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La decadenza della scuola

dalla rubrica "Invece Concita" - di Concita De Gregorio

28/07/2019
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la Repubblica

La decadenza della scuola

Angelica De Santis, 62 anni, insegnante di scuola primaria, Roma, aspira a far parlare e ragionare i bambini, insegnando loro che la libertà di azione e di pensiero è basilare, ma che devono imparare a rispettare l'altro.

“Leggo il tam-tam sui risultati delle prove Invalsi. Secondo me, questo era un risultato prevedibile. Perché? Perché per la prima volta le prove si sono svolte online e quindi non ci dovrebbero essere stati aiuti, così come si è sempre fatto. Aiutando si è sempre nascosto il vero problema: dalla riforma Gelmini a oggi c’è stato un continuo e sistematico smantellamento della scuola statale. È inutile che oggi gridiamo che i nostri ragazzi non comprendono o non sanno la matematica questo era normale se in ogni riforma ci è stato tolto il tempo d’insegnare. Grazie alla Gelmini che ha tolto il tempo pieno sostituendolo con 27+10+3 ci sono orari spezzatino ed è veramente vergognoso che in alcune classi entrino 8/9 insegnanti. Non si possono chiamare supplenti per i primi 10 giorni, quindi se non bastano le coperture gli alunni vanno divisi nelle classi e quindi si creano giornalmente pluriclassi; sono state abolite le compresenze quindi non si fanno più gruppi di recupero. Oggi facciamo progetti, Pon e quant’altro e non insegniamo perché non c’è tempo. I genitori sono padroni indiscussi della scuola.  Ormai non è più il Collegio docenti a proporre, ma il Consiglio d’Istituto propone e approva. Noi siamo dei meri esecutori. I Dirigenti scolastici pensano a vendere nel migliore dei modi il loro istituto buttando fumo negli occhi dei genitori che vogliono che i loro figli facciano di tutto e di più, l’importante è che sappiano l’inglese il resto non conta. Ma come si fa a gridare alla vergogna? Chiunque scrive o commenta guardi lo sfacelo che c’è dietro e dopo parli. È ora di rimboccarsi le maniche e costruire una scuola che sia degna di questo nome”.

Stefania Gasparri, un'insegnante catanese di materie letterarie presso gli istituti tecnici, ha 57 anni e insegna da 25.

“I primi anni di insegnamento la solita trafila in provincia, poi sono approdata ad Aci Reale, e qui l'incontro con un Dirigente illuminato, oggi diremmo un uomo  ‘vecchio stampo’, per sette anni il nostro istituto è andato avanti grazie al suo entusiasmo  che coinvolgeva docenti e alunni. Un uomo per il quale la competenza se non si inserisce in un'educazione dell'uomo è guscio vuoto,  le gite si erano trasformate in percorsi culturali a completamento di specifici progetti,  si era fatto promotore di raccolte fondi (sempre con il coinvolgimento dei ragazzi) per sovvenzionare un progetto in India dell'Aifo (Associazione Raoul Follerau), alla fine del quale  una delegazione di professori e ragazzi meritevoli è andata in India per vedere dove sarebbero finiti i nostri contributi, dibattiti sulla pena di morte,  sulla infibulazione, sulle pari opportunità. Tutto questo,  le assicuro, non ha mai tolto tempo alla didattica,  anzi la rafforzava, creando le basi degli uomini del futuro, ed io giovane insegnante, mi sono formata in quegli anni. Gli scrutini erano la logica conseguenza del nostro lavoro, nel rispetto dei ruoli, il Dirigente era uomo che pretendeva il massimo dai suoi docenti ed era,  giustamente, inflessibile verso chi lavorava male.

