L’italiano insegnato come seconda lingua agli alunni stranieri
Entro febbraio la riforma della scuola. Alle superiori si potranno scegliere le materie dell’ultimo triennio
Venti capitoli. Più insegnanti e sempre più specializzati. Maestri di italiano per gli studenti stranieri. Massiccia presenza dei privati nella scuola. Materie scelte dagli studenti negli ultimi tre anni di superiori. Più ore in azienda durante l’orario scolastico. Si delinea sempre di più la riforma della «Buona scuola», quella su cui il premier Matteo Renzi ha messo la faccia dal primo giorno del suo mandato, quella che lo stesso Renzi all’inizio del 2015 ha promesso di far conoscere al mondo, «iniziate a segnarvi questa data: 22 febbraio, Roma», il cui decreto sarà una delle prime cose che il nuovo presidente della Repubblica dovrà affrontare.
Tanto per cominciare la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini fa sapere che gli studenti stranieri nelle classi potranno avere il loro insegnante di italiano, materia che per loro equivarrà alla lingua straniera, Italiano L2. Il problema riguarda almeno 700 mila alunni, il 10% del totale. Bisogna, dice la ministra, «attrezzare una generazione di maestri e professori per l’insegnamento linguistico agli alunni stranieri», perché oggi è tutto lasciato alla buona volontà di maestri e associazioni. Gli insegnanti di «L2» dovranno invece avere un percorso ad hoc, come tutti gli altri con una propria classe di concorso. «Una buona idea — dice Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda Insegnanti —, ma è importante concentrarsi sulle elementari, potenziare l’insegnamento lì dove c’è la prima linea». Ma, si chiede, «con quali soldi?».
Per gli studenti stranieri, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone sta anche pensando a soluzioni per evitare le cosiddette «classi ghetto» costituite solo da stranieri: «Il principio deve essere quello dell’eterogeneità: non parliamo di quote, ma se lasciamo dei posti liberi per ogni classe, si possono distribuire meglio gli iscritti provenienti da altri Paesi».
Nella Buona scuola del governo Renzi si delinea sempre di più anche il ruolo dei privati, accennato al punto 12 del documento sulla capacità di attrarre risorse di singoli cittadini o imprese. «La Buona scuola è ormai un brand , un marchio», sottolinea Faraone spiegando che sempre più aziende stanno stipulando protocolli d’intesa con il Miur per «adottare» le scuole offrendo loro servizi e prodotti. Il Miur ipotizza quindi degli «school bonus», una sorta di defiscalizzazione, per chi finanzia progetti o prende ragazzi in stage, e pensa ad un albo online di buone pratiche cui singoli e aziende possono far riferimento per destinare risorse. «La scuola è di tutti — dice Faraone — è parte integrante della società, perciò è fondamentale che tutti collaborino perché sia la migliore scuola possibile».
E anche il percorso dell’alternanza scuola-lavoro va in questa direzione: 600 ore nell’ultimo triennio che gli studenti dovranno trascorrere nelle aziende. «Bisogna lavorare sulle competenze specifiche — dice il sottosegretario al Miur Gabriele Toccafondi —: solo così si può combattere la disoccupazione giovanile».
Intanto, sempre nell’ultimo triennio, gli studenti potranno scegliere quali materie seguire, una specie di percorso personalizzato in vista dell’università, «ma non parlate di menu à la carte», dicono al Miur. Ci saranno alcune materie obbligatorie ed altre opzionali scelte dai ragazzi sempre nell’ambito del proprio indirizzo scolastico per approfondire argomenti di loro interesse. Rino Di Meglio (Gilda) sorride e ripete: «Continuano le chiacchiere, ma dove sono le risorse? Io dico: non fiori ma opere di bene».
Claudia Voltattorni