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La buona università: a settembre Renzi lancia la riforma degli atenei. Meno burocrazia e un "jobs act universitario" per stabilizzare i precari

Una sorta di traslazione del jobs act, che tenga conto della particolare autonomia degli atenei, ma che trasformi la miriade di forme contrattuali a tempo di assistenti, ricercatori e collaboratori in un'unico contratto sul modello delle tutele crescenti, per sbloccare in entrata l'ingresso ai giovani

05/04/2015
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L'Huffington Post

Dopo la buona scuola, la buona università. Lentamente, ma con decisione, stanno iniziando le grandi manovre per mettere mano alla riforma degli atenei. Lo svela all'Huffpost una fonte di altissimo livello del ministero dell'Istruzione: "Sì, qualcosa sta iniziando a muoversi. Non c'è fretta però, il lavoro vero inizierà da settembre, prima di allora sarà fatto un lavoro di preparazione e consultazione di esperti e delle parti coinvolte".

Primi mattoncini di una casa il cui progetto finale è ancora da disegnare. Il timing è in qualche modo obbligato. Da qui all'autunno gli uffici di viale Trastevere saranno impegnati a mandare a regime una riforma, quella della scuola secondaria, perfettamente definita sulla carta ma la cui applicazione sarà assai laboriosa. Solo dopo si potrà iniziare a lavorare a pieno regime sullo step successivo. E sarà direttamente Palazzo Chigi ad assumersi l'onere della proposta iniziale.

Così, nei mesi che precedono l'estate, è il Partito democratico ad portare avanti l'impegno di costruire un'architettura di base. Si è partiti lo scorso 26 febbraio. YOUniversity.lab è stato un evento passato in sordina, ma ha rappresentato a tutti gli effetti l'avvio del percorso. Una giornata di ascolto del mondo dell'istruzione superiore che ha visto confrontarsi il ministro Stefania Giannini, le renzianissime Rosa Maria Di Giorgi, Manuela Ghizzoni e Francesca Puglisi con rettori e personalità degli atenei di tutta Italia.

D'altronde la presenza di Matteo Renzi all'inaugurazione degli anni accademici di Torino e Bologna testimoniano l'interesse del premier verso quel mondo. Sarebbe bastato prestare più attenzione alle parole del presidente del Consiglio nel capoluogo emiliano per capire che qualcosa bolliva in pentola. "Noi, università italiana - ha detto in quell'occasione di fronte al rettore Ivano Dionigi - abbiamo qualità straordinarie che non riusciamo a mostrare per colpa di un sistema burocratico e normativo che non riesce a valorizzare le eccellenza. Senza entrare nei singoli provvedimenti, sarà 2015 costituente per le università italiane. Si deve avere il coraggio di puntare sulla ricerca. In questo dibattito il governo non fa la parte di chi ha una idea e la impone, ma al contrario vuole essere capace di ascoltare". "Dopo la scuola toccherà all’Università - fu ancora più chiaro a Torino - solo così possiamo tornare ad essere il Paese in cui tutto è ancora possibile".

Un anno costituente, dunque, che parta dall'ascolto - stile consultazioni del mondo della scuola - e si incardini sui binari di una sburocratizzazione di un mondo complesso. Dopo Pasqua il Pd farà girare un documento in preparazione in queste ore. Una sorta di summa del convegno del 26 febbraio, con la specifica dei principali problemi e l'abbozzo delle prime idee per risolverli. Una quarantina di giorni per confrontarsi, poi, a fine maggio, una seconda giornata di lavoro per formulare la proposta iniziale.

"Uno degli obiettivi è sicuramente quello di restituire piena autonomia agli atenei, scioglierli da quei lacci e da quei vincoli che troppo spesso ne bloccano l'iniziativa" spiega la senatrice Puglisi, responsabile scuola, università e ricerca della segreteria del Pd, sottolineando come il modello "buona scuola", che ha notevolmente ampliato competenze e responsabilità dei dirigenti scolastici, è la traccia da seguire. I rettori godono tuttavia di un'autonomia piuttosto elevata. Per questo si agirà piuttosto sulla libertà di esercizio di tale discrezionalità piuttosto che sull'aumento dei poteri.

Ma la vera novità, quella destinata a far discutere, è un'altra. Ed è quella della riforma dei contratti universitari. Una sorta di traslazione del jobs act, che tenga conto della particolare autonomia degli atenei, ma che trasformi la miriade di forme contrattuali a tempo di assistenti, ricercatori e collaboratori in un'unico contratto sul modello delle tutele crescenti, per sbloccare in entrata l'ingresso ai giovani, oggi impegnati in uno slalom che può durare anche un decennio tra collaborazioni e borse di studio prima di arrivare alla sospirata regolarizzazione. "Uno sblocca università - riassume Puglisi - che da un lato elimini le norme e i vincoli inutili e dall'altro dia certezza lavorativa a chi è impegnato nei nostri atenei".

Nessun timore per un inasprirsi dell'autunno, di per sé già caldo. "Partiremo con una lunga fase di ascolto, e l'impianto finale terrà conto di quanto emerso, e costruirà una serie di norme che serviranno una volta per tutte a dare impulso agli atenei italiani", assicurano gli uomini del premier. Per la controprova basta solo attendere qualche mese


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