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La ragazza ai blindati: «Non bloccateci siamo il futuro»

Prove di muro contro muro,a poche centinaia di metri da viale Trastevere

08/10/2011
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l'Unità

Mariagrazia Gerina

Una studentessa del liceo Tasso, quindici anni e canottiera rosa, sfida i blindati per provare a spiegare il suo punto di vista a un carabiniere che di là dello sbarramento è schierato con gli altri in assetto antisommossa: «Questa crisi la state pagando voi come noi, non bloccateci, lasciateci passare, siamo il vostro futuro». Dietro di lei, un mare di ragazzini con le mani alzate. «Niente caschi, volti scoperti», scandisce Valerio, al megafono. «Difendiamo il nostro diritto a manifestare contro la scuola pubblica che viene distrutta dalla Gelmini». Comincia così, quest’anno, l’autunno degli studenti italiani. Cortei delle scuole superiori in tutte le città. Quello romano, però, ha un valore simbolico: punta dritto al ministero dell’Istruzione. Partito dalla stazione Piramide, doveva tirare dritto, verso viale Trastevere, secondo il percorso prestabilito. E invece, studenti autorganizzati in testa, e dietro un corteo dove le sigle più moderate e quelle meno si mescolano, ha deviato verso il Lungotevere. Senza impedimenti, all’inizio. Solo qualche centinaio di metri più in là, quando la strada da larga diventa stretta come un imbuto, gli studenti si sono ritrovati davanti una doppia fila di blindati. Prove di muro contro muro, subito. Dopo la prima ora di manifestazione dell’anno. «Fateci passare, sono poche centinaia di metri», dicono gli studenti. Niente da fare.Gli ordini sono chiari: non passa nessuno. Neppure con le mani alzate come i pacifisti. Per fortuna la rabbia, quando le mani si abbassano e i ragazzini più “duri” si coprono il volto con la sciarpa, non va oltre al lancio di tre sacchetti di vernice annacquata, che non raggiungono neppure i blindati. «Noi non vogliamo la violenza, rivendichiamo la nostra libertà di manifestare», spiega Valerio, quello che ha avuto l’idea delle mani alzate. «Il 14 dicembre? C’ero ma era un’altra storia». E però ora: «Non ci avete fatto passare in quel punto non ci fermerete più», scandisce mentre il corteo, dopo la marcia indietro, lasciandosi alle spalle il ministero, devia di nuovo. Stavolta senza meta. «Se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città», intonano i primi, dietro gli scudi colorati. COME CAMILA Quello giallo ha una scritta in spagnolo. «Esperamos che esta sea solamente la primera vez...». Parole di Camila, l’eroina del movimento studentesco cileno. È a quello che guardano i piccoli “indignati” nostrani. Quelli milanesi se la sono presa con l’agenzia di Moody’s, i romani depositano un fumogeno in una sede Unicredit (ce l’hanno con le banche, anche gli striscioni). Poi, in risposta a quel muro issato sul Lungotevere, corrono a bloccare i binari nella stazione di Ostiense. Un blocco simbolico, pochi minuti. Il tempo di dire: «Abbiamo vinto». Poi, proprio quando, il “servizio d’ordine” riesce a tirar via anche i più ostinati e tutti pensano a quel punto solo ad andare via, altri momenti di tensione. La polizia non lascia uscire nessuno dall’androne della stazione: «Avete bloccato i binari e adesso dovete pazientare». Anche stavolta, nessuno perde la testa. E tutto finisce bene. «Però è assurdo », spiega il ragazzone che si è fatto avanti a mediare con la polizia, Mariano Di Palma, dell’Uds: «Invece di dare una risposta politica al dissenso vogliono ridurre tutto a un problema di ordine pubblico». Dario, della Federazione degli studenti, dice però: «Anche la cifra delle nostre manifestazioni non dovrebbero essere le prove di forza ma a quello che diciamo nel corteo». Dietro di lui, ragazzini che scandiscono slogan contro la crisi e che raccontano di scuole pollaio. «A scuola nostra c’è un terrazzino dove non ci fanno andare in troppi sennò crolla, quando scendiamo le scale ci dicono di fare piano sennò vengono giù pure quelle e i computer li dobbiamo accendere due o tre per volta, altrimenti salta la corrente», racconta Agnese, del liceo Righi, uno dei più centrali di Roma. Al corteo dei “medi”, fa capolino anche l’ex leader dell’Onda Luca Cafagna. È venuto a vedere «se e come anche quest’anno si riesce a costruire una grande mobilitazione». La prova per l’università è la prossima settimana: «Assemblee in tutti gli atenei ». E sabato 15 il corteo degli indignados. Lì il muro contro muro rischia di finire in tutt’altro modo. Cafagna glissa: «Nulla è scritto». ❖ 


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