La classe media cinese? Studia in inglese. Tutto, salvo la matematica
Un giorno nella scuola internazionale di Pechino dove i genitori iscrivono i propri figli in per poi mandarli a fare l’università all’estero
Guido Santevecchi
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO - Nel giardino davanti alla palazzina sono sparsi tavolini con ombrelloni. Nell’atrio, circondato da una grande vetrata, sulle poltroncine siedono ragazzi con il computer sulle ginocchia; in un salottino, dietro un’altra vetrata a giorno, su una credenza in puro stile cinese spicca una bella macchina per fare il caffè all’italiana. Siamo nella sede della BIBS, la Beanstalk International Bilingual School di Pechino, quartiere di Shunyi. Non è una «semplice» scuola internazionale riservata alla comunità dei figli degli «expat», come si chiamano gli stranieri occidentali venuti in Cina per lavorare. La Beanstalk è aperta anche (soprattutto) ai figli della nuova classe media cinese.
Dagli ideogrammi all’alfabeto
La nuova classe media cinese
«Nella sede di Pechino-Shunyi abbiamo 250 bambini e ragazzi, il 73 per cento sono cinesi», spiega Enrique Eddy, manager delle pubbliche relazioni dell’istituto. Si comincia dall’asilo e poi si può proseguire per 12 anni, fino al diploma di liceo. Tra gli stranieri americani, canadesi, messicani, australiani, italiani, altri europei, africani e asiatici. Beanstalk ha altre sette sedi, con quasi 2 mila iscritti. In ogni classe si fa in modo che ci siano almeno sei stranieri, per assicurare il carattere internazionale. «In aula si parla inglese, ma al campo giochi si sente solo cinese», dice Enrique.
Mezzo milione di cinesi iscritti in un’università straniera
«La maggior parte dei genitori cinesi che manda i figli da noi lo fa perché pensa che dopo i ragazzi potranno andare all’università all’estero», dice Craig Boyce, direttore dei corsi. Gli ultimi dati rilevano che ci sono 460 mila studenti cinesi che frequentano college e università all’estero, ma per superare le selezioni debbono arrivare con una preparazione internazionale ricevuta già alle scuole medie. Mr Boyce spiega che ai genitori cinesi più aperti al mondo comincia a pesare «la pressione del sistema scolastico della Repubblica popolare, ma non vogliono che i loro ragazzi perdano le radici culturali della Cina». Il segreto di questa scuola quindi è che «cerchiamo di fondere il sistema di apprendimento cinese, basato su un nozionismo efficace, con la curiosità occidentale». Un esempio di questa strategia è la matematica, che a Beanstalk è insegnata in mandarino, con curriculum uguale a quello delle scuole cinesi e con gli stessi libri di testo. Il resto del curriculum segue criteri occidentali, perché l’obiettivo è quello di formare ragazzi (cinesi o stranieri) che poi potranno iscriversi a università all’estero.
Il governo di Pechino e l’ortodossia politica
Recentemente il governo di Pechino ha lanciato una nuova campagna di ortodossia politica, contro i «valori occidentali». Il ministro dell’Educazione nazionale, Yuan Guiren, ha ordinato di «chiudere la porta delle aule ai libri di testo che spargono idee occidentali sbagliate». Questo crea problemi alla Beanstalk? Il direttore Boyce risponde: «Questa domanda mi piace, posso dire che abbiamo evitato ogni problema perché qui da noi insegniamo principi etici che vengono dalla cultura tradizionale cinese, risalgono ai tempi di Confucio. Basta guardare le nostre aule: in ognuna c’è un murale con un grande filosofo cinese è un principio del suo pensiero: Armonia, Compassione, Giustizia, Gentilezza...». «Vogliamo essere una scuola internazionale con caratteristiche cinesi», conclude il direttore.
Architettura «armoniosa»
Anche l’architettura della Beanstalk è stata realizzata per essere «armoniosa», per fondere le due culture. Le aule e i laboratori di scienze sono modernissimi, naturalmente (com’è giusto aspettarsi in un istituto dove i genitori pagano 168 mila yuan all’anno di retta, più altri 15 mila di servizi come lo scuolabus e i pasti, 2500 per le divise: in euro circa 30 mila in tutto). Ma il cortile di fronte al campo sportivo segue un’architettura tradizionale cinese. E sulla ringhiera dello scalone che porta a una palestra sul tetto è allungato un grande dragone rosso, di cartapesta. Si è fatta l’ora di pranzo, i bambini e i ragazzi fanno la fila davanti ai carrelli della mensa. Con i vassoi vanno a sedersi all’aperto, ai tavolini sotto gli ombrelloni. Ed è vero, si sente ridere e scherzare in mandarino