La «buona scuola» del governo non è aperta a tutti
Una istruzione pubblica debole e non autosufficiente inabissa la speranza democratica ed eleva gli squilibri sociali. Appello dei docenti universitari sul ddl scuola. Il provvedimento non va nella direzione di "una scuola effettivamente democratica"
Anche il mondo accademico interviene sul ddl scuola: docenti costituzionalisti, pedagogisti, storici dell’arte e del diritto del lavoro rivolgono un appello per la scuola, il cui fondamento costituzionale rischia di crollare con l'approvazione del ddl di iniziativa governativa. Nel testo dell'appello i docenti invitano il Parlamento ad un approccio meditato sulla scuola, nella direzione indicata dai principi costituzionali, ignorati e traditi per più aspetti nel testo in discussione.
“Accogliamo e facciamo nostro questo appello – sottolinea la Flc Cgil nel rilanciare il testo - perché in linea con le nostre convinzioni. Esso si schiera a difesa dell'istruzione pubblica denunciando il testo come lontano dalla possibilità di creare una scuola democratica e aperta a tutti, lontano dal superare il precariato e dagli investimenti che si rendono necessari per realizzare una vera e compiuta autonomia scolastica puntando, come punta il Governo, sulla centralità della figura del dirigente scolastico e non sulla collegialità e il protagonismo docente”.
Tra i primi firmatari del testo: Vittorio Angiolini, Antonio D’Andrea, Mario Ricciardi, Franco Frabboni, Marco Catarci, Massimiliano Fiorucci, Tomaso Montanari, Donatello Santarone, Claudio Tognonato, Nadia Urbinati.
I docenti sollecitano “un approccio meditato nella direzione indicata dai principi costituzionali, ignorati e traditi per più aspetti nella normativa in discussione in Parlamento. In effetti, la riforma progettata dal Governo non si propone una scuola aperta a tutti, istituita dallo Stato in tutto il territorio nazionale per tutti gli ordini e gradi, in cui si assicuri con il massimo di estensione ed una gratuità effettiva l’obbligo di istruirsi coessenziale all’essere cittadini consapevoli; una scuola che sia mezzo per superare gli ostacoli frapposti all’uguaglianza e alla libertà, per far convivere le diversità, per rompere la calcificazione della provenienza economica e sociale dei singoli, premiando impegno e capacità effettivamente accertate. In altre parole: una scuola effettivamente democratica”.
I promotori dell'appello segnalano “tre aspetti fondamentali che dovrebbero ispirare qualsiasi tentativo di ripristino della 'buona scuola': restituire prestigio sociale e morale alla professione docente; rilanciare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in funzione della promozione della libertà di insegnamento, come espressione di una più ampia libertà dell’arte e della scienza, e della libertà di apprendere degli studenti; rafforzare le relazioni tra la scuola e l’ambiente sociale, economico e culturale in cui opera”.
Quanto alla realizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si legge nell'appello “essa è da intendersi come una desiderabile declinazione della autodeterminazione delle singole scuole in relazione al contesto sociale nel quale sono inserite. E’ da riporre mano alla gestione collegiale della scuola, per garantire in modo efficace l’effettiva e libera partecipazione di ogni sua componente, nel rispetto delle rispettive competenze e dei ruoli di ciascuna di esse (insegnanti, studenti, dirigenti e Ata). E’ sbagliato e paradossale considerare realizzata l’autonomia scolastica puntando, come punta il Governo, sulla centralità della figura del dirigente scolastico”.
Per i professori universitari, inoltre, “sbagliato e riduttivo è il riassumere il rapporto tra istituzione scolastica e società in un’alternanza tra scuola e lavoro la quale si risolva, come consente il progetto governativo, nel tramutare temporaneamente gli studenti in lavoratori generici e senza diritti, per la messa a disposizione delle imprese di manodopera a costo basso o nullo”.
“L’invito è a prendersi cura della scuola, ritornando a perseguire l’idea di una sua autentica autonomia e libertà, alla quale ripugna ogni eccesso di burocratizzazione e di gerarchizzazione”.