L’idea del governo: lezioni da casa anche per gli studenti di terza media
Il primo passo ufficiale dopo che per una settimana se ne è parlato sottovoce lo ha compiuto ieri sera Palazzo Chigi: la chiusura delle scuole potrebbe non riguardare più soltanto le scuole superiori ma anche le medie.
Gianna Fregonara
Il primo passo ufficiale dopo che per una settimana se ne è parlato sottovoce lo ha compiuto ieri sera Palazzo Chigi: la chiusura delle scuole potrebbe non riguardare più soltanto le scuole superiori ma anche le medie. La proposta alla quale sta lavorando il premier è quella di tenere a casa con la didattica a distanza anche gli studenti della terza media, non solo quelli delle superiori per i quali sarebbe in arrivo la sospensione totale delle lezioni. Si procede con il passo del gambero: in totale, se si lascia a casa anche quel 25 per cento di studenti delle superiori che per ora potevano andare in classe e tutte le terze medie, è un altro milione di studenti fuori da scuola. Per le famiglie — deve essere il ragionamento — non un gran trauma perché sono già adolescenti che possono stare a casa al computer da soli: il timore delle proteste dei genitori è per ora un deterrente a misure più drastiche. Per i quattordicenni, che a fine anno dovranno affrontare il primo esame della loro vita scolastica, qualche dispiacere in più ci sarà.
È per ora un’ipotesi in campo, che rompe però il tabù: nessun studente del primo ciclo fuori dalla classe. E che fa a pugni con il «terremo le scuole aperte finché sarà possibile» del vicesegretario del Pd Andrea Orlando, parole peraltro pronunciate mentre il suo «capo» Nicola Zingaretti stava preparando l’ordinanza per vietare del tutto le lezioni in presenza nelle scuole superiori e gli atenei del Lazio, di cui è governatore. Con la sua, sono 11 le regioni che hanno già alzato bandiera bianca per licei e istituti tecnici e professionali: almeno il 75 per cento diceva l’ultimo Dpcm di lunedì scorso. Ma far funzionare le scuole a motori quasi spenti è risultato un caos. La ministra Lucia Azzolina si sfoga su Facebook dopo una riunione di maggioranza — venerdì sera — in cui si è sentita isolata: «Chiudere le scuole rende il Paese più debole, aumenta le diseguaglianze ed è sinonimo di abbandono scolastico». «La scuola deve essere l’ultima a chiudere, le lezioni a casa per molti studenti vogliono dire non far nulla», protesta Gabriele Toccafondi di Iv. Ma intanto il sistema scolastico rischia il collasso, prima ancora del nuovo Dpcm. Non sono i numeri dei contagi a preoccupare, come ha spiegato venerdì il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, ma la gestione delle quarantene che si moltiplicano anche nelle elementari e medie con le Asl in difficoltà a gestire tamponi e diagnosi e le scuole a garantire una certa continuità delle lezioni.
Non è un caso che già la settimana scorsa, dopo che il governatore del Veneto Luca Zaia aveva avanzato per la prima volta la proposta di richiudere le scuole, ci sia stato chi ha insistito per chiudere tutto, anche per i più piccoli. Finora lo hanno fatto Campania e Puglia. La Calabria ha rinviato la decisione. Il governatore della Liguria Giovanni Toti conferma che questa mattina tra Regioni e governo si discuterà anche di eventuale chiusura delle scuole. Contro questa ipotesi sono rimaste la ministra Lucia Azzolina e Italia viva con le ministre Bellanova e Bonetti, insolitamente alleate dei sindacati della scuola con i quali hanno concordato che «le classi non si devono chiudere se non come misura estrema», dopo tutto il resto. Lo scontro con il Pd sul tema è invece frontale. Quando venerdì Azzolina ha presentato lo studio di Nature per difendere le aperture, Dario Franceschini le ha risposto che esiste il contesto e «la scuola non è su un altro pianeta» e che in una maggioranza non «è che ognuno difende solo il proprio settore». Ora la decisione è nelle mani di Conte che ha 24 ore per capire se la sua sintesi può funzionare