La denuncia degli studenti: dal 2008 tasse cresciute del 24% e metà atenei «fuori legge»
Metà degli atenei fuori legge per le (troppe) tasse fatte pagare dalle università che dal 2008 in poi hanno scaricato due terzi (il 63%) dei tagli subiti ai propri fondi direttamente sulle tasche degli studenti
MArzio Bartoloni
Metà degli atenei fuori legge per le (troppe) tasse fatte pagare dalle università che dal 2008 in poi hanno scaricato due terzi (il 63%) dei tagli subiti ai propri fondi direttamente sulle tasche degli studenti. Che denunciano in un’ampia indagine curata dall’Udu, l’Unione degli universitari, che sarà pubblicata oggi non solo il prezzo salato pagato in questi anni - +24% l’aumento delle tasse dal 2008 che ormai rappresentano quasi un quarto dei fondi pubblici - ma anche l’effetto pesante sulle iscrizioni calate da allora del 17 per cento: «È come se fossero scomparsi cinque atenei grandi come la Statale di Milano»
Calano i fondi e lievitano le tasse
L’indagine ricorda come il Fondo di finanziamento ordinario ricevuto dalle università pubbliche statali nel 2008 ammontava 7 miliardi e 386 milioni di euro scesi nel 2015 a 7 miliardi e 16 milioni di euro. In sette anni sono dunque «spariti» 369 milioni di euro dalfinanziamento statale e negli stessi anni la contribuzione studentesca nelle università è passata da 1 miliardo e 355 milioni a 1 miliardo e 591 milioni. In pratica in sette anni il gettito complessivo della contribuzione studentesca nelle università pubbliche statali è aumentato di 236 milioni di euro (+24%). Le università hanno quindi fatto pesare due terzi (il 63%) dei tagli all’università direttamente sulle spalle degli studenti. «La contribuzione studentesca in Italia, infatti, in piena controtendenza con il Ffo, ha seguito un andamento crescente - spiega il report dell’Udu - , con un solo picco “anomalo”». E cioè tra il 2009 e il 2010 quando arrivò la prima «stangata» agli studenti, con un aumento, in un solo anno di oltre 127 milioni di euro, in pratica il 9% in più rispetto all'anno precedente. «Gli atenei si preparavano al taglio dei finanziamenti stabiliti da Tremonti e avevano iniziato a programmare dei sistemi di contribuzione studentesca che snaturavano completamente la natura di questo finanziamento», spiegano gli studenti. Che aggiungono: «È la chiara dimostrazione di come la contribuzione abbia perso completamente il suo ruolo di contributo al finanziamento e sia diventata una vera e propria tassazione, come dimostra il fatto che ogni università abbia dei sistemi estremamente articolati, talvolta di difficile comprensione e, in gran parte d'Italia, ben lontani dall'essere equi». E la conseguenza è ben visibile sulle iscrizioni: all’aumentare della contribuzione sono diminuiti, via via, gli iscritti. In 8 anni si sono persi 296.349 iscritti: «È come se fossero scomparsi cinque atenei grandi come la Statale di Milano», avverte nella sua indagine l’Udu.
Il Sud più colpito
In particolare al Nord la contribuzione studentesca è aumentata di oltre 163 milioni di euro in linea con l’aumento nazionale (+24%) con un calo del 4% degli iscritti. «Rispetto al resto d'Italia il calo può sembrare “limitato”. In realtà - avverte l’Udu - sono scomparsi più di 25mila studenti: è come se un ateneo delle dimensioni dell'Università di Pavia fosse scomparso». Negli atenei del Centro le tasse sono cresciute del 17% e gli iscritti calati del 22%. «Non è da sottovalutare, rispetto a questa dinamica, anche il pesante calo degli iscritti: quasi 100mila studenti in meno in 8 anni». Infine i dati «disastrosi» al Sud: «Nell'area del Paese bersagliata maggiormente dal sottofinanziamento non sorprende - spiega l’Udu - che gli atenei abbiano messo in campo il maggiore aumento della contribuzione studentesca in Italia»: Nel 2008 le tasse ammontavano a 321 milioni di euro e nel 2016 sono salite a 428 milioni di euro aumentando del 33%. La conseguenza di questa caccia alle tasse dello studente è stata devastante sulle iscrizioni già più basse del Sud: : «1 studente su 4 - avvertono gli studenti è scomparso». Un calo di 171mila studenti che si è fatto sentire anche nei pochi grandi atenei dell'area: la Federico II di Napoli ha perso quasi 12mila studenti, l'Università di Catania oltre 18mila, Palermo addirittura più di 22mila. «Il sottofinanziamento scientificamente indirizzato al Sud, in particolare dovuto al riparto della quota premiale e degli indicatori standardizzati, ha prodotto - è la denuncia degli studenti - un risultato visibile agli occhi di tutti: i pochissimi studenti rimasti pagano tasse alle stelle».
Un ateneo su due è «fuori legge».
Sono ben 33 su 59 gli atenei statali «fuori legge» nel 2015 (anno in cui sono stabilizzati i fondi) perché hanno sforato la «soglia» del 20% di contribuzione studentesca sull’assegnazione dei fondi pubblici (Ffo). Nel 2008 gli atenei che sforavano il limite del 20% erano 20: 1 su tre. Al Nord quasi 9 atenei su 10 violano il tetto del 20%. Al Centro la percentuale degli atenei si aggira attorno al 38%: 6 atenei su 16 sforano i limiti di legge. Un dato particolare è quello del Sud: nel 2008 appena 4 atenei su 22 sforavano il tetto (18%), mentre nel 2015 ben 9 su 22 (41%) hanno sforato il limite del 20 per cento. «La no-tax area introdotta con la Legge di Bilancio 2017 sicuramente avrà risvolti positivi dal 2018 in poi, per quanto riguarda la popolazione con un Isee inferiore ai 13.000 euro. Tuttavia, - concludono gli studenti - quella soglia è molto bassa e i ritardi con cui il Ministero ha assegnato i fondi collegati all'istituzione della no-tax area stessa hanno fatto sì che gli atenei non intervenissero pesantemente per abbattere le terze tasse più alte d'Europa».