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La scienza deve essere libera

Umberto Guidoni

31/03/2012
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l'Unità

Voglio prendere spunto dal caso dei «neutrini più veloci della luce» per riflettere sul ruolo della scienza nella società moderna. La notizia delle dimissioni di Antonio Ereditato - responsabile dell’esperimento «Opera» che ha dato notizia di un risultato dimostratosi falso - riporta alla ribalta il tema dei condizionamenti della ricerca. Negli ultimi decenni, la scienza è apparsa sempre più condizionata dalla dimensione economica: una tendenza che porta a favorire la ricerca applicata rispetto a quella di base, lo sviluppo di nuove tecnologie piuttosto che la scoperta di nuove teorie scientifiche. Secondo uno studio dell’Onu: «la ricerca scientifica e tecnologica è sempre più mirata alla ricerca del profitto, piuttosto che alla soluzione dei problemi fondamentali per l’umanità… Soltanto il 10% della spesa per la ricerca è dedicata ad affrontare il 90% dei problemi più urgenti nel mondo». La comunità scientifica ha tentato di resistere ai tentativi di ingabbiarla. Gli scienziati hanno creato una comunità globalizzata, che ha reso possibile quella grande circolazione di idee che ha portato allo straordinario sviluppo di conoscenze del secolo scorso. Ma proprio grazie a questi successi, la tecnologia è entrata sempre più nei processi produttivi e la ricerca ha finito per essere percepita come un elemento di natura economica, a cui applicare le leggi del mercato. Dietro l’affanno a pubblicare i risultati ancor prima di una verifica tra la comunità scientifica c’è, forse, la pressione del «mercato», la necessità di ottenere risultati «visibile» per giustificare i costi della ricerca o per ottenere nuovi finanziamenti dagli sponsor. In questo modo si cercano i sentieri più facili, quelli che portano direttamente sulle pagine dei quotidiani e sui set televisivi, tralasciando cammini più impervi che richiedono anni di «oscuro» lavoro di elaborazione e di studio. Così si rischia di stravolgere la vera missione della ricerca scientifica: la creazione di nuovo sapere. Il rapporto fra ricerca, innovazione e sviluppo economico è certamente reale, ma va articolata su livelli di maggiore complessità. La scienza, infatti, è un lavoro collettivo di individui e gruppi, in un delicato equilibrio fra competizione e collaborazione. Alterare questa complessa alchimia, favorendo la competizione a danno della diffusione della conoscenza, fa inaridire la creatività e rischia di rallentare il progresso scientifico. Viceversa, quando il frutto della ricerca produce nuove idee diventa un palestra per preparare le persone a risolvere «problemi complessi» e contribuisce all’evoluzione complessiva della società. Ma per farlo, deve mantenere la sua libertà di azione, senza vincoli politici od economici, condizione che può essere garantita solo dall’intervento pubblico. E qui veniamo al caso specifico del nostro Paese: il taglio drastico ai fondi pubblici per la ricerca sta costringendo le Università e gli Epr a cercare risorse private con il rischio di mettere in discussione l’autonomia stessa della scienza!❖  


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