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La Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sui test di ammissione universitaria

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso di un gruppo di studenti di Bologna per quanto riguarda la disparità di trattamento nei test di ammissione universitari. Il numero chiuso ora è al vaglio della Corte Costituzionale che si dovrà pronunciare in merito.

27/06/2012
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La Tecnica della Scuola

Luigi Mariano Guzzo

I  test di ammissione universitari sarebbero lesivi di ben tre articoli della Costituzione: il 3, il 34 ed il 97. Rispettivamente: principio di eguaglianza dinnanzi alla legge, diritto all’istruzione e alla meritocrazia, principio di imparzialità e buon andamento della pubblicazione amministrazione. A pronunciarsi in merito è il Consiglio di Stato che passa la palla in mano alla Corte Costituzionale. Ma andiamo con ordine. Nel 2007 un gruppo di studenti che non riesce ad entrare alla Facoltà di Medicina e di Chirurgia dell’Università di Bologna presenta ricorso. Il motivo della querelle è presto detto. Al momento della correzione dei quiz dal conteggio delle risposte esatte viene eliminata la domanda numero 71, perché non ha neanche una risposta corretta. Stessa sorte per la domanda 79, che invece ha più di una risposta corretta possibile. La valutazione dei candidati è quindi effettuata tenendo conto di 78 domande e non di 80, come previsto inizialmente.

Gli studenti di Bologna presentano ricorso al Tar dell’Emilia Romagna che, però, lo respinge. Ma i ragazzi non si perdono d’animo e investono del problema il Consiglio di Stato. Lo scorso 18 giugno la sentenza. Tutti motivi degli studenti sono respinti. Ad eccezione di uno, cioè la disparità di trattamento degli studenti di diversi atenei dal momento in cui sulla base di test nazionali vengono stilate graduatorie locali. Nell’ordinanza si legge: “Mentre a Bologna sono stati necessari 47 punti per il collocamento utile in graduatoria, a Sassari ne sarebbero stati sufficienti 37 e a Napoli 40,75”.
I giudici presentano quindi un’eccezione di incostituzionalità dinnanzi alla Consulta che ora è chiamata a pronunciarsi sul caso. E non sarà una decisione di poco conto, pensando che la legislazione vigente prevede il numero programmato obbligatorio per Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e per le Professioni sanitarie (infermieri, ostetriche, fisioterapisti, per citane alcune). In caso di accoglimento dell’eccezione di incostituzionalità si apriranno due scenari: o l’eliminazione dei test di ammissione universitari o la compilazione di una graduatoria nazionale invece che per singolo ateneo come avviene oggi.
Ma il tutto è ancora da vedere. Intanto esulta l’Unione degli Universitari che ha presentato il ricorso al Consiglio di Stato. Mentre il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Francesco Profumo dichiara: “Per le scienze della vita e l'architettura - ricorda il ministro - c'è una legge europea. Poi ci sono casi in cui il numero chiuso è previsto se non ci sono strutture sufficienti nell'ateneo. Non sono preoccupato”.
C’è anche da dire che gli studenti di Bologna per avere giustizia hanno dovuto aspettare ben cinque anni. Un tempo importante in una fase delicata della vita come quella universitaria in cui si costruisce il proprio avvenire. E ciò un paese civile non può permetterselo. Ma ora la decisione è in mano alla Corte Costituzionale. E dalla sua decisione dipenderà il futuro di migliaia di studenti italiani.

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