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La Repubblica ... delle banane!

di Pino Patroncini

16/10/2012
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Retescuole

Che Repubblica straveda per Monti e i suoi ministri è chiaro a tutti. Ma questo porta il quotidiano a notevoli svarioni uniti a giudizi che si collocano tra la piaggeria e la comica finale. Su questa vicenda dell’orario di insegnamento degli insegnati italiani ce ne ha dato venerdì scorso un ennesimo esempio.

Ecco allora il quotidiano di Scalfari esibirsi in una serie di elogi ed adulazioni per il ministro dell’istruzione Profumo: “il più prolifico ministro della istruzione da quando esiste la repubblica italiana”.
E poi ancora: “In pochi articoli (…) Francesco Profumo vara tre cambiamenti della scuola italiana che somigliano più che a riforme a rivoluzioni.”
Infine, come se non bastasse, “ Il ministro chiede (?! Non obbliga, chiede! Si può essere più perfidi?! N.d.r.) ai docenti italiani di adeguare il livello di impegno agli standard dell’Europa occidentale e orientale.
Che dire? Se qualche anno fa Fini aveva individuato in Mussolini il più grande statista italiano del XX° secolo, sembra che “Repubblica” stia candidando Profumo a questo ruolo per il secolo in corso.
Comunque, se qualcuno avesse ancora dubbi, è chiaro a tutti che Repubblica condivide ardentemente la scelta di Profumo e del suo staff di aumentare di 6 ore l’orario frontale dei docenti e di farlo gratis, senza nessuna spesa in più per nuovi carichi di lavoro e senza alcuna preoccupazione per decine di migliaia di altri posti tagliati a spese della sopravvivenza di altrettanti precari.

A giustificazione di ciò, Repubblica (per la verità non da sola, ma insieme ad altri quotidiani e probabilmente in base ad approssimative veline diramate dallo stesso MIUR) si lancia in arditi confronti tra l’orario degli insegnanti italiani e quello di insegnanti di altri paesi europei, che a suo dire lavorerebbero molto più degli italiani.
E cita Danimarca, Spagna, Francia, Italia. Ma cita male.
Secondo i dati citati da Repubblica (tratti dall’agenzia europea Eurydice), infatti, le ore di lezione settimanali darebbero i seguenti risultati.
Nella scuola elementare gli italiani farebbero 4 ore di insegnamento in meno dei danesi, 3 in meno degli spagnoli e 2 in meno dei francesi. Fino qui niente da dire, anche perchè l’operazione di Profumo riguarderebbe la scuola media e secondaria superiore, non l’elementare, a quanto finora sembra.
Nella scuola media i danesi laverebbero 2 ore in più. Gli spagnoli in alcuni casi insegnano tanto quanto gli italiani (18 ore), in altri 3 ore in più (21 ore). Ma l’articolista, che ha letto solo la tabella e non conosce la scuola spagnola, non sa che quelli a 21 ore sono i maestri (diplomati) che in Spagna lavorano anche nei primi due anni della scuola media, i quali quindi fanno lezione per 4 ore in meno dei loro colleghi dell’elementare spagnola e per un’ora in meno dei maestri italiani, mentre i docenti laureati (e in Italia sono tutti laureati) lavorano 18 ore esattamente come gli italiani! I francesi invece lavorerebbero un’ora in meno. Dunque c’è chi lavora di più (un’ora non 6!!!!) ma anche chi lavora allo stesso modo o persino di meno. Non siamo poi così fuori media!
Lo stesso discorso vale per le superiori, dove i danesi lavorano un’ora in più, gli spagnoli hanno anche qui un doppio orario 18 e 21 ( ma anche qui i laureati fanno 18 ore, i diplomati, impiegati nella formazione professionale e corrispondenti ai nostri 20.000 – su un corpo docente di 700.000 - insegnanti tecnico-pratici, 21 ore), i francesi addirittura 4 ore in meno ( ma qui, anche se il dato tornerebbe a nostro vantaggio, occorre ammettere che l’ignaro articolista di Repubblica sbaglia, perché prende a riferimento l’orario degli agregès, 50.000, su 600.000, superprofessori superpagati ma con orario ridotto, sic!, e non dei 400.000 certifiès che fanno anch’essi 18 ore come i nostri). Dunque qui si dimostra che gli italiani lavorerebbero persino di più.
E comunque 24 ore di lezione nella secondaria ( media e superiore) non le fa nessuno!


Dove sta la allora differenza?
Stando sempre ai dati di Repubblica starebbe, nell’orario globale di lavoro che comprende le attività diverse dall’insegnamento fatte a scuola ( riunioni, attività varie, gite, incontri con i genitori, ecc.) e a casa ( correzioni, preparazioni lezioni ecc.) dati evidentemente, almeno per la parte svolta fuori da scuola, convenzionali
Questi dati darebbero secondo Repubblica la Danimarca a 37 ore complessive settimanali, la Spagna a 38, la Francia a 35, e l’Italia a 0
Ma qui Repubblica bara perché dimentica che anche in Italia queste cose si fanno e sono perfettamente registrate dal contratto nazionale di lavoro, che evidentemente l’articolista, improvvisatosi esperto di scuola, non conosce: gli insegnanti hanno 80 ore annuali di riunioni collegiali ( 40 di collegio docenti e 40 di consigli di classe e commissioni connesse) pari a circa 2 ore a settimana e un numero indefinito e non quotizzabile di ore obbligatorie di attività connesse all’insegnamento: ricevimento parenti ( normalmente 1 ora a settimana), correzione dei compiti, scrutini (normale 1 ora per classe a quadrimestre o trimestre se non ci sono problemi, se no si fa notte), esami, riunioni preliminari per gli esami, compilazione dei registri, dei giudizi e delle documentazioni relative agli esami e agli scrutini, redazione dei verbali di riunione e di scrutinio, preparazione delle lezioni e dei compiti in classe, vigilanza sugli alunni in entrata, in uscita e nell’intervallo (20-30 minuti al giorno per classe a seconda dei gradi di scuola) ecc. ecc. ecc. Insomma un carico medio sicuramente superiore alle 30 ore e probabilmente anche alle 35.

Il fatto che in tutta Europa gli orari di insegnamento frontale delle scuole secondarie si collochino, come in Italia, tra le 15 e le 20 ore effettive ( tempo geografico, non ufficiale, perchè in quasi tutti i paesi le ore di lezione sono di 50, 45 e anche 40 minuti) dovrebbe far scattare, soprattutto a chi opera al MIUR la domanda di come mai ciò avvenga. Questa domanda ha la precisa risposta nel fatto che l’orario di lezione è solo la punta dell’iceberg del complesso lavoro dell’insegnante, anche se è quella visibile a tutti e sulla cui estensione si esercita spesso l’ironia dei più.
Cercare di cavalcare questo errato pregiudizio con un atto di “giustizia sommaria” - tali si presentano simili sfasati paragoni e relativi orari punitivi - è un atto di populismo non diverso da quelli a cui ci aveva abituati il precedente governo o da quelli che si addebitano oggi a personaggi comici improvvisatisi leader politici.


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