La rivolta dei college americani che tolgono la parola ai potenti
Inviti cancellati a Condoleezza Rice, Christine Lagarde, Ayaan Hirsi Ali. Nelle università torna la stagione della lotta politica
Federico Rampini
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK
«DIS- invitation season»: la stagione degli inviti cancellati, la chiama la Foundation for Individual Rights in Education. Che protesta… contro le proteste:
l’avanzata del politically correct nei campus Usa è una nuova forma di censura? Da Condoleezza Rice a Christine Lagarde, si allunga la lista dei Vip che devono rinunciare ad arringare gli studenti. Soprattutto donne, sono finite nel mirino della contestazione. Dovrebbe farla franca la più potente di tutte, Janet Yellen, presidente della Federal Reserve: l’intero Yankee Stadium da cinquantamila posti è prenotato per gli studenti della New York University. Almeno la sacralità della banca centrale sembra reggere, in questa stagione di miti decaduti.
Le università americane vanno fiere delle loro tradizioni. Tra
queste c’è il rito del “commencement speech”: è il discorso solenne che un’illustre personalità esterna viene a pronunciare alla consegna dei diplomi di laurea. Da quest’anno bisogna aggiungerci un’altra tradizione, la cancellazione del “commencement speech”. Secondo alcuni è il segnale che i campus universitari stanno riscoprendo la passione della lotta politica. Secondo altri invece è una forma preoccupante di intolleranza, che minaccia un principio costituzionale come la libertà di espressione.
Un’altra critica denuncia una sottile forma di “femminismo contro le donne”. Per la verità l’ultima vittima è un uomo: Robert Birgeneau. L’ex rettore della University of California avrebbe dovuto pronunciare il discorso della laurea allo Haverford College, vicino a Philadelphia. Ha preferito ritirarsi davanti alle vibrate proteste di gruppi di studenti.
La loro accusa: quando Birgeneau era al vertice della University of California, nel 2011 tollerò le incursioni della polizia contro Occupy Wall Street e non tutelò i diritti di manifestazione.
Prima di Birgeneau le vittime di queste contestazioni erano state donne: Rice, Lagarde, Ayaan Hirsi Ali. Il caso della Rice era il più prevedibile. Come consigliera per la sicurezza nazionale di George W. Bush, poi segretario di Stato, la Rice è una conservatrice
strettamente associata alle guerre in Afghanistan e in Iraq. È la prima volta però che la Rice si vede costretta ad annullare un “commencement”, quello della prestigiosa Rutgers University.
La stessa scelta ha dovuto farla la direttrice generale del Fondo monetario internazionale. Christine Lagarde era stata invitata dallo Smith College. L’accusa degli studenti politicamente più impegnati: il Fmi è associato con delle politiche di austerity che soprattutto nelle nazioni emergenti hanno inflitto duri sacrifici alle popolazioni. Per la verità Christine Lagarde è la continuatrice di un’operazione di correzione delle politiche rigoriste (già iniziata dal suo controverso predecessore Dominique Strauss-Kahn), e il Fmi ha avviato una cauta autocritica sulle scelte del passato. Timothy Egan sul New York Times è sferzante: «Una delle più potenti donne del mondo non può parlare agli studenti, perché il Fmi avrebbe puntellato delle società patriarcali?».
La terza donna che è “caduta” nella battaglia dei “commencement” è Ayaan Hirsi Ali, originaria della Somalia, ex deputata al Parlamento olandese, oggi naturalizzata americana. Anche lei era stata invitata da un ateneo di grande prestigio, la Brandeis University. Le stesse autorità accademiche hanno preferito annullare quell’invito dopo le proteste studentesche. Nel caso della Ali i contestatori l’accusavano di posizioni anti-islamiche. Originaria di un Paese musulmano, la Ali è diventata una virulenta critica dell’Islam per il trattamento delle donne in molti Paesi dove è la religione maggioritaria. Fu eletta nelle liste del partito xenofobo olandese Vvd, poi nella stessa Olanda le sue posizioni estreme portarono a una crisi di governo, su sfondo di minacce di toglierle la nazionalità.
«Gli studenti vogliono sentir parlare solo chi la pensa come loro », denuncia il Wall Street Journal . Le proteste però hanno sullo sfondo un disagio della popolazione universitaria. Un tempo il college era il “grande livellatore” della società americana, un moltiplicatore di opportunità per tutti. È sempre meno vero: l’istruzione di alta qualità diventa sempre più costosa, il diritto allo studio per tutti è una chimera, l’università torna ad essere lo specchio di una società sempre più diseguale.