici in decenni di equivoci e pigrizie organizzative, oltre che di convenienze politiche, che i governi di centrosinistra nell’ultima legislatura hanno cominciato a reimpostare. Noi stiamo assumendo 70mila nuovi insegnanti con concorsi che verranno banditi molto probabilmente entro la fine di questo mese.

Anche sull’orientamento stiamo lavorando con uno spirito nuovo. Abbiamo messo a punto dei percorsi condivisi tra la scuola secondaria e le università, per evitare il più possibile la dispersione universitaria. L’Italia ha il 15%  di dispersione universitaria (15 ragazzi su 100 lasciano al primo anno) e quasi tutti i “maturandi” dichiarano a qualche mese dal diploma di non avere la benché minima idea di quel che desiderino fare una volta usciti dalla scuola. L’idea è quella di consentire loro di seguire dei veri e propri corsi tenuti da docenti universitari e pensati per ambito territoriale nelle ore riservate al PCTO (90 nei licei, 150 negli istituti tecnici, 210 nei professionali, che presumibilmente continueranno però ad utilizzarle per lo più per l’alternanza scuola-lavoro, che non affatto va cancellata). Al termine dei corsi gli studenti acquisiranno crediti, ma soprattutto consapevolezza sul percorso che stanno per intraprendere e sulle proprie motivazioni. Si tratta di una forma di accompagnamento completamente nuova, frutto di un’idea del Ministro Manfredi col quale stiamo lavorando perché si possa sperimentare già dal prossimo anno scolastico.

Questo è il governo, per quel piccolo ma importante segmento di mia responsabilità. Ma il nodo è culturale e politico. Non esiste ripresa del Paese, non esiste presidio sociale, non esiste crescita se non si passa dalla scuola, dalla sua difesa, dal suo miglioramento. È la scuola che ci rende cittadini e che ci dà pari opportunità, almeno come orizzonte, come scopo al quale ci si può solo approssimare perché non è mai raggiunto. Su questo il partito di cui sono vicepresidente ha ricominciato a ragionare in modo strategico, a ricominciato a vedere, al di là degli slogan e dei gusci vuoti della retorica, che la scuola è il perno di una cittadinanza nuova e responsabile. E siamo pronti ad accogliere suggerimenti e a dialogare con tutti. Anche a questo, speriamo, servirà il congresso che si sta per aprire. E se non servirà a questo non servirà a molto.


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