La protesta dei rettori contro i tagli al merito «Segnale disastroso»
Zanonato: faremo rientrare quei fondi
ROMA — Quello che nelle prime ore sembrava un mormorio di disappunto, si sta trasformando in un coro di polemiche: il taglio dei fondi attesi dalle università virtuose nel decreto scuola, approvato giovedì sera alla Camera, ha scatenato la rabbia dei rettori di tutta Italia, e non solo, che minacciano un’inaugurazione dell’anno accademico burrascosa. «Non può esistere un rilancio in un Paese che taglia 41 milioni destinati agli atenei migliori — attacca il rettore della Statale di Milano Gianluca Vago —. È un segnale disastroso, proprio per i giovani migliori, in un momento in cui diversi Paesi in Europa e nel mondo stanno offrendo loro condizioni molto più vantaggiose delle nostre». E anche da Bologna arrivano segnali di insofferenza e l’annuncio di forme di protesta per attirare l’attenzione del governo.
Che a dire il vero si sta già muovendo: il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha assicurato che cercherà di recuperare quei fondi, sbloccando l’impasse tecnica che impedisce di stornarli dalla voce «investimenti» a quella per le spese correnti degli atenei, mentre il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha ribadito: «Adesso ci muoveremo perché questi finanziamenti alle università rientrino». Spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi: «Cerchiamo di rimetterli nella legge di Stabilità, sono fondamentali sia per i bilanci delle università sia perché rappresentano l’elemento di valutazione e merito, cosa di cui c’è un gran bisogno».
Ma resta il fatto che le risorse promesse e poi sparite hanno il sapore amaro dell’ennesima occasione mancata. «Hanno ragione i rettori a protestare: il taglio dei 41 milioni che erano stati promessi agli atenei virtuosi è scandaloso», sottolinea il presidente del Veneto Luca Zaia parlando da «presidente di una Regione che vede le università di Padova, Verona e Venezia, stabilmente nella top five Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della Ricerca, ndr ) delle eccellenze nazionali».
Incalzano pure i sindacati: «Si può comprendere la rigorosa attenzione al contenimento dei costi, ma è indice di grave miopia non capire che la spesa per dare più efficacia al sistema di istruzione è un investimento necessario al Paese», dice il segretario scuola Cisl Francesco Scrima. E Domenico Pantaleo, della Cgil, puntualizza: «Il punto vero è che non ci sono risorse per un sistema al collasso: molte università del Sud e qualcuna del Nord rischiano il default». Mentre Marcello Pacifico, dell’Anief, ricorda: «Così non ci agganceremo mai alla competitività degli altri Paesi europei». Protesta anche l’Unione studenti universitari: «Quarantuno milioni di euro potrebbero essere sfruttati per un piano di investimenti reale per le residenze universitarie», sottolinea il presidente Gianluca Scuccimarra.
Il compito di mediazione del ministro Maria Chiara Carrozza, stretta tra obiettivi da raggiungere e conti da far quadrare, non è certo facile: «Ma se fossi nei suoi panni— prova a consigliarle l’ex ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, Pd — partirei da quattro mosse per riconoscere il merito: formazione continua dei docenti; riconoscimento del merito degli studenti di scuola superiore; un sistema di valutazione serio per i migliori cervelli; un piano che premi le migliori scuole». Ma ormai il decreto scuola è in dirittura d’arrivo e non c’è più tempo per apportarvi modifiche: il provvedimento approderà in Senato martedì 5 novembre e dovrà uscirne con il via libera definitivo entro l’11, pena la decadenza.
Valentina Santarpia