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La scuola che cambia il Paese

Al via l’Alleanza di 31 associazioni per cambiare il ddl del governo sulla scuola

15/04/2015
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ScuolaOggi

di FAbrizio Dacrema

 Al via l’Alleanza di 31 associazioni per cambiare il ddl del governo sulla scuola, Presentato alla stampa l'Appello al Parlamento, inizia ora il percorso comune intrapreso da 31 associazioni (studenti,insegnanti,genitori,sindacati confederali,terzo settore) per cambiare il disegno di legge presentato dal Governo. La coalizione, ampia e pluralista, non si limiterà a presentare proposte, nei prossimi giorni saranno decise iniziative comuni per raggiungere risultati concreti.

La richiesta di tempi adeguati all'ascolto e al confronto non sono un modo per rallentare o, peggio, per rinviare i primi interventi di rilancio della scuola pubblica. Sono, invece, la condizione per correggere gli errori e creare un clima di condivisione, indispensabile per avviare nel minor tempo possibile i primi interventi di cambiamento.

La logica populista, che ha escluso dal confronto i corpi intermedi in nome dell’accentramento decisionale governativo e del rapporto diretto con gli elettori, non ha funzionato. La consultazione sui temi della “Buona Scuola”, come dimostrato dagli stessi dati esposti dal MIUR, non ha prodotto un dibattito capillare.

La scuola italiana ha un immediato bisogno di risorse e riforme coerenti con un progetto generale e condiviso di cambiamento. Non ci possiamo permettere che il solipsismo governativo vanifichi la positiva inversione di tendenza messa in atto con l’'investimento di tre miliardi nella scuola pubblica.

Il confronto con chi rappresenta il mondo della scuola non è perdita di tempo, ma il solo modo per realizzare cambiamenti fattibili e condivisi. La richiesta di partecipazione è finalizzata a far partire già dal prossimo anno scolastico riforme coerenti con gli obiettivi strategici del Paese: innalzare i livelli di istruzione e di competenza di tutti cittadini e raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 (dispersione scolastica sotto al 10 per cento, almeno il 40 per cento di laureati nella fascia di età 25-34 anni, almeno il 15 per cento di adulti in formazione). 

La coalizione “La Scuola che cambia il Paese” indica in cinque punti la direzione dei cambiamenti da apportare al disegno dei legge presentato dal governo.

  • Diseguaglianze. La ripresa degli investimenti deve essere finalizzata innanzi tutto a superare il principale limite strutturale del nostro sistema formativo, l’eccessiva influenza dei condizionamenti derivanti dalla provenienza familiare e territoriale sugli esiti di apprendimento dei cittadini. Di qui alcune proposte per l’uso delle nuove risorse: l’organico funzionale deve essere prioritariamente utilizzato per rafforzare le strategie per combattere la dispersione scolastica e per promuovere il successo scolastico di tutti; una legge quadro nazionale per il diritto allo studio e strumenti di welfare studentesco; un significativo investimento di una quota di organico funzionale per lo sviluppo dell'Istruzione degli Adulti e costruzione del Sistema Integrato dell'Apprendimento Permanente (Legge 92/2012).
  • Governance. Il potenziamento dell’autonomia scolastica deve mettere al centro l'apprendimento degli studenti per "garantire loro il successo formativo" (DPR 275) e valorizzare la libertà d’insegnamento come condizione del pluralismo culturale della scuola pubblica. Decentramento dei livelli decisionali, partecipazione attiva delle componenti, forme di auto-governo scolastico sono le chiavi  per lo sviluppo dell’autonomia scolastica. Sono invece incompatibili l’eccessivo accentramento dei poteri nelle mani del dirigente scolastico e l’estromissione degli studenti, dei docenti, dei genitori e del personale ATA dai processi decisionali. La democrazia scolastica è il cuore di una comunità educante che svolge la funzione di palestra di democrazia per gli studenti. Tutte le più significative innovazioni sono state realizzate da scuole caratterizzate da un clima di cooperazione e di responsabilità diffusa. Sono improrogabili interventi per valorizzare il lavoro nella scuola nel rispetto della funzione contrattuale, indispensabile per raggiungere soluzioni efficaci e condivise.
  • Risorse economiche. Le risorse per la scuola italiana devono progressivamente aumentare almeno fino a riallineare il nostro paese con la media europea. A differenza di quanto previsto dal Documento di programmazione economica e finanziaria che prevede per i prossimi quindici anni una continua riduzione della spesa pubblica per l'istruzione. Lo Stato deve coprire le spese per l'istruzione, altre forme di finanziamento devono avere carattere aggiuntivo e non determinare un aumento delle diseguaglianze tra regioni e tra scuole.
  • Rapporto scuola lavoro. Deve essere superato il pregiudizio, ancora molto radicato, dei percorsi per il lavoro destinati a chi è ritenuto poco adatto per gli studi. Tutti i percorsi scolastici devono essere aperti alla cultura del lavoro anche attraverso concrete esperienze di alternanza scuola-lavoro. I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro devono rispondere a precisi vincoli di qualità: gradualità e progressività rispettose dell'età e dello sviluppo personale e culturale, professionalità dei tutor, statuto degli studenti in alternanza. La didattica laboratoriale deve essere sostenuta e diffusa in tutti i percorsi formativi.
 A ogni giovane, a conclusione del percorso formativo, deve essere assicurata la certificazione di tutte le competenze acquisite e la possibilità di accedere all'università. La possibilità di acquisire un diploma di istruzione in apprendistato deve essere reintrodotta per dare continuità e sviluppo al programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda e come opportunità per i giovani NEET privi di diploma.
  • Deleghe al Governo. Le deleghe al Governo contengono temi troppo importanti che non possono essere affrontati senza un serio dibattito parlamentare. Inoltre i criteri direttivi previsti sono insufficienti e spesso troppo vaghi. Molte delle materie trattate necessitano prioritariamente finanziamenti da parte dello Stato che non sono prevedisti.


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