La scuola a ostacoli
Cattedre vuote e aule disastrate tutte le spine dell’anno che verrà
Corrado Zunino
ROMA — In molte scuole delle province del Veneto, qui l’avvio delle lezioni è stato l’11 settembre, le segreterie hanno chiamato le famiglie: «Tenete i figli a casa, non ci sono insegnanti di sostegno». Le segreterie parlavano degli studenti più fragili, quelli per cui la scuola è integrazione, recupero certo. L’assessora Elena Donazzan, Istruzione, ha raccontato: «Gli istituti scolastici in difficoltà sono quelli della primaria. La cosa grave è che si lasciano a casa bambini con certificazioni, spesso disabili». È su queste mancanze del sistema nazionale che in Veneto — dove il 90 per cento dei docenti di sostegno è precario — la proposta di autonomia differenziata trova terreno fertile.
Nell’anno della supplentite record, mostro moderno che cresce ogni stagione in ogni plesso italiano, è riesploso il problema delle diplomate magistrali, spinte in aula e fuori ad ogni sentenza di segno contrario. L’ex ministro Bussetti e la sua Lega hanno provato a salvarle per conteggio elettorale (sono tante), ma proprio a inizio anno, e nuovamente con pesantezza nel Nordest, sono arrivati i licenziamenti di massa delle diplomate. Assegnazioni delle classi da rifare, aule ancora vuote di personale docente.
Poi i presidi, una delle poche questioni che sembravano riuscite al governo lega-grillino (che sulla scuola, semplicemente, ha disinvestito schiacciando all’angolo un ex provveditore debole). Non è bastato un concorso fatto con lo smartphone acceso per fermare le assunzioni dei dirigenti scolastici. Al primo settembre ne sono entrati 1.900, dei 2.900 vincitori, e hanno ridotto sensibilmente le reggenze diffuse delle ultime stagioni. A marzo, però, il Consiglio di Stato dirà se quel concorso è da rifare, se i presidi neoassunti dovranno andare via nel secondo quadrimestre.
La scuola italiana resta terribilmente fragile. E questi avvii di anno scolastico con la balbuzie cronica si possono spiegare così. Dalla Gelmini ad oggi siamo al settimo ministro dell’Istruzione, in undici anni. Nessuno dei sette ha fin qui avuto il tempo (e il coraggio politico) di dare continuità e programmazione alla questione più importante: l’assunzione di docenti portati, qualificati, giovani, testati in classe.
I supplenti
Le riforme mai fatte da Bussetti garantiranno l’anno record delle supplenze: saranno almeno 170 mila i docenti annuali
Posti vacanti Alla primaria di Firenze 500 curricula al giorno Eppure non si riescono a trovare dieci maestre
«Ci scrivono in 100 mila e poi fatico a trovarne uno». È il paradosso che sta vivendo il preside di una scuola elementare di Firenze, bombardato dalle infinite candidature di insegnanti che, però, non potranno mai riempire le 10 cattedre rimaste ancora vuote. A due giorni dal suono della prima campanella mancano due maestre di italiano, tre di matematica e cinque di sostegno. «Abbiamo a che fare con un vero e proprio mail bombing, con flussi di 500 richieste al giorno — racconta Marco Menicatti, dirigente del comprensivo Barsanti — Il sistema è in tilt, e le tre persone della segreteria non riescono a fare una scrematura dei curricula».
Perché nella casella di posta elettronica dell’istituto finisce di tutto: dal cv del neolaureato in agraria che si propone come insegnante di sostegno, a quello del perito tecnico che vanta grande esperienza con i nipoti. «Il Miur ci ha invitato a gestire tutto con trasparenza. La verità è che, a differenza delle graduatorie, qui non esistono punteggi o criteri oggettivi e ognuno fa come gli pare. Gli insegnanti con un clic inviano la candidatura in automatico a tutte le scuole d’Italia. Risultato? Nessuno alla fine risponde».
Con disturbi certificati
Sono 276mila i ragazzi con disturbi di apprendimento, tre su 100. In 4 anni le certificazioni di disgrafia sono cresciute del 163%
Sostegno Assistenza garantita solo per un’ora e mezzo e in Veneto lo studente disabile resta a casa
Doveva cominciare la terza media all’istituto comprensivo di Fossò, in provincia di Venezia, una settimana fa, come tutti i suoi compagni. Invece Luca (il nome è di fantasia) è rimasto a casa. Solo ieri è entrato in classe e solo per tre ore, con un’operatrice socio-sanitaria. L’insegnante di sostegno cui avrebbe diritto ancora non c’è. La mamma, Patrizia Rigato, 53 anni, di Vigonovo, ha deciso di non tacere: «Ogni anno va sempre peggio. Nessuno poi che ti dica nulla, mi sono presentata io a scuola due giorni prima dell’inizio per sapere se era tutto a posto. La preside, appena arrivata, mi ha offerto la copertura di un operatore per un’ora e mezzo, ma mio figlio ha diritto, come tutti i disabili, al docente sin dal primo giorno. L’ho tenuto a casa, ma che rabbia». Forse, domani, il prof di sostegno arriverà. «Ma è un calvario. Mio figlio ha 15 anni ed è affetto dalla sindrome di Angelman, è un caso grave, anche la continuità didattica è negata.
