La ripartenza della scuola fa paura. Bonaccini: il governo ci convochi
Timori per una ripresa dei contagi. Campania e Puglia verso un rientro posticipato, dal Veneto anche Zaia frena Il presidente della Conferenza delle Regioni: “Se ci sono dubbi, ridiscutiamone”. Ma il premier Conte tiene duro
Corrado Zunino
Roma - Si torna a scuola, il 7 gennaio. Con una paura tremenda. Il rientro degli studenti negli istituti superiori, questa volta, è stato preparato. E in buona parte del Paese avverrà proprio giovedì 7 gennaio. Chi entrerà alle 8, chi alle 10. Tutti gli Uffici scolastici regionali hanno dato queste indicazioni ai presidi e alle prefetture, indicazioni ribadite - peraltro - dall’ordinanza del ministero dell’Istruzione del 28 dicembre: ripartenza per le scuole superiori il 7 gennaio, al 50 per cento in presenza, con lezioni ridotte a 45-50 minuti. Il provvedimento varrà per i successivi dieci giorni. Diciassette regioni su venti si sono dette pronte, due otterranno deroghe: la Campania e la Puglia. Il Veneto, con il suo presidente Luca Zaia, esprime perplessità ma non vuole aprire crisi.
I dubbi, sì. I contagi, con un numero ridotto di tamponi a certificarlo, sono comunque in crescita. Il 14 settembre 2020 l’anno scolastico partì con 1.008 casi a fronte di 45.309 test. Ieri i nuovi positivi sono stati undici volte tanto quando i tamponi solo un terzo in più. Se si pensa a quell’ascesa del contagio, che portò il 13 novembre a sfondare quota quarantamila, c’è da tremare. E il fatto che sia appena partita la campagna di vaccinazione, non è rassicurante. Gli esperti hanno spiegato che una pandemia in allargamento renderebbe più complicato l’anti Covid di massa.
Il quadro spaventa. Ma questa volta il governo vuole partire davvero, e la gran parte delle Regioni è pronta ad assecondarlo. Così la catena ministeriale, fino ai presidi. Fonti vicine al premier Giuseppe Conte spiegano: «Dal nostro punto di vista non è cambiato nulla, l’avvio delle superiori sarà giovedì 7». Il ministro Francesco Boccia, che cura i rapporti con le Regioni ed è stato centrale in tutta la trattativa con le prefetture, conferma: la scuola resta una priorità. Boccia a lungo è stato un «prudente chiusurista », ora crede sia arrivato il momento di riportare i ragazzi in classe.
Stefano Bonaccini, presidente di un’Emilia-Romagna che da un mese si dice preparata, come presidente della Conferenza delle Regioni ha voluto far emergere le perplessità di tre realtà importanti - Veneto, Campania e Puglia, appunto - per sollecitare il governo a un incontro urgente: «Se ci sono dubbi, ridiscutiamone, l’importante è non avvertire le famiglie il giorno della Befana». Un po’ prima, ecco. Il quadro territoriale è questo: Emilia e Toscana sono in grado di aprire, giovedì, al 75 per cento, ma si limiteranno al cinquanta se questo elemento dovesse creare problemi a un governo già fragile. Il Piemonte ha pronto un piano di vaccinazione di massa per docenti, amministrativi e studenti, soprattutto di seconda e terza media, considerati i più insidiosi sul piano epidemiologico. Nello stesso Veneto il provveditorato ha lavorato con la data del 7 gennaio come riferimento. Nel Lazio, dopo l’uscita dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato che chiedeva al governo di non riaprire, il presidente Nicola Zingaretti ha voluto precisare che la sua amministrazione è in linea con le scelte del governo e sono già pronte le percentuali di studenti da distribuire sul doppio turno. Undici regioni, sì, faranno propri gli ingressi sfalsati “8” e “10”, altre nove si affideranno a un turno unico. In Sicilia, con il calendario di ritorno a scuola fissato per venerdì 8, è stata già indicata la data del passaggio al 75 per cento in presenza: sarà il 18 gennaio. Poi ci sono la Campania e la Puglia, le due “enclave” italiane. Domani Vincenzo De Luca varerà un calendario breve che prevede il rientro immediato nelle classi campane per l’infanzia e la prima e seconda elementare, l’11 gennaio per la restante primaria, una settimana dopo per le medie ed entro il 25 per le superiori. Michele Emiliano, in Puglia, chiederà la possibilità di lasciare la scelta “presenza o distanza” alle famiglie. Il movimento scientifico “la scuola non è sicura” è cresciuto e una petizione con 25 mila firme ha chiesto di lasciare i ragazzi a studiare a casa.