La riforma di cui c’è bisogno
di Benedetto Vertecchi
Che la scuola stia attraversando una fase critica è cosa generalmente affermata. Meno concordi sono le analisi circa le ragioni della crisi. Ma, senza entrare per il momento nel merito delle diverse interpretazioni, conviene osservare che c’è un tema che le accomuna: sembra esservi un generale consenso sulla necessità di provvedere ad una nuova e migliore qualificazione della professione degli insegnanti. Non si può dire che tale esigenza sia specifica delle professioni educative: nessuna attività può continuare a svilupparsi, e neanche ad essere esercitata, senza che in modo esplicito o implicito si attivino forme di adeguamento alle condizioni che nel tempo si vengono manifestando. Riconoscere la necessità di un adeguamento dei profili di chi pratica professioni educative è importante, ma può corrispondere a interpretazioni molto diverse dell’attività degli insegnanti. In troppi casi chi formula proposte che vorrebbero essere innovative non ha alcuna competenza sui problemi dell’educazione formale che non sia il ricordo più o meno filtrato dell’esperienza compiuta come allievi. Opinionisti, politici, intellettuali la cui attività è generalmente orientata in tutt’altre direzioni, tablerondisti de omni et de nullo, imprenditori sembrano tutti disporre di una conoscenza dei problemi educativi che sono ansiosi di porre a disposizione di chi dell’educazione ha una pratica quotidiana.
Non intendo con questo affermare che basti entrare in un’aula per acquisire una capacità di capire e di fare che altri non possono pretendere di avere, ma mi sembra indubbio che prima di riversare nel confronto educativo idee che il più delle volte ripropongono argomenti di senso comune, senza recare un contributo effettivo, ci si dovrebbe preoccupare di conoscere le questioni di cui ci si occupa un po’ meglio di quanto consenta qualche lontana esperienza personale o un più recente sentito dire nella cerchia degli interlocutori consueti. Gli insegnanti subiscono le conseguenze di un paradosso che li priva della possibilità di concorrere a definire gli ulteriori sviluppi della loro professione.
Non si tratta comunque solo di chiedersi se le singole proposte che provengono da chi è estraneo alle pratiche dell’educazione formale (quella scolastica) abbiano o no una loro validità. Ciò che conta è superare la condizione di subalternità che in modo sempre più evidente è venuta caratterizzando l’insegnamento, in particolare da quando a quadri interpretativi di lungo periodo si sono venute sostituendo le logiche di una cultura organizzativa tutta schiacciata sui tempi brevi. Ne è derivata una nozione frammentata dell’educazione, considerata la risultante di una sommatoria di apporti della quale il più delle volte sfuggono gli intenti. Si dispone di tessere per un mosaico senza disegno.
La tendenza al frazionamento ha investito sia l’attività degli insegnanti, sia le procedure tramite le quali si accede alle professioni educative e si provvede al loro adeguamento. Mentre si amplificano, con argomenti da promozione di mercato, soluzioni legislative, organizzative e strumentali, il sistema educativo, e gli insegnanti che ne consentono il funzionamento, continua a restare privo del sostegno conoscitivo che potrebbe derivare solo dalla creazione di strutture specificamente rivolte allo sviluppo della ricerca, e nelle quali gli insegnanti (ovviamente quelli più motivati a impegnarsi nello studio per l’incremento della professione) potrebbero fornire il loro importante contributo. Quella di delegare alle università la funzione di provvedere alla formazione professionale degli insegnanti è stata una scorciatoia che ha prodotto più guasti di quanti abbia contribuito a evitarne. Anche ammettendo che in qualche caso si sia avuto un apporto apprezzabile di tecniche didattiche, è difficile non accorgersi che è stato pagato, in primo luogo proprio dai giovani che intendevano dedicarsi all’insegnamento, un prezzo in termini di qualità del repertorio culturale che avrebbe dovuto far da sostegno all’attività nella scuola. La riforma di cui c’è bisogno, e senza la quale altri interventi non appaiono in grado di rovesciare la tendenza involutiva in atto, è di ricomporre, fidando sugli apporti di una ricerca originale, profili delle professioni educative ugualmente solide dal punto di vista culturale e da quello operativo