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La ministra prova a dividerli, neanche CISL e SNALS cedono

Giannini parla di aperture ma continua a non convocarli

19/05/2015
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il manifesto

Massimo Franchi

Il tentativo era stato smascherato per tempo. Ora è diventato esplicito. Il ministro Stefania Giannini lo dice chiaro e tondo: «La protesta dei sindacati è politica. Io mi auguro che questa riforma sia un'occasione per quella parte di sindacato non arroccato su posizioni di mantenimento del potere di riflettere sul proprio molo. Che non può essere sempre quello del frenare. Una parte si sta aprendo al dialogo, per esempio la Cisl», sottolinea speranzosa di dividere il fronte sindacale. Ma la risposta della Cisl Scuola è una porta in faccia in piena regola, una murata decisa alle sirene governative. «Invece di perdere tempo a misurare la maggiore o minore apertura dei sindacati (per quanto ci riguarda, inesistente), la ministra Giannini provveda immediatamente a convocare il tavolo di confronto che tutti i sindacati hanno chiesto e messo in agenda nell'incontro di Palazzo Chigi di martedì scorso scrive in una nota il segretario generale Cisl Scuola Francesco Scrima . Assuma almeno su questo un molo da protagonista, convocandoci quanto prima al Miur. Non si può tergiversare ancora». E ancora: Faccia presto, perché abbiamo molte cose da dire e molte proposte da fare: il testo che si sta votando continua a lasciare irrisolti molti dei nodi che la Cisl Scuola chiede da tempo di vedere sciolti. E non ci confonda con una generica "pubblica opinione" che farebbe fatica a capire contenuti e senso della riforma. Con noi questo problema non esiste e non è mai esistito, nemmeno quando la ministra si diceva basita per decisioni assunte a sua insa«Abbiamo preso l'impegno a rimanere uniti e lo faremo» «Senza modifiche sostanziali la protesta andrà avanti Senza escludere alcunchè» puta». E infine: «L'errore più grave che ministri e governo stanno commettendo è quello di progettare e far approvare la loro riforma senza la scuola e contro la scuola. Non hanno più molto tempo per rimediare, lo usino al meglio». Se tutti danno per scontato che domani la Camera approverà la riforma «senza sostanziali miglioramenti», l'impegno preso dai sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda e Snals è quello di attendere la convocazione del ministro per discutere di ulteriori emendamenti nel passaggio al Senato. Ma i Orni passano e la chiamata non arriva. Rendendo sempre più probabile una nuova protesta, senza escludere di accodarsi nuovamente ai Cobas che hanno già indetto due giorni di sciopero per bloccare gli scrutini e una manifestazione nazionale per domenica 7 giugno. L'altro cosiddetto anello debole della catena dei 5 sindacati è lo Snals. Ma anche da qui arriva «forte preoccupazione per come il governo non sta confermando il dialogo annunciato» e «non si esclude nessuna forma di protesta». «Noi continuiamo a lavorare insieme spiega il segretario generale vicario Achille Massenti e sono sicuro che continueremo a farlo perché questo ci chiedono gli insegnanti con cui abbiamo preso un impegno. L'altro impegno preso, che stiamo rispettando, è quello col governo. Diversamente da chi, come i Cobas, è venuto là solo per rompere, a palazzo Chigi ci è stato detto che al Senato ci sarebbero state altre modifiche e che ne avremmo discusso con il ministro Giannini. È chiaro però che ad oggi siamo molto preoccupati e molto pessimisti che si riesca a cambiare il disegno di legge come da noi richiesto». Il "No" di Renzi al decreto-stralcio sulle assunzioni non viene visto come decisivo. «Con una procedura ordinaria le assunzioni non sono possibili per l'inizio dell'anno scolastico. Ma la legge potrebbe prevedere un immissione in molo velocizzata e dunque è ancora potenzialmente possibile». Lo Snals comunque non ci sta a fissare un minimo di modifiche per ritirare la protesta. «L'asticella la deve alzare il governo, dico solo per adesso sulle modifiche siamo bassissimi», spiega Massenti. Pur con «logiche diverse» dunque l'approdo finale di Cgil, Cisl, Uil e autonomi potrebbe essere lo stesso dei Cobas: »Se il governo non ci ascolterà, andremo fino in fondo», promette Massenti.


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