“La mia vita di preside funambola nella scuola con ventisei sedi Qui ogni giorno è un rompicapo”
Mariella Chiappetta dirige un istituto calabrese sparso in dieci comuni. Un record . “Lo stress è alto, a volte mi sveglio la notte e mi chiedo: questo l’ho fatto?”
«IN un istituto come il mio è un’impresa perfino far quadrare gli orari dello scuolabus, o quelli degli insegnanti. Ma io credo nella scuola e non mi scoraggio».
Mariella Chiappetta, preside dell’istituto comprensivo Mangone-Grimaldi, sulla collina cosentina a una cinquantina di chilometri dal massiccio della Sila, è una donna tosta: 55 anni, tre figli e due lauree le consentono di gestire la scuola più complessa d’Italia.
Con qualche momento di sconforto.
Com’è fatta la sua scuola?
«Abbiamo 1.080 alunni in 26 plessi scolastici (9 di materna, altrettanti di elementare e 8 di media) in dieci Comuni collinari: realtà differenti, problemi diversi. È la Regione che si occupa del dimensionamento, e l’anno scorso ha accorpato due istituti, uno a Mangone e l’altro a Grimaldi, a 16 chilometri di distanza».
Sapeva di guidare la scuola più complessa d’Italia?
«Sinceramente, no. Ma nelle cose bisogna crederci, e io credo molto nella scuola come punto di aggregazione del territorio, per la sua funzione educante e come istituzione con una missione sociale importantissima ».
Com’è la sua giornata tipo?
«Ogni mattina, compreso il sabato, arrivo a scuola attorno alle 9. Con oltre 200 tra docenti, amministrativi, tecnici, ausiliari e lavoratori socialmente utili c’è sempre qualcuno dietro la porta da ricevere e ascoltare. È un susseguirsi di problemi, dal guasto alla lite tra insegnanti. Poi l’infiltrazione d’acqua, la mamma che si lamenta perché il figlio viene preso in giro dai compagni o perché il pulmino ritarda.
La mia giornata è rocambolesca perché non ho orari, ricevo a tutte le ore. E se devo spostarmi, le cose si complicano: Altilia è a 25 chilometri da Mangone. Perciò di pomeriggio mi trova quasi sempre a scuola fino alle 19, a cercare di lavorare».
In che senso?
«Il lavoro del preside si è complicato enormemente. Siamo asfissiati da scadenze e burocrazia, dobbiamo produrre decine di documenti. Poi ogni settimana ci sono almeno due riunioni, con i docenti, le famiglie o i genitori. E anche quando torno a casa spesso continuo a lavorare. I miei figli sono grandi, ormai, ma ne hanno risentito comunque. Anche se hanno imparato ad autogestirsi ».
Prima cosa faceva?
«Ero docente di scuola dell’infanzia e nel 2007 ho vinto il concorso da dirigente».
Si è mai chiesta: chi me l’ha
fatto fare?
«Non nascondo che in alcuni momenti lo stress è alto. Mi sveglio di notte e mi chiedo: questo l’ho fatto? Se però si pensa che anche una scuola così vasta ha i suoi aspetti positivi, si trova la motivazione per andare avanti».
E quali sono gli aspetti positivi?
«Quando due anni fa ho preso in mano l’istituto, stando ai test Invalsi, nelle dieci realtà di riferimento della scuola le competenze degli alunni erano diversificate. Stiamo lavorando per uniformarle il più possibile cercando di coinvolgere i docenti e le famiglie, che spero credano nel nostro lavoro. Un lavoro che è possibile fare solo con un preside a capo di tutti i plessi. E i risultati iniziano a vedersi. La speranza è che la Regione non cambi ancora le carte in tavola».
Come si fa a gestire questo arcipelago?
«Sono laureata in Economia, oltre che in Filosofia, credo molto nell’organizzazione e nella programmazione del lavoro. Le attività si portano avanti grazie al mio staff, con due collaboratori e 26 fiduciari. È difficilissimo organizzare perfino l’orario dei docenti, molti dei quali insegnano in più plessi o addirittura in altre scuole. Anche fare l’orario degli scuolabus con dieci sindaci è un rompicapo».
A proposito: il rapporto con i sindaci com’è?
«Sono molto collaborativi e conoscono i problemi della scuola. Ci incontriamo periodicamente, li convoco e loro rispondono volentieri».
Quanto guadagna un preside funambolo?
«Con tre figli a carico, 2.500 euro al mese».
Ha le risorse per pagare il suo staff?
«Nella scuola si va avanti col volontariato. I finanziamenti statali sono anche commisurati al numero dei plessi, ma è poca cosa. Anche quando mi sposto tra le varie sedi, lo faccio a mie spese. I finanziamenti ce li troviamo attraverso i progetti, soprattutto europei».