Le ho fatto questa premessa perché, credo che l'esperienza di questa scuola da un lato le faccia capire il mio stato d'animo di fronte ad un mondo nel quale da un lato io non parlo più la stessa lingua, dall'altro la decadenza reale della mia ex scuola rispecchia, la decadenza in generale della scuola.
Dopo che è andato in pensione il Dirigente ‘illuminato’  ne è venuto un altro che nel giro di sei anni è riuscito a far crollare le iscrizioni,  tanto che oggi la scuola non esiste più, ma lui è stato ‘premiato’ perché dirige un'altra scuola.
Io, a  causa delle contrazioni, sono stata costretta ad andare via e così arriviamo al presente, ho insegnato due anni in un istituto tecnico del circondario e qui l'esperienza come le ho già raccontato è stata devastante.
Qui c'è solo la logica dei numeri, i promossi sono numeri positivi, i bocciati  negativi, dunque tutti promossi, e poi i genitori con il fiato sul collo, e poi la maleducazione degli alunni che diventa ‘normale’, poi gli alunni che di fronte ad un'insufficienza si sentono vittime e chiedono aiuto alla Dirigente, che è sempre pronta a supportarli.
Io in questo anno scolastico ho avuto una classe di quinto anno, per me nuova,  è stato un compito veramente arduo,  perché ho ereditato una situazione a dir poco drammatica di ragazzi che leggevano e non capivano ed erano assolutamente incapaci di argomentare una tesi elementare, ma la colpa di chi è? I ragazzi sono lo specchio degli adulti, perché dovrebbero studiare in una scuola che erge a sistema il ‘non studio’, i risultati delle prove Invalsi sono consequenziali, non possono stupirci.

Sono riuscita ad ottenere il trasferimento e il prossimo anno scolastico approderò in una nuova scuola, mi dicono che ormai ‘le scuole sono tutte uguali’, io dentro di me continuo ad avere l'entusiasmo che mi ha trasmesso il Dirigente ‘illuminato’ e vado avanti per la mia strada e le assicuro che quando sono chiusa nella mia classe riesco ancora ad entusiasmarmi leggendo ‘L’infinito’,  o a indignarmi di fronte agli orrori della storia e del presente, così come provo una sacra indignazione verso le gratuite e squallide interferenze di dirigenti che hanno perso di vista il senso profondo dell' educazione. Sperando in tempi migliori”.

Roberta Gruzza, 54 anni, insegna da oltre 25, pensa che la parola d’ordine di ogni insegnante dovrebbe essere, citando il film di Z. Yimou ,“Non uno di meno”

“Invalsi: unico criterio per valutare l’apprendimento? Avete mai visto il testo della prova di comprensione e relative domande proposte ai bambini della classe seconda di scuola primaria? I bambini hanno 45 minuti per leggere un testo piuttosto lungo con tante domande e quattro possibilità di scelta(una è verosimile). Può un bambino di questa età conoscere se “narrare e raccontare “sono sinonimi o contrari?”Fino ad otto anni Piaget parla di “ periodo delle operazioni concrete”.Possono riuscire, considerando che hanno appreso da poco la lettura e che sono molto concentrati nella decodifica più che nella comprensione? I commissari Invalsi hanno competenze psicologiche e pedagogiche? Hanno mai visto, parlato con i bambini di oggi o sono mai entrati in una classe? Conoscono la realtà delle classi composte da 24/27 bambini eterogenei per provenienza, competenze, con sempre più difficoltà e con insegnanti,  la cui compresenza è utilizzata più a sostituire colleghi assenti che a creare momenti di lavoro a gruppi? Se penso alla mia classe e ai punti di partenza non mi riconosco nei risultati nazionali. La valutazione non dovrebbe essere sommativa ma formativa (valuta il percorso fatto tenendo conto proprio dei punti di partenza). Alla luce di questo può un test uguale per tutti essere significativo? Vogliono valutare le eccellenze, confermando (cfr Murgia) la struttura piramidale della società (pochi in alto e molti in basso)? Il lavoro della scuola è dare opportunità a tutti e per questo serve tempo. Occorre alzare il livello medio, non coltivare le eccellenze. Non è soltanto una questione di retribuzione ma anche di investimenti (strutture, possibilità formative, numero di alunni per classe). Quando  lo Stato avrà attuato tutto questo potremo più serenamente parlare di test”.


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