L’anno scorso è arrivata una ragazza che dopo quindici giorni ha scelto un posto più vicino a casa, poi un docente di musica che se ne è andato ad aprile. Non ce l’ho con la scuola, è il sistema che è sbagliato. A danno dei nostri ragazzi più fragili».
Di nuova nomina
Dei 2.900 dirigenti scolastici vincitori del discusso concorso, in 1.900 hanno preso servizio. A marzo si esprime il Consiglio di Stato.
Super presidi Palermo, il mega-istituto da tremila alunni dove il dirigente non conosce i professori
Le sezioni delle prime classi arrivano alla lettera "W". Ci sono tre ingressi separati per professori, studenti e ospiti, e la campanella della fine delle lezioni suona con un paio di minuti di differenza tra una classe e l’altra per limitare la ressa all’uscita dal palazzone di sei piani in corso dei Mille, a pochi passi dalla stazione centrale di Palermo. L’istituto alberghiero Pietro Piazza, con una popolazione di tremila alunni, che con docenti e personale Ata sfiora quota quattromila, è la scuola più affollata d’Italia. E gestirla è una sfida quotidiana. Il preside Vito Pecoraro cerca di «delegare a fidatissimi collaboratori e di fare squadra». Ma i problemi da risolvere sono tanti: dal sudoku dell’orario delle lezioni alla vigilanza di un esercito di studenti con pochi bidelli. «Siamo ingolfati — dice il preside — servirebbe un coordinatore amministrativo come supporto per gestire questo peso». Pecoraro non conosce tutti i suoi alunni e nemmeno tutti i prof. Le grane maggiori?
Organizzare le esercitazioni per gli aspiranti chef e le visite in città. Ma non finisce qui. «Le cucine — dice il preside — vanno controllate di continuo, la manutenzione di un edificio così grande è complessa, e la scuola si ritrova spesso a gestire tutto da sola».
Edilizia scolastica Cinque Terre, l’edificio non è a norma Asilo ed elementari traslocano nei container
In classe nei container. È iniziato così, l’anno scolastico, per i 23 alunni di Vernazza, uno dei borghi delle Cinque Terre: all’interno di moduli prefabbricati, messi a disposizione dal sindaco di Aulla, nella vicina Lunigiana, colpita dal terremoto nel 2011. «Il nostro plesso Guidoni risale agli Anni ’50 e non è antisismico — spiega il primo cittadino di Vernazza, Franco Villa —, così resterà chiuso almeno per un anno. Per i lavori di adeguamento del vecchio edificio servono oltre 400 mila euro. Ma noi non potevamo perdere i nostri bambini, mandandoli altrove». Così, i quattordici alunni della materna e i nove della primaria si sono seduti nei banchi sistemati all’interno dei moduli, appena fuori dal paese, al campo Le ville : abbelliti da pannelli disegnati nei giorni scorsi. Otto container in tutto, per ospitare le classi, la mensa, i bagni. «Sono collegati alla fognatura, dotati di impianti di condizionamento e riscaldamento — spiega Villa —. In più, abbiamo costruito una sorta di corridoio coperto in legno per collegarli meglio». Il sindaco prova a scherzarci su: «Ecco, se oggi ci fosse un terremoto, direi che gli unici a salvarsi sarebbero i bambini».
Arredi e materiali A Roma mancano persino le sedie e in prima media si fa lezione seduti a terra
Al secondo giorno di scuola i 45 ragazzi di due prime medie dell’istituto comprensivo Villaggio Prenestino, nella periferia est di Roma, ce l’hanno fatta a fare lezione seduti. Con banchi e sedie scheggiati e rimediati qua e là tra i corridoi e gli uffici: arredi da buttare, ma "riciclati" per l’occasione. Hanno iniziato l’anno scolastico ascoltando le lezioni seduti per terra. «È una situazione insostenibile, sto valutando vie legali», tuona la preside, Giusy Ubriaco. «Ora capisco perché oggi (ieri, ndr ), una professoressa di un’altra classe ci ha chiesto se avevamo un banco in più», dice Roberto, 11 anni, che frequenta la scuola. «I fondi sono stati resi disponibili troppo tardi – spiega Dario Nanni, consigliere del Municipio di riferimento (il VI) – intorno al 20 agosto. E non è un caso isolato, in zona sono 150 i bambini senza aule attrezzate».
A sentire i genitori, l’arte di arrangiarsi è di casa nel lungo quartiere al di là del raccordo anulare. «Ci siamo organizzati tra noi - spiega Andrea Allegrini, 47 anni, papà di un ragazzo di II media - facciamo piccola manutenzione, e andiamo a fare gli sgomberi degli uffici per recuperare armadi, scrivanie per la scuola. Non abbiamo scelta».