La scuola che boccia a sei anni
Il caso di 5 bimbi di prima elementare. Protestano i genitori
PONTREMOLI (Massa Carrara) — Cinque bocciati in prima elementare. Tre sono extracomunitari, due sono italiani. E di quest'ultimi uno è disabile. «È un provvedimento adottato all'unanimità dal collegio dei docenti nel rispetto della normativa ministeriale e per tutelare questi alunni», spiega Angelo Frediani, il dirigente scolastico, l'istituto comprensivo Giulio Tifoni di Pontremoli. «Un atto di gravità inaudita che potrebbe segnare non solo la vita scolastica di questi alunni sfortunati», replicano alcuni politici, pedagogisti e sociologi. Perché, come scriveva don Milani dalla sua scuola toscana di Barbiana, «bocciare è come sparare su un cespuglio, forse era una lepre o forse era un ragazzo». Ma c'è anche chi giudica legittima e auspicabile una maggiore selettività nella scuola primaria «per essere realmente in Europa, competitivi e preparati».
Così, tra mille polemiche, arrabbiature dei genitori, lacrime e rossori dei piccoli esclusi, il caso della scuola toscana diventa nazionale con due interrogazioni «bipartisan» al ministro Profumo: la prima firmata dal Pd chiede l'invio di ispettori nella scuola toscana e, soprattutto, in quelle due prime classi delle bocciature-scandalo definite «pollaio» con 30 e 29 bambini. La seconda del Pdl con la «solidarietà ai genitori degli scolari» colpiti dal provvedimento iperselettivo.
Il Miur si è attivato immediatamente. «Abbiamo chiesto al direttore scolastico regionale una relazione sui fatti — spiegano al ministero — senza intenti inquisitori ma solo per appurare la realtà dei fatti. Poi valuteremo l'invio degli ispettori nel rispetto dell'autonomia della scuole e della professionalità degli insegnanti».
Intanto i genitori dei bambini minacciano una class action. Avevano già vinto pochi mesi fa al Tar un ricorso per le classi troppo numerose ma senza avere poi risultati concreti. Adesso si sono rivolti all'avvocato Giuseppe Romeo, responsabile del Codacons di Massa Carrara. Che conferma: «Da una prima indagine interna sappiamo che, al di là dei bocciati, la maggior parte dei bambini non ha raggiunto gli obiettivi minimi del programma ministeriale. La colpa è soprattutto del sovraffollamento delle classi: stiamo valutando un ipotesi di risarcimento».
Il dibattito è aperto anche se sul fronte politico Pd e Pdl si trovano d'accordo sull'importanza di studiare il «caso Pontremoli». «La vicenda va approfondita — sottolinea il deputato Lucio Barani, firmatario dell'interrogazione Pdl — perché esula dalla prassi e probabilmente dal buonsenso, coinvolgendo dei bambini».
Più critico Francesco Puglisi, responsabile scuola del Pd, anche lui autore di un'interrogazione al ministro. «Il rifiuto, l'esclusione in quella tenera età, lascia impronte profonde nell'anima — sostiene Puglisi —. Manifestiamo tutto il nostro sdegno per quel che è successo e continueremo a combattere. Nelle indicazioni della scuola del Primo ciclo, si dice che l'attenzione massima deve essere posta a quell'essere unico e irripetibile che si ha in classe. Straordinariamente diversi e irripetibili sono senz'altro i cinque piccoli bocciati, meritevoli di continuare a stare con i loro compagni di classe, perché importanti anche per i promossi».
Ma è proprio vero che una bocciatura in tenera età può essere un trauma? «Non esageriamo — risponde Anna Oliverio Ferraris, professore di Psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma —. Certo, se si evita, soprattutto in prima elementare, è meglio, magari valutando se allungare il periodo della materna. Non tutti i bambino hanno uno sviluppo identico, c'è chi cresce prima, chi più lentamente. In Finlandia s'inizia a sette anni. Però non sono tollerabili classi con 30 alunni. Non si può insegnare in queste condizioni».
Il sindaco di Pontremoli e dirigente scolastico di due istituti compresivi, Lucia Baracchini (lista civica centrodestra) difende il provvedimento delle colleghe. «Giudico inopportuna la richiesta dell'invio degli ispettori — spiega —. L'istituzione scolastica ha per fortuna l'autonomia nella valutazione formativa e anche questa volta lo ha fatto valutando la complessità dei casi anche con il ricorso di un gruppo di lavoro di esperti dell'Asl».