La conoscenza come strumento per sostenere la scuola. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il riepilogo di quanto detto da docenti ed esperti in un dibattito promosso da Flc-Cgil, dal nome “Insieme la scuola non crolla”, tenutosi nella sala della musica del Chiostro di San Paolo e inserito all’interno del “Festival dei Diritti”.
Una riflessione profonda su cosa il terremoto ha lasciato in eredità alla scuola e su come essa, o quantomeno parte di essa, ha reagito, fin dal primo istante. Lo spunto è stato la condivisione dell’esperienza vissuta da alcune delle volontarie dei campi scuola estivi organizzati da Flc e Proteo Fare Sapere nelle tendopoli e poi il discorso si è allargato al significato e all’importanza della conoscenza come diritto per i bambini e gli adolescenti che va tutelato anche nei casi di emergenza come quelli generati dal sisma.
Questo era lo scopo dell’iniziativa che ha avuto una origine e una base sindacale ma che non ha voluto porre alcun marchio o alcuna bandiera, come testimoniato anche dalla maglietta portata dalle volontarie che -seppur rossa e bianca- era priva di rimandi diretti.
Le cifre dell’attività di volontariato educativo in questione, esposte da Hania Cattani – una delle insegnanti-volontarie – sono d’altronde piuttosto chiare: dal 7 luglio al 31 agosto sono stati coinvolti 140 volontari fra insegnanti, precari, insegnanti in pensione, maestri di arti e musica, docenti universitari. 200 i bambini coinvolti nei campi di Renazzo e Cento, 20 al Campo Santa Liberata e 40 a Mirabello; 40 invece gli adolescenti mantenuti attivi con laboratori musicali e artistici. Ad impressionare sono anche i tanti insegnanti di chi si sono proposti come volontari: “abbiamo ricevuto e-mail da tutta Italia – ha detto Diana Cesarin della Flc nazionale -, soprattutto dal Meridione, gente che voleva restituire quello che ha ricevuto passando anni della sua attività professionale in questi territori”.
Lo scopo, oltre a quello di creare uno spazio dedicato ai bambini e agli adolescenti, è stato quello di dare un senso alla scuola quale “luogo in cui si costruisce la possibilità della coesione sociale del Paese”, come affermato dalla stessa Cesarin e come sostenuto anche fra gli obiettivi del programma: utilizzare il lavoro cooperativo come veicolo per la conoscenza e l’accettazione dell’altro; contribuire alla formazione di un senso di comunità attraverso la cittadinanza attiva; accrescere la percezione e la consapevolezza di se e degli altri e infine favorire il superamento della paura attraverso il racconto delle esperienze per stimolare l’espressione dei sentimenti e degli stati d’animo.
La scuola post terremoto che deve ripartire anche con l’aiuto delle istituzioni, non a caso la Ausl e Promeco hanno avviato un progetto di sostegno professionale e psicologico per gli alunni e, soprattutto, per i docenti che all’apertura del nuovo anno scolastico si sono ritrovati e si ritroveranno ad affrontare situazioni difficili. Per ora, anche per via dell’esiguo numero di personale (tre formatori in tutto) il progetto si estenderà sulle scuole superiori del distretto Ovest, ma non è detto che non vengano accettati anche sostegni per richieste specifiche. L’obiettivo è quello di riportare alla normalità la situazione.
Insomma una scuola attiva, che deve riprendersi e che fa il suo dovere anche al di fuori delle mura scolastiche e un’esperienza dalla quale ripartire per ricostruire la scuola. Ma ricostruire non è forse il verbo giusto da usare, come sottolineato da Luigi Guerra, preside della Facoltà di Scienze della Formazione a Bologna, che ha contribuito alla formazione dei volontari: “dobbiamo uscire da questa esperienza non con la scuola che avevamo prima ma con la scuola che vogliamo avere per il futuro, ancorare i nuovi progetti al futuro e non ripensare al passato”.
Un invito, infine, di alcune volontarie ai propri colleghi: “fate in modo che le scuole facciano tesoro di queste esperienze”.