La cultura laica in passato ha frenato, spero che si cambi
È una proposta importante sia dal punto culturale che da quello civile.
Michele Ciliberto
È IMPORTANTE IL PROPOSITO ESPRESSO OGGI DAL MINISTRO FRANCESCO PROFUMO DI INTRODURRE NELLA SCUOLA MEDIA L’INSEGNAMENTO DELLE RELIGIONI. È una proposta importante sia dal punto culturale che da quello civile. Non è la prima volta, in verità, che viene avanzato un progetto di questo genere, ma purtroppo è sempre caduto nel vuoto, senza riuscire ad ottenere una pratica realizzazione. Alla base di questo fallimento ci sono stati contrasti, opposizioni, diffidenze di vario genere. C’è una diffidenza di matrice ecclesiale. Ma va detto che ostilità sono scaturite anche da vecchie forme di anticlericalismo di matrice vetero - risorgimentale che impedivano di cogliere l’importanza della conoscenza storica delle religioni, e il valore che esse hanno avuto, sia pure da punti di vista differenti e configgendo tra di loro, nella formazione dell’uomo moderno e, in generale, della modernità. Basta pensare all’importanza che l’ebraismo ha avuto nella cultura rinascimentale - per fare un solo nome: Giovanni Pico della Mirandola con la sua Biblioteca ebraica - e al significato dell’islamismo già nel Medioevo nella costruzione complessa e stratificata dell’identità europea, che non può essere ridotta alla sola matrice cristiana. Essa è il risultato, in varie forme e con differente rilievo, delle tre «religioni del Libro». E lo stesso atteggiamento negativo e dannosissimo che ha impedito lungamente lo studio della teologia nelle università italiane, non rendendosi conto che senza conoscere le discussioni, e i conflitti, di ordine teologico è impossibile comprendere filosofi di prima grandezza come Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel... Un atteggiamento di cui non è il caso di sottolineare la miopia e la cecità, anzitutto sul piano scientifico, ma anche su quello civile perché impedisce di mettere a fuoco la molteplicità di vie e di forme attraverso cui si è formata, e continua a formarsi, l’esperienza umana, in cui confluiscono, anche polemicamente, correnti e tradizioni religiose di cui occorre mettere in luce, e valorizzare, sia la specificità che l’originalità. Questo per quanto riguarda il passato. Ma oggi la conoscenza ,e lo studio, delle religioni appare perfino più importante e necessario per le trasformazioni della composizione demografica sia italiana che europea. Oggi sia nel nostro continente che in Italia si sta faticosamente, ma progressivamente, affermando una società multietnica e multireligiosa, che costituisce l’orizzonte attuale della nostra storia, ponendo una serie di problemi nuovi e inediti con cui è indispensabile confrontarsi. Questo processo richiede la maturazione di nuovi punti di vista - e di nuove forme di cittadinanza - che impongono di andare al di là della pur fondamentale idea moderna di «tolleranza» e richiedono la costituzione di nuovi modelli e di nuovi istituti di reciproco riconoscimento e convivenza, che non possono, evidentemente, prescindere da una forte e diffusa conoscenza delle reciproche fedi ed esperienze religiose. In questo senso il problema posto dal ministro Profumo è centrale e riguarda direttamente la figura e l’identità del nuovo Stato nazionale e della nuova identità europea che intendiamo costruire. Occorre naturalmente vedere se ci siano le condizioni per attuare finalmente questo progetto uscendo da vecchie e superate forme di laicismo e da vecchie contrapposizioni tra credenti e non credenti. E se non ci sono queste condizioni occorre quanto prima crearle, anzitutto sul piano giuridico e istituzionale. E i primi a muoversi in questo senso dovrebbero essere proprio i «laici», se hanno a cuore la formazione di una nuova, e più ricca e più avanzata Italia civile, per riprendere un’espressione cara a un maestro come Norberto Bobbio. Ma il discorso va al di là della pur importante dimensione civile: l’esperienza religiosa, quando è autentica e profonda, è un patrimonio essenziale per tutti: conoscerla e salvaguardarla è fondamentale per laici e non laici, per credenti e non credenti - qualunque sia la «fede» che professano.