La fase due dei bambini, genitori in crisi: non esiste
Hanno ascoltato il discorso di Conte, hanno letto e riletto i resoconti della conferenza stampa. Eppure nulla, nessun accenno ai bimbi.
Nedo Lombardi
Hanno ascoltato il discorso di Conte, hanno letto e riletto i resoconti della conferenza stampa. Eppure nulla, nessun accenno ai bimbi. «E non basta certo dire che la scuola riaprirà a settembre», spiega un papà bolognese che giovedì protesterà di fronte al portone di casa esponendo un cartello con la scritta «Qui vivono dei bambini». Un modo per «autodenunciare» l’esistenza dei figli visto che «il governo sembra non volersene accorgere».
«Non c’è né un piano né una prospettiva, i più piccoli sono stati fatti sparire dal discorso pubblico», dice Chiara Gius, ricercatrice precaria, sociologa e mamma di una bimba di 5 anni e di uno di 3.
Anche lei, come tanti altri e altre, risponderà alla chiamata della bolognese «Cinnica», la libera consulta per una città amica dell’infanzia. Un cartello davanti ad ogni porta di casa, una foto diffusa su internet e la voglia di farsi sentire e di contare. Cosa sta succedendo? «Mia figlia non è più serena mentre i bimbi di alcuni amici hanno sviluppato forme di ansia legate al lockdown», spiega.
Di fronte a tutto questo cosa è stato messo in campo nella «fase due»? Per ora il nulla, dicono arrabbiati i genitori.
«I problemi dei nostri bambini non possono essere rimossi solo perché la loro presenza mal si coniuga con il discorso pubblico costruito attorno a questa emergenza. I nostri bambini non scompariranno solo perché le scuole resteranno chiuse», si legge sulla pagina facebook del consulta bolognese. Desertificazione dei servizi educativi da qui a settembre, fabbriche e uffici che riaprono, i nonni che se ci sono devono badare alla loro salute perché il virus non è certo sparito, l’estate in arrivo, le ferie già usate per affrontare le prime settimane di reclusione, il bonus babysitter che si esaurisce in fretta. E dei bimbi chi se ne occupa? Dov’è per loro la «fase due»? Ecco servita, a coppie e genitori single, l’impossibile quadratura del cerchio.
«Non ci sono solo i bimbi che chiedono di vedere gli amichetti – racconta Simone Pierini, papà bolognese – C’è anche ansia, paura, urla e pianti quando si tratta di uscire di casa. Alcuni tra i più grandicelli hanno sviluppato forme di ludopatia». Matilde Pescali è una freelance con tre figli. La bimba di 4 anni «dopo un mese chiusa in casa è regredita e ora parla come faceva a due anni e mezzo».
I due più grandicelli, in seconda elementare e in quinta, fanno quel che possono. «Il piccolo è impegnato in un’ora di video lezione a settimana e per il resto con gli insegnanti comunica via mail.
Quello in quinta invece di ore davanti al pc ne ha quasi tre al giorno». Bene, non avesse un disturbo specifico dell’apprendimento che gli impedisce di concentrarsi di fronte allo schermo. «Siamo in cinque in 80 metri quadri – conclude Matilde – Il mio compagno e io non riusciremo di certo ad andare avanti così e prima o poi uno dei due dovrà dire stop al lavoro. Abbiamo resistito e rispettato le regole in attesa della fase due. Ora il governo che dice? Per noi nemmeno una parola».